UNGHERIA/REFERENDUM 2 OTTOBRE: OCCASIONE PER MIGLIORARE L'UE

 

UNGHERIA/REFERENDUM 2 OTTOBRE: OCCASIONE PER MIGLIORARE L’UE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 settembre 2016

 

Ampia intervista a Eduard Habsburg-Lothringen, ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede su ragioni e contenuti del referendum del 2 ottobre. Quali i motivi della campagna ostile scatenata contro l’Ungheria da molti media occidentali, anche cattolici? Il grande malinteso degli avvenimenti ungheresi dell’estate 2015. Gli sforzi dell’Ungheria per onorare la carità all’interno del Paese e nei confronti dei cristiani perseguitati mediorientali. La Santa Sede, papa Francesco e l’Ungheria.

 

Domenica 2 ottobre, festa dei santi Angeli Custodi, gli elettori ungheresi avranno la possibilità di mandare un importante segnale al resto dell’Europa, accettando oppure respingendo l’imposizione da parte dell’Unione europea del ricollocamento nazionale di quote di migranti. Chi voterà SI alla domanda posta dal referendum indetto dal governo conservatore di Viktor Orban si dichiarerà d’accordo con l’imposizione comunitaria; chi invece voterà NO manifesterà la sua contrarietà a tale imposizione. Il problema dei rapporti tra UE e Stati membri e il tema tanto complesso quanto delicato quanto dei migranti fanno sì che i risultati del referendum saranno seguiti con attenzione non solo dalle cancellerie, ma anche dai popoli che fanno parte dell’Europa, percorsi da inquietudini e paure derivanti dalle dimensioni assunte dalle migrazioni verso il Continente e spaventati dall’incapacità dei loro governanti di affrontare coerentemente e incisivamente il fenomeno. 

Da tempo ormai l’Ungheria è nel mirino di molti media dell’Europa occidentale (oltre che degli euroburocrati di Bruxelles) per la sua politica verso i migranti, di cui il referendum del 2 ottobre è considerato una logica conseguenza: è una politica definita spesso non solo ‘reazionaria’ e ‘ultranazionalista’, ma ‘xenofoba’ e sostanzialmente ‘anticristiana’  anche da importanti quotidiani e settimanali cattolici. Così come da siti internazionali di informazione cattolica che dell’Ungheria – richiamando alcune affermazioni forti di papa Francesco su ‘ponti e muri’ -  pubblicano ormai solo notizie negative, maltrattando non di rado il primo ministro Viktor Orban, considerato un’crociato’, un demagogo  anti-cristiano e anti-europeo, che desidera un’ UE  da buffet, “dalla quale prendere solo ciò che fa comodo e piace”. En passant può essere interessante notare che Orban è figlio di un comunista e di una calvinista, ha sposato una cattolica e ha cinque figli. 

Proprio per chiarire la realtà dei fatti e smantellare pregiudizi derivati un po’ da pigrizia intellettuale e un po’ da quell' arroganza tipica di chi si sente razza padrona, abbiamo ritenuto utile intervistare Eduard Habsburg-Lothringen (Asburgo-Lorena), da fine 2015 ambasciatore dì’Ungheria presso la Santa Sede (e presso l’Ordine di Malta). E’ naturale che il cognome richiami subito la gloriosa dinastia che ha governato buona parte d’Europa dal XIII al XIX secolo: Eduard è tra l’altro, per parte paterna, imparentato in linea diretta con il trisavolo Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e re d’Ungheria, sposo di Elisabetta di Baviera (Sissi). 

Il quarantanovenne diplomatico si è laureato nel 1999 presso l’Università cattolica di Eichstätt-Ingolstadt con una tesi su “la fine del neotomismo”: “Come un detective volevo indagare sulla fine del neo-tomismo, il sistema filosofico che, per ottant’anni, aveva dominato la formazione dei sacerdoti cattolici” – ha scritto Eduard ne “L’Osservatore Romano” del 12 dicembre 2015. Durante la preparazione di tale dissertazione ha incontrato tra gli altri il cardinale Schönborn (che gli raccontò di quanto succedeva nel 1968 nel centro domenicano presso Parigi) e il cardinale Ratzinger, che evocò la scomparsa del tomismo durante il Vaticano II e che suggerì al giovane Asburgo di continuare la ricerca scrivendo un giallo oppure facendo un documentario televisivo (“Ma quel documentario non si fece mai”).   

Prima di essere scelto come ambasciatore d’Ungheria, il nostro interlocutore- padre di 6 figli (5 femmine e un maschio)- è stato uomo di televisione (sceneggiatore, produttore di documentari e cartoni animati), scrittore e anche portavoce del vescovo di Sankt Pölten Klaus Kűng. 

Nell’intervista si trattano dapprima i temi del referendum del 2 ottobre, dell’ostilità anti-ungherese di molti media occidentali, della grande crisi dei migranti del 2015. Poi l’ambasciatore illustra come l’Ungheria onora la carità in patria (collaborando strettamente con le Chiese e con la Comunità ebraica) e all’estero, richiamando ad esempio la concretezza dell’interessamento per la sorte dei cristiani perseguitati in Medio Oriente. Un’ultima parte riguarda i rapporti con la Santa Sede (qui Eduard Habsburg-Lothringen annuncia iniziative a prima vista non scontate) e le dichiarazioni di papa Francesco in materia di politiche migratorie. 

 

Signor ambasciatore, su che cosa esattamente si voterà il 2 ottobre in Ungheria?

Sono molto contento di questa domanda, poiché mi sembra che si sta intensificando su una parte dei media una lettura del referendum come “xenofobo”. Non mi sembra per niente così. Il referendum pone secondo me una domanda che suscita un diffuso nervosismo europeo e riguarda essenzialmente la qualità dei rapporti, anche quelli comunicativi, tra Bruxelles e i Paesi membri dell’Unione europea (UE).

Sentiamo allora la domanda posta agli elettori ungheresi…

“Volete che l’UE prescriva il ricollocamento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’approvazione del Parlamento ungherese?”. Da notare che la domanda riguarda il futuro, non il passato e quindi non la decisione – presa a maggioranza – del Consiglio dei ministri dell’interno europei del 22 settembre 2015 di ricollocare un primo gruppo di migranti.

In sintesi la domanda può anche essere ‘tradotta’ in questo modo: “Volete che l’Unione europea obblighi un Paese membro a una solidarietà forzata contro la volontà dello stesso Paese?”

Sì e la mia preoccupazione concerne anche il futuro dell’UE: che cosa diventerà nei prossimi anni? Saranno certi Paesi a decidere al posto di altri? Secondo me la domanda del referendum del 2 ottobre riguarda nel profondo proprio questa possibile e temuta evoluzione comunitaria.

Quando è stato annunciato il referendum?

E’ stato annunciato dal primo ministro Viktor Orban il 24 febbraio 2016 e ne è stata fissata la data al 2 ottobre, su decisione comunicata il 5 luglio dal presidente della Repubblica Janos Ader.

 

I MOTIVI DEL REFERENDUM

Quali le ragioni addotte dal Governo?

Il Governo ha considerato la situazione nuova creatasi alle frontiere d’Europa con l’arrivo di un milione di migranti l’anno scorso e presumibilmente altrettanti quest’anno. Il Governo ungherese ha voluto chiedere al suo popolo la legittimazione per agire in una contingenza che, in tali dimensioni, è del tutto inedita per l’Europa contemporanea. In tanti Paesi d’Europa, non certo solo in Ungheria, strati consistenti dell’opinione pubblica si chiedono come confrontarsi con questa emergenza; ed è comprensibile che, dal non sapere come fare, nascano quelle inquietudini e quelle paure che constatiamo ogni giorno.

Il referendum, come già Lei diceva, continua a essere accusato di essere “anti-stranieri” e “anti-UE”…

No, non è un referendum contro profughi, migranti e stranieri. Nemmeno contro l’Unione europea. E’ in sostanza un referendum, lo ribadisco, sul modo con cui si trattano l’un l’altro i Paesi membri dell’UE e su come Bruxelles tratta i Paesi più piccoli.

Secondo tutte le indagini demoscopiche il NO alla domanda del referendum (“Volete che la UE prescriva….”) è in nettissimo vantaggio sul SI. Anche a settembre il SI è quotato sotto il 10%, il NO sopra il 70% con un quinto dei potenziali elettori ancora indeciso. Che conseguenze avrebbe la più che probabile vittoria del NO?

Una vittoria del NO conferirebbe allo Stato ungherese una più forte legittimazione politica nella sua azione all’interno dell’UE.  Sarebbe in ogni caso un segnale importante per tutta l’Europa. Posso presumere che in tanti altri Paesi si guardi con attenzione al referendum ungherese, poiché anche in quei Paesi l’opinione pubblica giudica insoddisfacente l’azione dei governi nazionali e dell’UE in materia. Quello che il governo Orban vuole sostanzialmente è un dialogo con l’UE e con gli altri Paesi membri, fondato su modalità rinnovate e più rispettose della volontà dei popoli.

 

LE RAGIONI DELL’ACCANIMENTO MEDIATICO ANTI-UNGHERESE

Come spiegare il vero e proprio accanimento anti-ungherese di molti media europei, che in questi giorni si va addirittura intensificando?

E’ sempre più facile demonizzare chi non la pensa come te per poterlo attaccare con maggior violenza. E l’Ungheria è un bersaglio particolarmente facile…

… forse anche perché nel Paese ci sono forze politiche minoritarie che colgono l’occasione del referendum per utilizzarlo in funzione anti-straniera?

Questo è vero, anche se forze del genere sono presenti anche in altri Paesi. Abbiamo tutti notato ad esempio i toni aggressivi estremi emersi nella campagna referendaria inglese pro e contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea…

Torniamo ai rapporti perturbati tra una larga parte dei media occidentali e il governo Orban…

Sono diverse le ragioni che spiegano l’ostilità mediatica. Dapprima si deve osservare che il governo Orban è un governo conservatore che è alla sua seconda legislatura, con una maggioranza parlamentare dei due terzi, eletto e sostenuto da larga parte degli elettori ungheresi.  E qui la cosa naturalmente disturba la cultura politica dominante nell’Europa cosiddetta occidentale, creando palese nervosismo. 

La seconda ragione?

In Ungheria si parla l’ungherese, che è una lingua poco conosciuta fuori dall’Ungheria (salvo che nelle regioni della minoranza ungherese). Se non so l’ungherese e voglio informarmi sull’Ungheria, posso farlo solo se mi riferisco a giornali e siti internet di lingua straniera che scrivono sull’Ungheria. Tanti di questi giornali e siti hanno visioni politiche ostili al conservatorismo del governo Orban. Perciò le informazioni da loro riportate risentono spesso dalla loro diversa opinione politica. E’ dunque difficile informarsi correttamente sulla politica ungherese.

Ci sono altre ragioni?

Ce n’è una terza: i politici ungheresi, non solo Viktor Orban, hanno in generale la tendenza a parlare con chiarezza, come pensano veramente, senza far filtrare quanto dicono dal ‘politicamente corretto’. Ciò a volte non aiuta a migliorare l’immagine dell’Ungheria all’estero.

 

L’AVVERSIONE ALLA NUOVA COSTITUZIONE DEL 2011

E’ lecito presumere che l’ostilità contro il governo ungherese si sia già sviluppata con forza nel 2011, quando fu promulgata la nuova Costituzione, così ‘politicamente scorretta’?

E’ evidente che una nuova Legge fondamentale che inizia con un’invocazione a Dio, riecheggiando le prime parole dell’inno nazionale (”Dio benedici gli ungheresi”) non può oggi che suscitare fastidio e avversione nell’Europa cosiddetta occidentale. Se ci aggiungiamo l’articolo in cui si dichiara che “L’Ungheria protegge l’istituto del matrimonio quale comunità di vita tra uomo e donna, stabilita con decisione volontaria, nonché la famiglia come base di sopravvivenza della Nazione” e anche l’articolo in cui si evidenzia che “la vita del feto va difesa sin dal concepimento”, ce n’é abbastanza per indignare e scandalizzare in eterno l’intellighenzia dei salotti d’Occidente.

In Occidente la presenza del religioso nel pubblico è sempre più controversa e i cristiani sono sempre più emarginati…

Nella nostra Legge fondamentale si legge invece che lo Stato e le Chiese collaborano per il bene della società. In Occidente si tolgono i crocifissi e del resto non pochi cattolici occidentali sono preoccupati di “non disturbare”. In Ungheria e in altri Paesi dell’Europa centrale, dell’Est, del Sud-est la religione è molto più presente: spesso i politici incominciano con una preghiera le loro conferenze-stampa. Non è un’ipocrisia: nel nostro governo ungherese sugli 11 ministri sei sono cattolici e cinque protestanti/calvinisti. In Ungheria troviamo circa il 60% di cattolici e il 30% di calvinisti e di luterani. A tutti i livelli di amministrazione pubblica troviamo cristiani, che vivono la fede, parlano di Dio, hanno stretti contatti con le Chiese. Ad esempio posso aggiungere che l’interesse per l’attività della Santa Sede in Ungheria è molto alto.

 

IL GRANDE MALINTESO DELL’ESTATE DEL 2015

Quando nell’estate del 2015 è esplosa la ‘grande crisi’ dei migranti in Occidente l’Ungheria cristiana è stata dipinta a tinte fosche… 

E’ stato un grande malinteso. Nei media occidentali dilagavano le immagini di soldati cattivi che non volevano che i migranti entrassero nel Paese. Immagini di grande impatto, molto negative. La realtà è che l’Ungheria stava facendo il suo dovere di frontiera esterna dell’area Schengen. Gli ungheresi sapevano che i diecimila migranti che giornalmente attraversavano la frontiera non si sarebbero fermati nel Paese, ma avrebbero voluto proseguire per la Germania. Nel contempo si rendevano conto che non era possibile utilizzare alla frontiera serba le procedure prescritte per l’accoglienza dei migranti (si entra solo se si ha passaporto o si chiede l’asilo). Non era possibile perché ‘naturalmente’ ogni giorno entravano masse di persone, impossibili da controllare. Il governo ungherese è stato allora costretto a mettere una recinzione, anche per creare un po’ di ordine per la presentazione della richiesta d’asilo a chi non aveva il passaporto. Da quando la recinzione è stata completata, i migranti sono calati sensibilmente. Gli altri continuavano il loro cammino attraverso Croazia, Slovenia, per arrivare senza controlli fino in Germania. 

Allora il malinteso… 

L’Ungheria è passata per razzista, xenofoba, contro i migranti a causa di quella recinzione, costruita non per impedire l’arrivo di rifugiati veri in Ungheria, ma per impedire che migliaia di migranti ogni giorno e senza controllo attraversassero il Paese per puntare direttamente sulla Germania attraverso l’Austria, minacciando così tutta la stabilità dell’Area Schengen.

L’Ungheria ha dunque ‘lavorato’ per il resto d’Europa…

Sì, costruendo la recinzione l’Ungheria ha lavorato anche per l’Europa, ma molti in Occidente non l’hanno capito.  

 

IL GOVERNO ORBAN E LA CARITA’

Verremo dopo alle reazioni della Santa Sede. Intanto però apriamo il capitolo della ‘carità’ ungherese. Nel Preambolo della nuova Costituzione si evidenzia che i valori fondamentali della coesione nazionale sono la fedeltà, la fede e la carità. Che cosa significa precisamente il termine ‘carità’ nel Preambolo?

‘Carità’ nella nostra Legge fondamentale indica l’amore (incluso l’amore per la patria) e la carità come la si intende in italiano. Penso che prima di tutto sia un richiamo a ogni ungherese perché viva la carità verso il prossimo. Poi allo Stato perché assista concretamente poveri ed emarginati. Nella Legge fondamentale ci sono diversi passi che riguardano la sicurezza sociale. E’ anche importante notare che il Governo ungherese collabora con gli organismi caritativi ecclesiali e li sovvenziona perché possano aiutare chi ha bisogno. Così è stato per chi ha aiutato i migranti alla frontiera o l’anno scorso alla stazione Keleti di Budapest, come per esempio l’Ordine di Malta.

 

L’UFFICIO PER I CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO

All’inizio di questo mese di settembre il governo Orban ha annunciato la creazione di un Ufficio per i cristiani perseguitati nel mondo – affidato a un sottosegretario – in seno al Ministero delle risorse umane.  Una bella iniziativa per migliorare l’immagine internazionale dell’Ungheria?

E’ vero che ogni bel gesto di questo genere contiene sempre un aspetto di  ‘pubbliche relazioni’. Però la sostanza è di grande spessore. Il nuovo ufficio, che incomincerà la sua attività a dicembre, non è nato dal nulla. E’ da anni che l’Ungheria, senza fare chiasso, aiuta direttamente i cristiani in Medio Oriente. Abbiamo contribuito, insieme con la Conferenza episcopale ungherese, a costruire scuole a Erbil e finanziamo l’istruzione di circa 400 scolari, così come accade per altre centinaia che sono costretti a vivere nei campi profughi. Finanziamo anche la costruzione di case per i profughi, non lontane da quelle abbandonate, perché che essi non siano spinti a intraprendere un lungo viaggio verso l’Europa. Abbiamo anche aiutato le famiglie dei 21 copti egiziani assassinati su una spiaggia libica: come richiesto, abbiamo fornito loro le mucche per il latte e altri beni concreti e utili per la vita quotidiana. Abbiamo concesso dei visti agevolati per cristiani in reale pericolo di vita. Abbiamo inoltre stanziato 5 milioni di euro per la costruzione di un ospedale in Siria, quando sarà possibile.

Lo spunto immediato per la creazione del nuovo Ufficio si può presumere sia stato l’incontro di fine agosto a Frascati di un gruppo di legislatori cattolici (istituito dal cardinale Schönborn nel 2005) con diversi patriarchi mediorientali tra i quali il libanese maronita Béchara Boutros Raï…

All’incontro di quest’anno hanno partecipato due non cattolici, due calvinisti ungheresi: il primo ministro Viktor Orban e il ministro delle risorse umane Zoltan Balog (che è anche un pastore). E, molto impressionati da quanto hanno potuto ascoltare, hanno deciso che l’Ungheria doveva dare un segno pubblico ben visibile per l’aiuto ai cristiani perseguitati. Ben visibile, così da incoraggiare altri a seguire la stessa, doverosa strada. E’ stato perciò istituito l’Ufficio ad hoc, per i cristiani perseguitati nel Medio Oriente e nel resto del mondo. Osserveremo anche con attenzione la persecuzione più nascosta in Europa. Si tratterà di intraprendere iniziative umanitarie, aiutare i rifugiati in loco, portarli in salvo da luoghi pericolosi, fare un bel lavoro di informazione… ma i dettagli usciranno nei prossimi mesi.

 

A 1700 ANNI DALLA NASCITA DI SAN MARTINO

A proposito di carità: quest’anno cadono i 1700 anni dalla nascita di san Martino…

Quest’anno l’Ungheria festeggia i 1700 anni dalla nascita di un santo particolare, san Martino di Tours, che però è figlio da un ufficiale romano stanziato in Pannonia, cioè in Ungheria, a Szombathely. San Martino ci insegna che bisogna essere disponibili verso il prossimo, quando bussa alla nostra porta. Non siamo noi a scegliere. Martino non sapeva di incontrare il povero, non era preparato, non aveva una bisaccia piena di cibo: gli ha dato però spontaneamente quello che poteva, metà del suo mantello. E questo è la sostanza del messaggio di papa Francesco.

Il Papa non ha pensato di venire in Ungheria per tale occasione? 

L’Ungheria ha invitato il Papa per l’Anno di San Martino. Francesco aveva gradito, era molto contento per l’invito e aveva risposto che avrebbe provato a venire. Purtroppo, avendo 79 anni, doveva fare anche delle scelte. Si comprende che non possa andare dappertutto dove vorrebbe. Va anche ricordato che il 9 maggio scorso presso l’Accademia di Ungheria a Roma è stato organizzato un interessante Convegno su san Martino di Tours come personaggio europeo, cui hanno preso parte anche il cardinale Paul Poupard, l’ambasciatore di Svizzera Pierre-Yves Fux e l’allora incaricato d’affari francese ad interim François-Xavier Tilliette.

 

I RAPPORTI CON LA COMUNITA’ EBRAICA UNGHERESE

Quali sono i rapporti del governo Orban con le Chiese in Ungheria?

Sicuramente buoni, fondati sulla collaborazione stretta indicata dalla Legge fondamentale. Il Governo finanzia le attività di pubblico servizio delle Chiese e i soldi vengono utilizzati per la carità verso i poveri. Accade così anche per la Comunità ebraica…

… che è oggi la più grande dell’Europa dell’est, pur avendo sofferto perdite pesantissime (600mila morti nella Shoah) che sarebbero state ancora maggiori senza gli interventi ‘salvavita’ per migliaia di persone dei rappresentanti diplomatici di Spagna, Svezia, Svizzera, della nunziatura apostolica oltre che di Giorgio Perlasca. Che aria respirano di questi tempi gli ebrei in Ungheria?

Penso che sia molto buona, hanno delle istituzioni floride. Anche se nel Paese ci sono pure  forze che mostrano di avere problemi con la Comunità ebraica. Il governo ungherese si sta impegnando molto per la Comunità ebraica. Ad esempio ha un progetto per ritrovare e rimettere in ordine i cimiteri ebraici ungheresi. Non è una cosa banale e scontata. Quand’ero in Austria ho portato una volta i miei figli in un cimitero ebraico, nascosto in un bosco e rimesso in ordine: sulle lapidi si notava che l’anno della morte non oltrepassava una certa data. Una lezione di storia molto toccante…. Cose orribili sono successe qui, accanto alla tua città, non in un altro mondo!

 

MOLTI PUNTI DI CONTATTO CON LA POLITICA VATICANA 

Passiamo ai rapporti tra Ungheria e Santa Sede…

I rapporti sono cordiali. La Santa Sede apprezza molto le iniziative del Governo in favore della famiglia: ad esempio dopo il terzo figlio si è praticamente esentati dal pagamento dell’imposta sul reddito. Un altro tema su cui parliamo la stessa lingua è quello della lotta contro l’antisemitismo. Come sulla questione dei rom: nell’aprile prossimo promuoverò un convegno sulla situazione dei rom in Europa, invitando persone competenti che illustrino progetti di speranza. In Ungheria i rom o tzigani sono parte costitutiva del popolo ungherese: non sono migranti, anche se la loro integrazione resta problematica. Vorrei invitare i rappresentanti dei Paesi europei, la Santa Sede, l’Ordine di Malta (che ha un ambasciatore per il popolo rom), la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio…Naturalmente la Santa Sede apprezza molto anche l’istituzione dell’Ufficio per i cristiani perseguitati nel mondo….

 

PAPA FRANCESCO: PONTI, NON MURI? SI’, MA ANCHE SICUREZZA!

Però su buona parte della ‘grande’ stampa cattolica italiana e su noti siti cattolici di afflato internazionale si continua a leggere che il referendum del 2 ottobre è “xenofobo”, “singolare”, che Viktor Orban è un demagogo “ultranazionalista”, “che si è inventato un referendum” contro l’Unione europea… Non solo: ma il referendum “non è cristiano”, contrasta con le parole chiare di papa Francesco che non cessa di ammonire contro la costruzione di muri…

Tanti media cattolici si rifanno alle frasi forti e ricorrenti del Santo Padre contro la costruzione di muri. Tuttavia io seguo con attenzione tutto quanto dice il Papa e ho notato che Francesco evidenzia anche il diritto di ogni popolo a preservare i propri valori. Ad esempio nel discorso al Corpo diplomatico dell’11 gennaio 2016 ha considerato seriamente le paure diffuse nelle popolazioni dei Paesi d’accoglienza e ha riconosciuto il loro diritto anche alla sicurezza. Da un lato dunque papa Francesco evidenzia il dovere evangelico preminente di accoglienza verso tutti, dall’altra però realisticamente non può fare a meno di tener conto dei limiti posti dalla realtà. E, a proposito del referendum del 2 ottobre, vorrei riproporre a mo’ di conclusione quanto ha detto Francesco il 26 giugno 2016 nel volo di ritorno dal viaggio apostolico in Armenia, rispondendo a una domanda sulla Brexit: “Il passo (…) che deve fare l’Unione europea per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici è un passo di creatività e anche di ‘sana disunione’: cioè dare più indipendenza, più libertà ai Paesi dell’Unione”. E’ proprio quanto l’Ungheria vuole chiedere con il referendum del 2 ottobre.

P.S. L’intervista appare integralmente su www.rossoporpora.org e per la riproduzione di ogni sua parte si richiede la citazione della fonte. Per una riproduzione dell’intera intervista o di parti consistenti di essa si prega in ogni caso di chiedere l’autorizzazione a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..