FRANCESCO AL CORPO DIPLOMATICO: C'E' MOLTO E CON MISURA

FRANCESCO AL CORPO DIPLOMATICO: C’E’ MOLTO E CON MISURA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 gennaio 2018

 

Questa mattina il tradizionale discorso al Corpo diplomatico nella Sala Regia. Molti i temi trattati, con accenti particolari e inequivoci su quelli più delicati per un cattolicesimo che voglia essere ancora tale.

  

Papa Francesco si è rivolto stamattina, nella Sala Regia dei Sacri Palazzi (impreziosita anche dall’affresco del Vasari sulla Battaglia di Lepanto),  ai rappresentanti diplomatici dei 183 Stati che intrattengono relazioni bilaterali con la Santa Sede. Un evento tradizionale, al centro del quale c’è il discorso papale. E’ un testo su cui – come logico – si china particolarmente la Segreteria di Stato: dunque è generalmente privo di quelle eccentricità politiche cui ci hanno ad esempio abituato certe risposte a braccio di Jorge Mario Bergoglio.

Quest’anno però è legittimo pensare che l’intervento della Segreteria di Stato abbia avuto un peso anche superiore alla tradizione degli ultimi anni. E, per quanto il testo dice (bisognerà poi vedere se alle parole seguiranno i fatti… il che non è certo garantito), la Segreteria di Stato sembra aver impresso una certa svolta nel senso della moderazione su temi controversi come quello dell’accoglienza verso i migranti o anche insistito sulla riaffermazione solenne di determinati valori legati alla vita e alla famiglia. La Segreteria di Stato ha il polso della situazione nel mondo e anche nella sua parte cattolica: perciò agisce anche secondo il criterio della Realpolitik. E’ noto d'altra parte che questo Papa spesso sembra oscillare e molto nelle sue valutazioni pubbliche su tali argomenti, dando l’impressione oltretutto che parole condivisibili siano relativizzate subito dopo o addirittura contraddette da fatti che dicono il contrario. Per stamattina accontentiamoci di un discorso complessivamente molto equilibrato e con gli accenti quasi sempre al punto giusto. Ne riproduciamo di seguito alcuni passi particolarmente significativi (talvolta con qualche nota). I neretti sono nostri.

 

Viaggi apostolici:  Nel rapporto con le Autorità civili, la Santa Sede non mira ad altro che a favorire il benessere spirituale e materiale della persona umana e la promozione del bene comune. I viaggi apostolici che ho compiuto nel corso dell’anno passato in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh sono stati espressione di tale sollecitudine. In Portogallo mi sono recato pellegrino, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, per celebrare la canonizzazione dei pastorelli Giacinta e Francisco Marto. Lì ho potuto constatare la fede piena di entusiasmo e di gioia che la Vergine Maria ha suscitato nei molti pellegrini convenuti per l’occasione. Anche in Egitto, Myanmar e Bangladesh ho potuto incontrare le comunità cristiane locali che, sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi Paesi. Non sono mancati gli incontri con i rappresentanti di altre religioni, a testimonianza di come le peculiarità di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensì la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la verità e praticare la giustizia. Infine, in Colombia ho voluto benedire gli sforzi e il coraggio di quell’amato popolo, segnato da un vivo desiderio di pace dopo oltre mezzo secolo di conflitto interno.

 

Gli errori del Primo Dopoguerra:  Dalle ceneri della Grande Guerra si possono ricavare due moniti, che purtroppo l’umanità non seppe comprendere immediatamente, giungendo nell’arco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor più devastante del precedente. Il primo monito è che vincere non significa mai umiliare l’avversario sconfitto. La pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non è la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensì la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze. Da ciò deriva il secondo monito: la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di parità.

 

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: A tale importante documento, a settant’anni dalla sua adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, avvenuta il 10 dicembre 1948, vorrei dedicare il nostro incontro odierno. Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralità  della dignità della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Lo stesso Signore Gesù, guarendo il lebbroso, ridonando la vista al cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita dell’adultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione. Da una prospettiva cristiana vi è dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale, poiché riguarda la «promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo […] fino a comprendere l’umanità intera».

 

Con il Sessantotto ‘nuovi diritti’ controversi:  Occorre tuttavia constatare che, nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del “Sessantotto”, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro. Ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni[8], poiché si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare. Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli. In pari tempo, è bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. (NdR: l’accenno ai guasti derivati del Sessantotto giunge proprio nell’anno della prevedibile grande abbuffata commemorativa per il cinquantesimo di quegli avvenimenti di cui scontiamo ancora oggi la negatività sociale).

 

Diritto alla vita, primo diritto violato: A settant’anni di distanza, duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitù. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertà e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli? (NdR: da notare il riferimento in primo luogo alla violazione ricorrente del diritto alla vita, anzitutto per i bambini ‘scartati ancor prima di nascere’ e per gli anziani, ‘scartati perché ritenuti un peso’ – è un accenno all’eutanasia).

 

Diritto alla salute: Difendere il diritto alla vita e all’integrità fisica, significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari. Oggi tale diritto ha assunto implicazioni che superano gli intendimenti originari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la quale mirava ad affermare il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari. In tale prospettiva, auspico che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari. È importante unire gli sforzi affinché si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane.

 

Armi nucleari e penisola coreana: Da parte sua la Santa Sede ha firmato e ratificato, anche a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, il Trattato sulla proibizioni delle armi nucleari, nella prospettiva formulata da San Giovanni XXIII nella Pacem in terris, secondo la quale «giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari». Infatti, anche «se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico». In tale prospettiva, è di primaria importanza che si possa sostenere ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana, al fine di trovare nuove strade per superare le attuali contrapposizioni, accrescere la fiducia reciproca e assicurare un futuro di pace al popolo coreano e al mondo intero.

 

Ripresa della vita sociale in Siria: Parimenti è importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perché si possa finalmente mettere fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze. Il comune auspicio è che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma più ancora che costruire edifici, è necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca, premessa imprescindibile per il fiorire di qualunque società. Occorre dunque adoperarsi per favorire le condizioni giuridiche, politiche e di sicurezza, per una ripresa della vita sociale, dove ciascun cittadino, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, possa partecipare allo sviluppo del Paese. In tal senso è vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria.

 

Rientro dei profughi, in primo luogo dal Libano: È altrettanto importante che possano far ritorno in patria i numerosi profughi che hanno trovato accoglienza e rifugio nelle Nazioni limitrofe, specialmente in Giordania, in Libano e in Turchia. L’impegno e lo sforzo compiuto da questi Paesi in tale difficile circostanza merita l’apprezzamento e il sostegno di tutta la Comunità internazionale, la quale nel contempo è chiamata ad adoperarsi a creare le condizioni per il rimpatrio dei rifugiati provenienti dalla Siria. È un impegno che essa deve concretamente assumersi a cominciare dal Libano, affinché quell’amato Paese continui ad essere un “messaggio” di rispetto e convivenza e un modello da imitare per tutta la Regione e per il mondo intero. La volontà di dialogo è necessaria anche nell’amato Iraq, perché le varie componenti etniche e religiose possano ritrovare la strada della riconciliazione e della pacifica convivenza e collaborazione, come pure nello Yemen e in altre parti della Regione, nonché in Afghanistan. (NdR: il Papa qui mostra di aver inteso le gravi preoccupazioni dei maroniti libanesi, in primo luogo del patriarca Béchara Raï, perché i siriani rifugiati nel Libano ritornino in patria il più presto possibile, onde evitare una pericolosa, ulteriore destabilizzazione del Paese dei Cedri).

 

Gerusalemme, Gerusalemme…: Un pensiero particolare rivolgo a Israeliani e Palestinesi, in seguito alle tensioni delle ultime settimane. La Santa Sede, nell’esprimere dolore per quanti hanno perso la vita nei recenti scontri, rinnova il suo pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinché si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, città sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settant’anni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella Regione di due Stati indipendenti entro confini internazionalmente riconosciuti. Pur tra le difficoltà, la volontà di dialogare e di riprendere i negoziati rimane la strada maestra per giungere finalmente ad una coesistenza pacifica dei due popoli.

 

Il ‘caro Venezuela’: Anche all’interno di contesti nazionali, l’apertura e la disponibilità all’incontro sono essenziali. Penso specialmente al caro Venezuela, che sta attraversando una crisi politica ed umanitaria sempre più drammatica e senza precedenti. La Santa Sede, mentre esorta a rispondere senza indugio alle necessità primarie della popolazione, auspica che si creino le condizioni affinché le elezioni previste per l’anno in corso siano in grado di avviare a soluzione i conflitti esistenti, e si possa guardare con ritrovata serenità al futuro. (NdR: qui il Papa cerca di mantenere un’equidistanza dalle parti politiche, non rompendo i ponti con il dittatore Maduro)

 

Ucraina, conflitto interno: Un impegno comune a ricostruire i ponti è urgente pure in Ucraina. L’anno appena conclusosi ha mietuto nuove vittime nel conflitto che affligge il Paese, continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini. (NdR: da notare come gli avvenimenti bellici in Ucraina siano definiti “conflitto che affligge il Paese”, dunque conflitto interno e non attacco esterno da parte della Russia)

 

Un pensiero speciale per la famiglia: Proprio alla famiglia vorrei dedicare un pensiero speciale. Il diritto a formare una famiglia, quale «nucleo naturale e fondamentale della società [che] ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato», è infatti riconosciuto dalla stessa Dichiarazione del 1948. Purtroppo è noto come, specialmente in Occidente, la famiglia sia ritenuta un istituto superato. Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale.  Ritengo pertanto urgente che si intraprendano reali politiche a sostegno delle famiglia, dalla quale peraltro dipende l’avvenire e lo sviluppo degli Stati. Senza di essa non si possono infatti costruire società in grado di affrontare le sfide del futuro. Il disinteresse per le famiglie porta poi con sé un’altra conseguenza drammatica – e particolarmente attuale in alcune Regioni – che è il calo della natalità. Si vive un vero inverno demografico! Esso è il segno di società che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre più timorose dell’avvenire, finendo per chiudersi in se stesse. (NdR: qui Francesco fa un richiamo forte alla famiglia, frutto dell’unione tra un uomo e una donna,  come nucleo naturale e fondamentale della società)

 

Migranti/1. Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza è essenzialmente storia di migrazioni. Né bisogna dimenticare che la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull’argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone.

 

Migranti/2: È quanto ho inteso ribadire con il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, celebratasi il 1° gennaio scorso, dedicato a “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Pur riconoscendo che non sempre tutti sono animati dalle migliori intenzioni, non si può dimenticare che la maggior parte dei migranti preferirebbe stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla «a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. […] Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, “nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento” (Pacem in terris, 57). Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare (cfr Lc 14, 28-30)» (Il Papa evidenzia qui con forza la necessità che i governanti siano ‘prudenti’ nell’accogliere)

 

Migranti/3: Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, ho suggerito quattro “pietre miliari” per l’azione: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Vorrei soffermarmi in particolare su quest’ultima, sulla quale si confrontano posizioni diverse alla luce di altrettante valutazioni, esperienze, preoccupazioni e convincimenti. L’integrazione è “un processo bidirezionale”, con diritti e doveri reciproci. Chi accoglie è infatti chiamato a promuovere lo sviluppo umano integrale, mentre a chi è accolto si chiede l’indispensabile conformazione alle norme del Paese che lo ospita, nonché il rispetto dei principi identitari dello stesso. Ogni processo di integrazione deve mantenere sempre la tutela e la promozione delle persone, specialmente di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità, al centro delle norme che riguardano i vari aspetti della vita politica e sociale. (NdR: da notare la sottolineatura dei doveri di chi è accolto)

 

Migranti/4: La Santa Sede non intende interferire nelle decisioni che spettano agli Stati, i quali, alla luce delle rispettive situazioni politiche, sociali ed economiche, nonché delle proprie capacità e possibilità di ricezione e di integrazione, hanno la prima responsabilità dell’accoglienza. Tuttavia, essa ritiene di dover svolgere un ruolo di “richiamo” dei principi di umanità e di fraternità, che fondano ogni società coesa ed armonica. (NdR: evidente l’affermazione della non-interferenza nelle decisioni di ogni singolo Stato sovrano a proposito di immigrazione. Ciò che spiazzerà turiferari di ogni risma, pronti sempre a scagliarsi contro quegli Stati che vengono segnati a dito dal ‘politicamente corretto’)

 

Libertà di cambiar religione: Tra i diritti umani che vorrei richiamare quest’oggi vi è anche il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che include la libertà di cambiare religione. Purtroppo è noto come il diritto alla libertà di religione sia sovente disatteso e non di rado la religione divenga o l’occasione per giustificare ideologicamente nuove forme di estremismo o un pretesto per l’emarginazione sociale, se non addirittura per forme di persecuzione dei credenti. La costruzione di società inclusive esige come sua condizione una comprensione integrale della persona umana, che può sentirsi davvero accolta quando è riconosciuta e accettata in tutte le dimensioni che costituiscono la sua identità, compresa quella religiosa. (NdR: libertà di cambiar religione? Un richiamo per l’Islam)

 

Diritto al lavoro e necessità del riposo: Infine, desidero richiamare l’importanza del diritto al lavoro. Non vi è pace né sviluppo se l’uomo è privato della possibilità di contribuire personalmente tramite la propria opera all’edificazione del bene comune. Rincresce constatare invece come il lavoro sia in molte parti del mondo un bene scarsamente disponibile. Poche sono talvolta le opportunità, specialmente per i giovani, di trovare lavoro. Spesso è facile perderlo non solo a causa delle conseguenze dell’alternarsi dei cicli economici, ma anche per il progressivo ricorso a tecnologie e macchinari sempre più perfetti e precisi in grado di sostituire l’uomo. E se da un lato si constata un’iniqua distribuzione delle opportunità di lavoro, dall’altro si rileva la tendenza a pretendere da chi lavora ritmi sempre più pressanti. Le esigenze del profitto, dettate della globalizzazione, hanno portato ad una progressiva riduzione dei tempi e dei giorni di riposo, con il risultato che si è persa una dimensione fondamentale della vita – quella del riposo – che serve a rigenerare la persona non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Dio stesso si è riposato il settimo giorno: lo benedisse e lo consacrò, «perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (Gen 2,3). Nell’alternarsi di fatica e riposo, l’uomo partecipa alla “santificazione del tempo” operata da Dio e nobilita il proprio lavoro, sottraendolo alle ripetitive dinamiche di una quotidianità arida che non conosce sosta.

 

I cambiamenti climatici: Tra i doveri particolarmente impellenti vi è oggi quello di prendersi cura della nostra Terra. Sappiamo che la natura può essere di per sé cruenta anche quando ciò non è responsabilità dell’uomo. L’abbiamo visto in quest'ultimo anno con i terremoti che hanno colpito diverse parti della terra, particolarmente negli ultimi mesi in Messico e in Iran mietendo numerose vittime, come pure con la forza degli uragani che hanno interessato diversi Paesi caraibici fino a giungere sulle coste statunitensi e che, più recentemente, hanno investito le Filippine. Tuttavia, non bisogna dimenticare che c’è anche una precipua responsabilità dell’uomo nell'interazione con la natura. I cambiamenti climatici, con l’innalzamento globale delle temperature e gli effetti devastanti che esse comportano, sono anche conseguenza dell’azione dell’uomo. Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilità di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra più bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni concordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi all’atmosfera e dannosi per la salute umana. (NdR: qui il Papa non riesce proprio a rinunciare a esprimere la propria – molto controversa – opinione in una materia per la quale non ha fatto studi specifici e che non è di pertinenza della Chiesa).

 

OTTAVO CONFRONTO ACCATTOLI-RUSCONI SU PAPA FRANCESCO PROMOSSO DAL CIRCOLO SVIZZERO DI ROMA MERCOLEDI’ 10 GENNAIO 2018 PRESSO l’HOTEL VICTORIA (VIA CAMPANIA 41) CON INIZIO ALLE 18.30

Dopo la settima puntata - vissuta intensamente dal pubblico presente mercoledì 13 dicembre presso la parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria ai Parioli – ecco che Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi si ritroveranno mercoledì 10 gennaio 2018 presso lo storico Hotel Victoria (in via Campania 41, vicino a Via Veneto) in un confronto promosso dal Circolo svizzero di Roma, associazione ultracentenaria fondata nel dicembre del 1886 e presieduta attualmente da Fabio Trebbi. L'ingresso è libero. Ecco come viene presentato il confronto su www.svizzeri.ch , sito del Circolo svizzero di Roma (che però raccoglie anche notizie dagli altri Circoli svizzeri in Italia):

Luigi Accattoli, storico vaticanista del “Corriere della Sera” e Giuseppe Rusconi, vaticanista ticinese curatore di www.rossoporpora.org e membro del Circolo Svizzero di Roma, incontreranno a Roma,

il 10 gennaio 2018 dalle ore 18.30

il Circolo Svizzero per i ‘Dialoghi al Victoria’.

Il tema del confronto della serata verterà come di consueto su papa Francesco.

Dal gennaio 2017 è iniziato il ciclo mensile di confronti “ACCATTOLI-RUSCONI” che vede i due giornalisti ormai all’ottava puntata, impegnati in dibattiti su papa Francesco, alle volte accesi, duri, ma sempre dentro limiti civili.

I due giornalisti – che a dicembre sono stati ospiti della parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria a Piazza Euclide ove, con il coinvolgimento di un pubblico molto partecipe, hanno discusso sia dell’esortazione apostolica ‘Amoris laetitia’ che di forme e contenuti del magistero di chi è “venuto dalla fine del mondo” – hanno dibattuto tra l’altro nei mesi scorsi sia alla Stampa estera di Roma che all’Università La Sapienza.

Al centro del confronto, che si propone di essere tanto vivace quanto civile, alcuni temi che nel mese precedente hanno caratterizzato il pontificato di papa Bergoglio.

Nella prima parte della serata i due vaticanisti esporranno dialetticamente le loro tesi. Ampio spazio verrà poi dato alle domande dei presenti.