CARD. KOCH: INCONTRO FRANCESCO-KIRILL? DIFFICOLTA' DA MOSCA

CARD. KOCH: INCONTRO FRANCESCO-KIRILL? DIFFICOLTA’ DA MOSCA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 14 giugno 2014

 

Intervista al presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – La preghiera comune al Santo Sepolcro nel viaggio del Papa – Progressi nel ‘dialogo della carità’ – La spina dei rapporti con l’ortodossia russa, aggravati dalla questione ucraina – Dure dichiarazioni del metropolita Hilarion – Non è il momento di un incontro tra Francesco e Kirill – In Siria per l’intronizzazione del patriarca ortodosso siriaco – Una Pasqua unica per tutti? Bisogna superare problemi pratici

 

 

 

Svizzero di Emmenbrücke (Lucerna) – dove è nato il 15 marzo 1950 – Kurt Koch è da quasi quattro anni alla testa del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani (e anche della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo). Già vescovo di Basilea per un quindicennio, creato cardinale il 20 novembre 2010, Koch è tra i porporati più apprezzati dal Papa e ha seguito vicino a lui la visita in Terra Santa dal 24 al 26 maggio scorsi, conclusasi de facto con l’Invocazione per la pace svoltasi nei Giardini vaticani domenica 8 giugno. L’abbiamo incontrato nel suo ufficio di via della Conciliazione per un’intervista sugli ultimi avvenimenti ed anche sui rapporti con quella parte di ortodossia più gelosa delle proprie prerogative e de facto interlocutrice non di rado ostica nel dialogo ecumenico:  il Patriarcato di Mosca.

Eminenza, incominciamo dal recente viaggio apostolico di papa Francesco in Terra Santa. Quale l’obiettivo dal punto di vista ecumenico? Obiettivo raggiunto?

Il primo obiettivo del viaggio era l’incontro con il patriarca ecumenico Bartolomeo I a ricordo dello storico abbraccio di cinquant’anni fa in Terra Santa tra papa Paolo VI e il patriarca ecumenico Athenagora. L’obiettivo è stato pienamente raggiunto e da ciò sono conseguiti molti buoni frutti.

 …molti buoni frutti… Quali?

Soprattutto nell’approfondimento del ‘dialogo della carità’. Per me è stato prima di tutto molto importante e positivo che si sia potuto pregare tutti insieme nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Questa chiesa è sempre stata anche un segno visibile della divisione tra i cristiani…

Ricordiamo baruffe disdicevoli tra monaci di confessione diversa per ragioni di ‘territorio’ e ‘compiti’ codificati per ognuna di esse… 

Finalmente per una volta è stato possibile che i cristiani di Gerusalemme pregassero tutti insieme. Non era una cosa così scontata! E questo fa ben sperare per il futuro dell’unità dei cristiani…è stato un momento anche molto commovente!

Lei prima ha citato il ‘dialogo della carità’ come via di collaborazione con il mondo ortodosso…

Noi distinguiamo tra ‘dialogo della carità’ e ‘dialogo della verità’: quest’ultimo riguarda la discussione teologica sui temi della dottrina. Il primo implica invece la costruzione e lo sviluppo di relazioni fraterne di amicizia e di riconoscenza. Soprattutto tra Costantinopoli e Roma c’è ormai una consolidata tradizione di visite reciproche. Una delegazione ortodossa di alto livello viene a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo; io guido la delegazione vaticana a Costantinopoli per la festa di sant’Andrea. Il Patriarca poi ha partecipato all’intronizzazione di papa Francesco ed era presente anche domenica scorsa all’ Invocazione per la pace in Terra Santa svoltasi nei Giardini vaticani. A questo va aggiunta la messa a disposizione di chiese: a Roma ad esempio san Giovanni Paolo II ha dato san Teodoro al Palatino.

Nella conferenza-stampa sull’aereo da Tel Aviv a Roma papa Francesco ha rievocato una frase che Athenagora disse a Paolo VI mezzo secolo fa, la cui veridicità è stata confermata da Bartolomeo: “Noi andiamo insieme, tranquilli, e tutti i teologi li mettiamo in un’isola, che discutano tra loro, e noi camminiamo nella vita!”. Tra le questioni di cui si continua a discutere – ma che restano irrisolte - troviamo quella del primato del vescovo di Roma: per dirla con papa Francesco nella Basilica del Santo Sepolcro, occorre “mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma di esercizio del ministero proprio del vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti”…

Già san Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint aveva chiesto a tutte le Chiese di entrare in dialogo sulla prassi del primato del vescovo di Roma da intendere non come ostacolo, ma come aiuto per l’ecumenismo. Benedetto XVI ha confermato tale approccio già nella prima visita a Costantinopoli e papa Francesco continua su tale strada. Penso che la Commissione internazionale mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse abbia compiuto un bel passo avanti con il Documento del 2007, in cui si riconosce che sinodalità e primato sono sempre interdipendenti. Oggi siamo confrontati con una grande sfida: quella di concretizzare tale assunto. E’ un compito in ogni caso arduo.

Il patriarca Bartolomeo è un primus inter pares in ambito ortodosso ed è molto ben disposto verso la Chiesa cattolica. Non possiamo però dimenticare che l’ortodossia ha un suo polo importantissimo anche a Mosca. Lei è stato a Mosca a metà dello scorso dicembre e ha incontrato sia il patriarca di tutte le Russie Kirill che il metropolita Hilarion, ‘ministro degli esteri’ del Patriarcato. Sono passati pochi mesi da quegli incontri, ma intanto sono accaduti fatti rilevanti soprattutto nell’area ucraina con ricadute anche sui rapporti religiosi. A che punto siamo oggi nei rapporti religiosi tra Roma e Mosca?

Nella risposta considero vari aspetti del problema. A livello teologico il dialogo si fa con tutte le Chiese ortodosse e dunque non è bilaterale, ma multilaterale. Nella Commissione internazionale sono presenti 14 Chiese ortodosse. E qui sorge un problema grosso, poiché a fine del dicembre scorso il Patriarcato di Mosca ha pubblicato una Dichiarazione autorevole sulla questione del primato, che contrasta con il Documento di Ravenna e con le tesi della Commissione internazionale. Lei capirà che su tale argomento continuare il dialogo diventa oggi difficile. A livello di relazioni personali posso osservare che il Patriarca Kyrill punta soprattutto all’alleanza per la difesa dei valori cristiani in Europa. Come dice il metropolita Hilarion “abbiamo bisogno di una collaborazione culturale e sociale”. E’ importante, ma non può di per sé costituire un’alternativa al dialogo teologico così tormentato.

In tale contesto è da anni che si parla di un auspicato incontro al vertice tra il Papa e il Patriarca di tutte le Russie. Giovanni Paolo II aveva in questo caso lo ‘svantaggio’ di essere polacco; con Benedetto XVI, tedesco, sembrava ci si potesse avvicinare all’incontro, ma la storia ha deciso altrimenti. Con Francesco, argentino di grande talento nei contatti ad personam, diplomatico del sorriso e dell’abbraccio, Lei pensa si possa finalmente concretizzare tale desiderio, pur in circostanze storiche meno favorevoli?

E’ chiaro che papa Francesco desidera, vuole l’incontro e non pone nessuna condizione. Le difficoltà vengono da Mosca e oggi si sono aggravate con la crisi in Ucraina…

…La posizione netta presa dalla Chiesa greco-cattolica ucraina a fianco degli insorti oggi al potere non è certo molto piaciuta a Mosca…Durante il Forum cattolico-ortodosso europeo svoltosi a Minsk dal 2 al 6 giugno il metropolita Hilarion è stato molto duro: “Le dichiarazioni aggressive degli uniati (NdR: i greco-cattolici ucraini), le azioni volte a minare l’ortodossia canonica, i contatti attivi con gli ortodossi dissidenti (…) hanno causato una perdita enorme non solo per l’Ucraina e i suoi abitanti, ma anche per il dialogo cattolico-ortodosso. Tutto questo ci ha riportato molto indietro, ricordando i giorni in cui i cattolici e gli ortodossi non si sentivano alleati ma rivali”… 

Il metropolita Hilarion recentemente ha detto anche che in questo momento un incontro con il Papa non è proprio possibile. Del resto devo però notare che neppure l’opinione degli ortodossi ucraini è così omogenea. Ad esempio sono state pubblicate da Kiev due lettere aperte al Patriarca Kyrill e a Putin: e il loro contenuto non è tanto differente da quelli espressi dai greco-cattolici ucraini… Insomma anche gli ortodossi in Ucraina sono divisi al riguardo e non corrisponde alla realtà il sostenere che solo i greco-cattolici creano problemi al Patriarcato di Mosca.

Eminenza, pochi giorni dopo il viaggio in Terrasanta Lei è stato in quella Siria, in cui le milizie musulmane jihadiste (cui hanno dato oggettivamente forza gli aiuti concreti forniti ai ribelli anti-Assad in particolare da Arabia Saudita, Turchia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia) si accaniscono con ferocia sui cristiani. Sulla questione siriana e sulla protezione dei cristiani in Medio Oriente (vedi anche quanto sta accadendo in queste ore nell’Iraq ‘pacificato’ all’americana) nei mesi scorsi si è sviluppata una bella collaborazione tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse, Patriarcato di Mosca compreso... 

Abbiamo lì  in particolare una lunga tradizione di collaborazione con la Chiesa ortodossa siriaca - una delle più antiche del Medio Oriente – e di grande vicinanza con il Patriarca Ignatius  Zakka Iwas I che ha retto la Chiesa che ha oltre due milioni di membri dal 1980 al marzo di quest’anno, quando è deceduto. Ignatius Zakka Iwas I è stata una figura di rilievo per il movimento ecumenico, ha avuto sempre una grande apertura verso la Chiesa cattolica e ha anche partecipato come osservatore al Concilio Vaticano II. Per me era molto importante partecipare all’intronizzazione del suo successore, il patriarca Ignatius Aphrem II…

La cerimonia si è svolta a Damasco?

A pochi chilometri da Damasco, per ragioni di sicurezza. Volevo esserci anche per dimostrare vicinanza e solidarietà in questo momento alla Chiesa ortodossa siriaca e a tutto il popolo siriano così duramente provato dalla guerra che imperversa sul martoriato territorio. Ho provato una grande gioia nel vedere il nuovo Patriarca e nel contempo ho provato grande dolore per le sofferenze cui sono sottoposti i siriani. Ho anche registrato con soddisfazione una forte presenza del mondo ecumenico all’intronizzazione: penso che la collaborazione intensa tra le Chiese cristiane possa essere di grande aiuto nelle tragiche circostanze attuali. Le Chiese non sono unite teologicamente, ma unite di certo nell’ecumenismo della carità, necessario per sopravvivere. L’unità d’azione può alleviare le sofferenze…

Nel suo intervento nella Basilica del Santo Sepolcro papa Francesco ha detto tra l’altro – e pensiamo che questo valga in grande misura anche per quanto sta accadendo in Siria: “Quelli che per odio alla fede uccidono, perseguitano i cristiani, non domandano loro se sono ortodossi o se sono cattolici: sono cristiani. Il sangue cristiano è lo stesso”. Sempre in tema di rapporti con il mondo ortodosso, papa Francesco nel corso della conferenza-stampa in aereo da Tel Aviv a Roma ha riferito di alcuni contenuti dei suoi colloqui con il patriarca Bartolomeo, citando tra l’altro la questione della data della Pasqua: “E’ un po’ ridicolo: Dimmi, il tuo Cristo quando resuscita? La settimana prossima. Il mio è resuscitato la scorsa.” Al di là del tono un po’ scanzonato del Papa, la questione non è così banale. Secondo Lei si potrà arrivare a breve ad unificare la data della Pasqua per cattolici e ortodossi?

Non sono un profeta. Ma sarebbe bello se i cristiani si ritrovassero uniti lo stesso giorno per rivivere la festa principale e fondamentale del Cristianesimo. La volontà di unificare la data è presente in molti ambienti cristiani. Anche in tanti ortodossi. Credo però che gli ortodossi possano trattare la questione nel prossimo Sinodo pan-ortodosso.

C’è qualche grossa difficoltà teologica nel trovare una data unica?

No, penso che le difficoltà siano legate più a problemi pratici.

Veniamo al tardo pomeriggio di domenica scorsa nei Giardini vaticani, all’ Invocazione per la pace in Terra Santa. Perché era presente anche il patriarca Bartolomeo? 

L’Invocazione era prevista in Terra Santa, durante il viaggio di papa Francesco ed evidentemente anche con la presenza del Patriarca Bartolomeo I. Non è stato possibile: trovare un luogo neutrale di incontro si è rivelato impresa ardua. Perciò si è pensato a Roma. E così è accaduto ed è stato un evento molto importante e incoraggiante per tutti. La forza della preghiera e l’azione potente dello Spirito Santo credo possano dar luogo a sviluppi nuovi e positivi – che noi al momento non possiamo prevedere né nei tempi né nei contenuti- per la concretizzazione di una pace vera in Terra Santa.

P.S. 1. L’intervista appare in forma cartacea nell’inserto ‘Catholica’ del ‘Giornale del Popolo’ di Lugano di sabato 14 giugno 2014.

P.S. 2. In questo sito www.rossoporpora.org anche l’intervista al card. Koch sulle inquietudini del cattolicesimo svizzero-tedesco (Rubrica: Intervista a cardinali)