INTERVISTA AL CARDINALE SILVANO PIOVANELLI

 

INTERVISTA AL CARDINALE SILVANO PIOVANELLI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 agosto 2016

 

Nel trigesimo della morte del cardinale Silvano Piovanelli (21 febbraio 1924- 9 luglio 2016), arcivescovo di Firenze dal 1983 al 2001, riproduciamo l’ampia intervista rilasciataci nel giugno del 2003 per il mensile “Il Consulente RE” 6/2003. Nell’intervista, incentrata nella prima parte sulla questione allora molto dibattuta delle radici cristiane d’Europa, si parla anche dei rapporti con l’Islam (Piovanelli era assai ottimista), di Savonarola, La Pira e Balducci, del rimprovero indirizzato allo stesso Piovanelli di essere un porporato ‘rosso’.

 

 

Capita a volte (in occasioni importanti) di leggere nel “Corriere della Sera” il commento di un porporato ora settantanovenne e sempre particolarmente attento all’attualità, il cardinale Silvano Piovanelli. Così è stato ad esempio al momento del G 8 di Genova (“Io provo vergogna anche per noi cattolici”, 27.07.01), per l’invito al digiuno papale in coincidenza con l’ultimo giorno del Ramadan islamico (“La sorpresa di un gesto altissimo”, 15.12.01) oppure per le note vicende attorno alla basilica della Natività di Betlemme (“Liberate la Basilica dalle armi”, 11.04.02). Il 2 giugno di quest’anno ecco invece un corsivo di riflessione critica sulla bozza della prevista Costituzione europea presentata il 28 maggio. E’ proprio da quest’ultimo commento che s’è preso spunto per un’intervista fatta sulla collina fiorentina, ma con davanti agli occhi (lontana e vicina nel contempo) la cupola di Santa Maria del Fiore. Nell’intervista l’arcivescovo emerito di Firenze (lo è stato dal 1983 al 2001), dopo le considerazioni su preambolo e dintorni (ivi compresi i rapporti con l’Islam, la questione turca), parla anche di Firenze, del Savonarola, di La Pira, di padre Balducci e, con piglio toscano, dell’etichetta che gli era stata affibbiata da alcuni di essere un presule “rosso”.

Eminenza, nel ‘Corriere della Sera’ del 2 giugno è apparso un commento critico sulla ‘bozza Giscard’ presentata il 28 maggio, per la parte riguardante il ‘preambolo’ della prevista Costituzione europea. In quella versione del ‘preambolo’, partendo da una citazione di Tucidide sulla democrazia, si evocavano le età greca e romana, si citava il secolo dei lumi, si ignorava il cristianesimo. Poi il 12 giugno veniva approvata una versione riveduta, in cui sparivano le citazioni esplicite delle età greca e romana e del secolo dei lumi; del cristianesimo nessuna traccia esplicita. Oggi è il 19 giugno, la bozza ha ancora la possibilità di essere modificata dagli organismi competenti. Lei, eminenza, conferma le critiche espresse nel corsivo del 2 giugno?

Confermo in pieno. Mi rifaccio dapprima nuovamente a quanto ebbi a scrivere sul ‘Corriere’: non si può dire che il Vaticano sia sconfitto. Affermare questo, significa considerare le cose in modo distorto: è come se il Papa e i suoi collaboratori mirassero a ottenere un po’ di posto nel ‘preambolo’ per ragioni di prestigio… c’è chi sgomita per una citazione, c’è chi sgomita per un’altra… No, non è questo il motivo dell’impegno di Giovanni Paolo II: semplicemente la questione è storica. Se si vuole scrivere un ‘preambolo’, che rispecchia un periodo di venti secoli nel corso dei quali l’Europa ha acquisito progressivamente una sua identità, come si fa a ignorare il cristianesimo? A meno di non uccidere la storia, come non riconoscere il ruolo centrale e amplissimo che ha avuto il cristianesimo nella formazione dell’Europa?

E’ d’accordo che si evochino anche le culture greca e romana?

Sì, mi pare giusto ricordarle. Ma mi domando anche: quanto sarebbe giunto a noi di queste culture senza l’opera del cristianesimo, senza i monaci che hanno raccolto, interpretato, conservato i codici? Pure da un punto di vista geografico, se ci divertissimo a costellare l’Europa delle cattedrali esistenti, ci accorgeremmo di una rete che abbraccia l’intero Continente; dietro ogni cattedrale c’è un popolo che si è sviluppato con la fede e la cultura della cattedrale stessa e ha intessuto con gli altri popoli rapporti certo anche problematici, conflittuali, ma sostanzialmente fondati su principi comuni, quelli del cristianesimo.

Come mai allora questa opposizione tenace alla citazione esplicita delle radici cristiane?

Nel commento del ‘Corriere’ ho voluto citare l’espressione “liberarsi dal cristianesimo”, tratta da una lettera di Ernest Psichari a Jacques Maritain :“Ogni sforzo per ‘liberarsi’ dal cristianesimo è un’assurdità”… eppure molte volte c’è questo sforzo…

Ma perché?

Intanto diciamo che esiste un fondo anticlericale in alcuni…

In alcuni… dove?

Sicuramente in Francia, come ha detto con molta chiarezza l’arcivescovo Jean-Louis Tauran in un’intervista al ‘Corriere’. In genere poi pervade parte della cultura contemporanea. Le resistenze non derivano solo dall’anticlericalismo, ma anche dal disagio, dalla paura di sentirsi giudicati da un Messaggio pienamente umano, che richiede però il coraggio di gettare l’ancora oltre il visibile , collocandosi in una prospettiva di fede. Più di qualcuno preferisce allora ignorare il Messaggio, liberarsi da quella che considera una catena e che invece noi crediamo sia un’ala.

Alcuni osservano che l’assenza di un riferimento esplicito al cristianesimo nel ‘preambolo’ viene poi in qualche modo ‘compensata’ dal riconoscimento dello statuto delle Chiese, all’articolo 51 della prima parte. Eminenza, Lei concorda con tale valutazione? Basta l’articolo 51 a ‘compensare’ le lacune del ‘preambolo’?

No, a mio parere non basta. Le due cose sono molto diverse. Un conto è riconoscere un cammino storico, per cui si viene a sottolineare che la situazione in cui siamo si fonda su certe radici. Un altro conto è registrare la realtà di oggi, che va rispettata.

A proposito di cammino storico. Lei sarebbe d’accordo di citare nel ‘preambolo’ anche le radici giudaiche?

Di questo sono convinto. Prima di tutto perché il cristianesimo e l’ebraismo sono legati intimamente come l’Antico e il Nuovo Testamento. Voglio anche aggiungere che non potremmo capire l’arte cristiana senza gli elementi dell’Antico Testamento. Attraverso il cristianesimo e in modo anche diretto tramite le comunità, l’ebraismo ha sicuramente influito sulla storia d’Europa. Il male non sta nell’inserire, il male sta nell’escludere.

Qualcun altro ritiene che anche l’islam dovrebbe essere citato…

Intanto direi che l’islam ha avuto sì un influsso sulla civiltà europea, ma relativo. Come è entrato però nella civiltà europea? Grazie al cristianesimo. Se nel ‘preambolo’ si volesse accennare anche all’islam, non mi scandalizzerei; sarebbe giustificato pure in prospettiva dell’Europa di domani, data la massiccia immigrazione musulmana.

 

PIOVANELLI (2003): NON TEMO L'ISLAMIZZAZIONE DELL'EUROPA

Cogliamo l’occasione, visto che si parla di islam, per chiederLe se Lei è tra coloro che temono un’islamizzazione dell’Europa…

Io queste paure non le ho. Intanto la storia ha già offerto momenti in cui si poteva temere veramente un’islamizzazione del Continente. Penso a quando l’islam occupava in forze la Spagna o, successivamente, quando si era ormai stanziato nella ex-Jugoslavia ed era giunto fin sotto le mura di Vienna… allora, sì, era legittimo temere. Ma oggi onestamente, l’ipotesi di un’islamizzazione mi pare al di fuori della realtà L’islam infatti è forte laddove la religione e il potere si sovrappongono. C’è il pericolo di uno Stato islamico in Europa? Mi pare che l’ipotesi sia al di fuori di considerazioni razionali, non emotive.

Alcuni tuttavia non escludono che la Turchia lo possa de facto diventare. Dopo le ultime elezioni al potere troviamo un partito islamico ‘moderato’…

Non troverei difficoltà nella presenza di partiti islamici moderati, che rispettino le regole democratiche e non puntino quindi a uno Stato teocratico. Se la domanda turca fosse presentata e accolta, la Turchia verrebbe a trovarsi in un contesto di democrazia comprovata.

C’è chi rileva comunque che l’islam, data la sua vitalità e forza espansionistica, potrebbe in pochi decenni avere ragione di un cristianesimo apparentemente in crisi, piuttosto stanco…

La presenza crescente dell’islam in Europa è certo una sorta di provocazione, di richiamo per i cristiani a voler vivere meglio, con più convinzione e coerenza, la propria fede: è un’occasione per svegliarci un pochino! In fin dei conti l’islamizzazione si potrebbe anche pensare, non per la forza dell’islam, ma per la debolezza del cristianesimo… Un cristianesimo autentico non deve aver paura di niente. Lo dimostra la storia,lo dimostra e ce lo rende chiaro ancora di più la fede. Un cristiano non ha paura, anche di essere messo in minoranza, com’è già accaduto più volte nella storia; osservo che per la Chiesa quei tempi sono stati a volte splendidi, anche eroici e hanno dato luogo poi a fioriture magnifiche.

Ci sono segni rilevanti che il cristianesimo abbia ancora la forza di ripensarsi e di rilanciarsi con entusiasmo?

Sì. Il primo, fondamentale, è dato dalla continua presenza di Gesù Cristo. La presenza cristiana sul Continente è ancora rilevante, a ben guardare. E’ vero che, soprattutto nell’Europa occidentale, il cristianesimo si è un po’ indebolito. In Italia, nonostante tutto, regna ancora una cultura cristianamente ispirata a livello popolare, con una pratica religiosa significativa. E laddove si pratica il cristianesimo la gente è ancora aperta, è ancora generosa, è ancora piena di speranza, fiduciosa nel futuro. A me sembra di cogliere tale realtà per l’esperienza avuta a Firenze; e, girando in tutta Italia anche per gli esercizi spirituali, constato realtà positive un po’ dappertutto. Per me è l’islam che semmai si deve preoccupare, meno il cristianesimo.

In base a quali valutazioni fa quest’ultima affermazione?

I musulmani dovranno fare i conti con la secolarizzazione, con un modo di vita in cui ognuno personalmente può costruirsi il proprio cammino senza sottostare a obblighi esterni. Quello che il cristianesimo ha dovuto affrontare nel secolo scorso (e sta ancora affrontando) è un fenomeno, la secolarizzazione, che anche l’islam non potrà riuscire a ignorare. E i suoi fedeli si troveranno a dover scegliere.

 

LA 'VIA FIORENTINA' AL CRISTIANESIMO

Poco fa, per la prima volta, Lei ha accennato a Firenze, città di cui Lei è stato arcivescovo per 18 anni. Secondo la Sua esperienza esiste una ‘via fiorentina’ al cristianesimo?

E’ sicuro che c’è un modo di approccio alla fede, al Vangelo, in qualche modo peculiare. Basterebbe intanto pensare all’arte: quella di Firenze è un’arte cristiana. La città è segnata dalla fede cristiana: anche a guardarla da qui, da Cercina, se ne individua subito il cuore, la cupola di Santa Maria del Fiore. Se tu stai in una città con un certo tipo di architettura, poco per volta il tuo modo di pensare, il tuo gusto, la tua sensibilità si orienteranno su quello che tu vedi. Firenze vuole cose semplici, essenziali, non barocche. Anche nella fede Firenze ha generalmente una razionalità serena…non c’è a Firenze una Chiesa trionfante, ma una Chiesa che pervade la società. Guardi alle figure che hanno segnato la storia di Firenze…

… alla fine del Quattrocento il domenicano fra’ Gerolamo Savonarola, poi arso vivo…ma in via di beatificazione…

Beatificazione ancora no. E’ stata presentata la domanda da parte del capitolo generale dei Domenicani quasi all’unanimità; da parte mia ho istituito a suo tempo una commissione storica e una commissione teologica che, a mio parere, hanno lavorato molto bene e hanno segnato un punto di non ritorno…

Quale il motivo di questa Sua valutazione?

Hanno esaminato tutte le opere del Savonarola, ricavandone un giudizio estremamente positivo dal punto di vista della fede; e hanno esaminato la questione storica… Il tutto è stato mandato a Roma alla Commissione storica del Vaticano, presieduta da mons. Brandmueller. Se non apparissero difficoltà, l’attuale arcivescovo di Firenze potrebbe allora chiedere il nullaosta per la procedura di canonizzazione. Per me il Savonarola è un uomo di Dio, che nella temperie politica difficile del tempo, ha sempre perseguito l’instaurazione del Regno di Dio sulla terra attraverso non una teocrazia (come alcuni credono) ma una democrazia: voleva che comandasse il popolo e a Palazzo Vecchio aveva fatto costruire il Salone dei Cinquecento perché voleva che le decisioni le prendessero in tanti.

Grandi figure del passato lontano, grandi figure del passato recente. Quant’è ancora attuale oggi Giorgio La Pira? Oppure è figlio di un’altra stagione?

Ritengo che le sue prospettive sono attualissime. Intanto abbracciano tutti, non solo i cristiani, ma anche i non credenti e i fedeli delle altre religioni. La Pira ha evidenziato il valore della famiglia abramitica, che deve ritrovare la sua pace: cristiani, ebrei, musulmani devono essere uniti in una convivenza pacifica. E l’Italia, per la posizione geografica, è lo Stato adatto per promuovere una politica in tal senso. La pace, che lui chiamava il “sentiero di Isaia”, è l’unica strada percorribile, diceva; tutti dobbiamo essere impegnati a trasformare le spade in aratri.

Salendo da Firenze a Trespiano, poi a Cercina, abbiamo notato ancora molte ‘bandiere della pace’ alle finestre. Che ne dice?

Le bandiere denunciano (in senso positivo) un desiderio che è molto più ampio di quanto noi possiamo immaginare: se noi interroghiamo direttamente il mondo, esso vuole la pace. Le bandiere rispecchiano un momento bello, significativo, rispecchiato nelle parole del Papa, che si è espresso con chiarezza, mitezza e nel contempo con fermezza contro la guerra. Nell’umanità sta maturando una consapevolezza positiva, se si pensa ad anni non così lontani. Ai tempi della nostra giovinezza, ricordiamo bene come si giudicava la guerra: necessaria… per caso ho ritrovato in campagna una scritta mussoliniana: “E’ l’aratro che traccia il solco, è la spada che lo difende”. Questo tipo di cultura non esiste più a livello popolare. Ne esiste una molto diversa. Come ho constatato con piacere anche al G 8 di Firenze: nonostante gli allarmi, non è successo niente in materia di l’ordine pubblico, certo per merito di un atteggiamento ragionato delle autorità, ma anche per la maturità (a tratti festosa) dei manifestanti.

Torniamo a La Pira. Lei l’ha conosciuto personalmente? Qual era l’impressione che ne ricavava?

Sì, l’ho conosciuto personalmente. Impressionava. Intanto perché era vulcanico nella parola, poi per la grande quantità di citazioni bibliche che uscivano dalla sua bocca. Traspariva il fuoco che aveva dentro; sono convinto che La Pira era un mistico, che viveva con Dio e fondava tutto sulla preghiera.

Anche per Giorgio La Pira, detto anche ‘sindaco santo’, si parla di canonizzazione… 

E’ in corso, ma il cammino è piuttosto lungo, perché si stanno vagliando a livello diocesano tutti i suoi scritti, quasi sterminati.

Un’altra figura significativa della Firenze novecentesca è stato padre Ernesto Balducci; pur se nato sulle pendici del monte Amiata, ha vissuto tanta parte della sua vita a Firenze. Eminenza, come lo ricorda? 

Aveva le sue critiche da fare alla Chiesa, che chiamava anche casta meretrix: nei giudizi era spesso tagliente…

..da buon toscano… 

Però evidenziava che le critiche alla Chiesa, per migliorarne l’efficienza, si devono fare dal di dentro. Ci sono dei santi che hanno contestato la Chiesa con parole anche più forti di quelle di padre Balducci; e l’hanno fatto anch’essi dal di dentro.

 

PIOVANELLI: IO, UN PORPORATO 'ROSSO'?

Lei, eminenza, durante il Suo arcivescovado, è stato tacciato più volte di essere un porporato ‘rosso’…

A chi mi dicesse così gliene chiederei la ragione. Intanto sono vestito di rosso, ma non penso che l’etichetta dipenda dal colore dell’abito. Ai miei critici chiederei: “Mi definite così, perché sono dalla parte dei poveri? Perché cerco di difendere la gente umile? Perché sostengo i popoli della terra che sono nella fame e nella miseria?” A La Pira dicevano che era “un pesciolino rosso nell’acquasantiera”. Se la scelta dei poveri, scelta evangelica, obbligata per la Chiesa, significa essere di sinistra, allora dite pure che sono di sinistra.

Scelta evangelica… 

Scelta evangelica, non politica. Non si possono confondere i piani, è una mescolanza del tutto impropria. E’ come quando dicevano che Gesù era socialista… ma Gesù era per i poveri e con il partito non c’entrava proprio niente! Certo io mi sento di dire che dal punto di vista politico ho sempre tenuto i rapporti con tutti, non ho mai escluso nessuno. Chiunque veniva a trovarmi, lo accoglievo tenendo come punto di riferimento il Vangelo. E’ vero che ho avuto rapporti ad esempio con il presidente della Regione Toscana Vannino Chiti, con cui ho scritto anche un libro: potevo rifiutarmi di parlare con lui di certi temi? Altro esempio: ho sempre avuto rapporti con i sindaci di Firenze, tutti di centro-sinistra o di sinistra in ragione dei risultati elettorali… ma non sono mai andato in una sede di partito! Sono sempre stati rapporti istituzionali. E poi… come diceva padre David Maria Turoldo: “Non è che Firenze non creda: crede alle cose vere!” E io aggiungo: “Che vengano dall’uomo o che vengano da Dio”.