FRANCESCO REPICE, 'TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO' E TANTO ALTRO

 

FRANCESCO REPICE, ‘TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO’ E TANTO ALTRO - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 28 novembre 2014

 

Intervista  a tutto campo con una delle voci più note di RadioRai, tra i protagonisti della popolare trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Nell’intervista Francesco Totti e papa Francesco (“centravanti di sfondamento”), pagamento del canone e imparzialità, radiocronaca e telecronaca, attaccamento alla maglia e ‘business’, curve e degrado, lingua italiana da valorizzare

 

 

Chi è Francesco Repice? Probabilmente diversi dei nostri lettori – in tutt’altre faccende affaccendati – non lo conosceranno a differenza di qualche milione di italiani appassionati di calcio. Cinquantunenne, nato a Cosenza da madre cosentina e padre di Tropea (ambedue dunque calabresi), studente del liceo romano ‘Giulio Cesare’ (ma della parte minoritaria), tifoso accanito della Roma (di cui ha seguito anche molte trasferte), dopo un dibattito in Calabria, a 26 anni, Repice è stato ‘cooptato’  (a sua meraviglia, essendo ‘rosso’ di intensità abbagliante) da Clemente Mastella, poi da Sergio Mattarella nella comunicazione dell’allora sinistra democristiana: ha lavorato infatti sia a  ‘La Discussione’ che a ‘Il Popolo’. Lì conosce tra gli altri Gerardo Bianco, Fabrizio Abbate, Lapo Pistelli, Enrico Letta. Nel 1997 entra alla RAI, dove virtù e fortuna dopo pochi anni lo rendono noto al grande pubblico sportivo, grazie alla popolare trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Oggi è l’inconfondibile radiocronista della Nazionale di calcio e di molte delle partite più importanti del campionato e delle Coppe europee. Da notare che il personaggio è assai eclettico, essendo stato tra il 1994 e il 2007 uno dei parolieri delle canzoni dello “Zecchino d’oro”. Non solo: dal 1996 ha voluto approfondire per qualche tempo, nel solco del cosiddetto ‘cattolicesimo democratico’, anche una disciplina come la teologia. Insomma… un tipo molto interessante, oltre che il nostro personale ‘radiocronista principe’, quello che ancora riesce meglio di tutti a trasmettere le emozioni connesse (quando capita) a una partita di calcio. E allora via all’intervista, dopo esserci ritrovati  - e poteva essere diversamente? - all’edicola di viale degli Ammiragli in zona Cipro.

 

 

“Immenso, maestoso, di classe cristallina, campione il cui viale non conosce tramonto…” Ma chi è cotanto magico calciatore cui tali qualità sono riferite? E’ forse un Francesco? 

Sì, ma è quello in cui credo ciecamente: Francesco Totti, un po’ il campione della mia vita… Ognuno di noi ha un campione di riferimento… per me è lui, credo il più grande calciatore italiano di tutti i tempi!

Diceva l’attrice Cristiana Capotondi, in occasione dell’intervista che le avevamo fatto nel giugno del 2006 (vedi in questa stessa rubrica), che “l’ispirazione di Totti, faccia il cucchiaio o calci di collo o da 30 metri, è dello stesso genere di quella di Beethoven nella Nona Sinfonia”… Concordi? 

Anch’io penso che sia uno dei massimi pensatori del XXI secolo e dunque non mi distanzio molto da Cristiana Capotondi. Però devo aggiungere che tanto del suo calcio arriva da Porta Metronia…

Che intendi dire evidenziando “Porta Metronia”? 

Intendo segnalare che Totti mette molta romanità nel suo tipo di gioco… la stessa sfrontatezza e anche il calcolo delle probabilità che la sua azione vada a segno…

Ma allora non è un ingenuo… 

E’ un semplice, ma non è assolutamente un ingenuo. Francesco Totti è uno che calcola ogni suo movimento. Paradossalmente calcola perfino il suo estro… riesce anche a dare una cifra precisa alla sua invenzione, alla sua estemporaneità… questo lo rende irraggiungibile…

Non ti sarà sfuggito che a Roma c’è un altro Francesco, che vive però in una dimensione universale… 

Sono sempre stato molto vicino all’America latina, avendo vissuto tra l’altro per molto tempo a Cuba. Conosco bene anche Buenos Aires…Per come la vedo io papa Francesco rappresenta un segno di grande discontinuità sia rispetto a papa Wojtyla che a papa Ratzinger. Io ho maturato negli anni le mie convinzioni sulla Chiesa cattolica e tuttavia riconosco volentieri che papa Francesco riporta in evidenza temi che erano stati un po’ dimenticati dagli anni della Pacem in terris.

In una squadra di calcio che ruolo gli assegneresti? 

Ah, ma lui è un centravanti, un centravanti vero, un centravanti di sfondamento… rompe tutti gli schemi… non so se ci riuscirà, perché non sono un ingenuo come non lo è Francesco Totti, e dunque credo che per lui le cose non siano semplici, all’interno della Curia Romana in particolare… però spero molto in papa Francesco…

Poi c’è un altro Francesco, Francesco Repice, definito da molti  - e senza nulla togliere alla qualità professionale dei colleghi di “Tutto il calcio minuto per minuto” – “il principe dei radiocronisti”…In campo dove ti vedresti? 

Dove sono sempre stato quando giocavo: una mezz’ala sinistra…

Mezz’ala sinistra, dico bene? 

Sì, sono sempre stato un sinistro pieno, sia di piede che di altre cose. Giocavo anch’io con la maglia numero dieci sulla schiena, nella mia carriera infima di calciatore in Calabria, in Lombardia… mi è sempre piaciuto creare…

Perché sei diventato giornalista? 

Perché sono un calciatore frustrato. Il mio sogno era di giocare a pallone, ma non avevo i mezzi tecnici e fisici adeguati per concretizzarlo. Ho pensato che potessi continuare a occuparmi di calcio solo facendo il giornalista, mai l’arbitro.

Eppure nelle tue radiocronache appari come un arbitro molto attento, di norma imparziale, salvo rarissimi momenti in cui qualche emozione estemporanea di troppo ti fa vacillare… 

Lavoro in RAI, il canone lo pagano tutti, i tifosi di ogni squadra. Quindi non posso esaltare il goal di un calciatore e mettermi la sordina per il goal di un altro…

Dici bene… dovrebbero metterlo in pratica tutti i tuoi colleghi della RAI impegnati in altri ambiti informativi… 

Il canone lo pagano tutti… se io esalto le gesta dello juventino Pogba quando fa goal, non posso poi non esaltare anche il goal dell’avversario. E’ poi ovvio che, se racconto partite internazionali con una squadra italiana o con la nazionale, valorizzo i goal italiani e non mi rallegro per quelli degli avversari…

Difatti, quando la Roma è stata recentemente raggiunta a Mosca all’ultimo secondo dal CSKA, la tua voce si è fatta improvvisamente mesta… Senti, per te, nella civiltà dell’immagine e dell’interattività, la radio ha ancora una funzione importante? 

RadioRai  festeggia i novant’anni e “Tutto il calcio minuto per minuto” il mezzo secolo di vita. Perché resistiamo? La radio non viene travolta dal dilagare delle nuove tecnologie, perché la radio è immediatezza…

Vuoi chiarirci il concetto? 

La radio è immediatezza, la televisione no. Per la televisione ho bisogno di mandare una telecamera, ho bisogno delle luci, di trasmettere le immagini… per la radio ho bisogno solo di un telefonino, lo accendo, sono subito in onda e racconto…è tutto molto più rapido, a portata di orecchio…

Qual è la differenza fondamentale tra il radiocronista e il telecronista? 

Se racconto una partita di calcio alla radio, non posso rimanere in silenzio nemmeno per due secondi… in radio sarebbe un’eternità! Invece il telecronista può sfruttare la messa in onda delle immagini e ha la possibilità di stare zitto, dato che quel che racconta lo vede anche il telespettatore: non c’è bisogno che dia conto di ogni movimento del pallone, ma soprattutto che interpreti tatticamente la partita, facendola capire a chi è sul divano di casa. Con la radio no, devo informare su dove va il pallone, perché chi ascolta non vede e si fida dei miei occhi…

C’è dunque un rapporto di fiducia molto forte tra il radioascoltatore e il radiocronista… 

Un rapporto di fiducia assoluto.

La compartecipazione è diversa tra radioascoltatore e telespettatore… 

Chi vede si fa immediatamente una sua idea; chi sente invece si fa immediatamente la mia idea. Ecco perché il radiocronista non può mentire. Chi pensa che il radiocronista possa tranquillamente confondere un nome con un altro “perché tanto la radiocronaca si sente e non si vede”, si sbaglia di grosso. In radio, se se ne accorgono, la volta dopo non ti ascoltano più, dato che non ti credono più perché il rapporto fiduciario si è rotto.

Veniamo alle tue radiocronache. Se tu fossi un tifoso della Lazio, ma non lo sei… 

No, proprio no…

… ti direi che a una tua radiocronaca potrebbe calzare perfettamente il noto slogan (che di per sé trae probabilmente le proprie origini nella Repubblica partenopea o nelle Cinque Giornate di Milano, con parole iniziali diverse…) “Giorgio Chinaglia è il grido di battaglia”, perché la tua narrazione è caratterizzata da accenti epici che elettrizzano il radioascoltatore… 

Fateci un po’ sognare. C’è rimasto solo il calcio alla radio per fantasticare, i numeri dall'1 all’11… La prima volta che sono entrato in uno stadio accompagnatovi da mio padre (era una partita della Roma), sono rimasto abbagliato dal verde del campo, perché fin lì l’avevo visto sempre in bianco e nero. E abbagliato dai colori dell’insieme. Da lì in poi ho sempre fantasticato alla radio su questi colori…Dateci la possibilità di sognare e di pensare che gli undici ragazzi in campo stiano giocando fino allo stremo per quello in cui crediamo noi…

… anche se la realtà, ahimè, è un po’ diversa… parliamo dell’attaccamento alla maglia… 

Per l’attaccamento alla maglia potremmo tornare alla prima domanda con Francesco Totti… e poi Paolo Maldini, Franco Baresi, Gianni Rivera, Gaetano Scirea, Javier Zanetti, Alessandro del Piero, l’unico per il quale ho interrotto la radiocronaca di un collega pur non essendoci un rigore o un goal… non potevo passare sotto silenzio, in diretta, la sostituzione di Del Piero e l’addio con il giro di campo allo Juventus Stadium… “Scusate, Alessandro del Piero sta lasciando la Juventus”. Quello è l’attaccamento alla maglia… voi pensate che non ce ne saranno più di giocatori così attaccati alla maglia come quelli citati? Spero ancora che ne possano nascere…

Però il calcio è cambiato, il business imperversa… è un calcio-spezzatino con partite quasi tutti i giorni… 

E’ vero, ma non ce ne possiamo nemmeno troppo lamentare, se continuiamo a chiedere alle nostre società di tenere i conti in ordine, di comprare grandi giocatori, di competere a livello internazionale se non hanno i soldi. In questo momento sono le piattaforme televisive che i soldi glieli danno e perciò dettano i modi e i tempi del campionato…

…anche certi risultati? 

Spero proprio di no. Salvo pochissime eccezioni che sono state giustamente punite, non ho mai conosciuto giocatori che si siano venduti una partita. Il fatto è che, quando si è in campo, nessuno ci tiene a perdere, nemmeno in amichevole!

Rispetto agli Anni Settanta-Ottanta come sono cambiate le curve? 

Sono cambiate in peggio anche loro. Le curve che frequentavo io erano dei microcosmi in cui succedevano cose buone e cose cattive. Però erano ben riconoscibili. Oggi purtroppo penso che nella maggior parte delle curve siano entrati degli interessi che hanno ben poco a che fare con le curve stesse, il calcio, lo sport. Anche interessi economici, dettati a volte dalla malavita organizzata. Credo proprio che all’interno delle curve i capi debbano fare le grandi pulizie, poiché altrimenti l’essere ultras (che non è una parolaccia, ma una parola bellissima) verrà inquinato da questioni esterne…

Inquinato definitivamente… 

Sì, inquinato definitivamente, poiché già l’inquinamento c’è.

Che cosa differenzia i tifosi della Roma e della Lazio? 

Sicuramente il numero… poiché i romanisti sono molti di più. Però il tifoso della Lazio è appassionato quanto quello della Roma, alza al cielo i cori come i rivali. Negli Anni Settanta-Ottanta le curve si differenziano politicamente: quella romanista è schierata a sinistra, quella laziale già da allora a destra. Con il passare del tempo anche la Curva Sud è cambiata nella sua configurazione politica e ora le due curve sono contraddistinte dal medesimo colore. Qualcosa è però in movimento. Vedremo che cosa succederà.

E com’è il tifoso della Juventus? 

Un tempo il tifoso della Juventus era l’operaio della Fiat, del Lingotto, partito da Basilicata, Sicilia, Calabria, Sardegna per tifare la squadra di cui ascoltava le gesta alla radio. Però anche lì le cose sono cambiate. E pare che della curva juventina si siano appropriate entità che con il calcio non hanno a che fare.

Diciamo qualcosa anche delle curve della Fiorentina e del Verona, tutte e due in qualche modo particolari… 

La curva viola, da sempre schierata a sinistra, è meravigliosa, è dotata di ironia, anzi di causticità fiorentina. Fa sfoggio di coreografie veramente pregevoli, variopinte… fa sempre piacere andare a Firenze! Pure a Verona c’è un tifo caldissimo, che non abbandona mai la squadra per novanta minuti, sostenendola con cori all’inglese. Purtroppo anche lì ultimamente la Curva gialloblu si è distinta anche per l’appartenenza a gruppi di destra non proprio moderatissimi …

Torniamo per concludere alla funzione della parola nella radiocronaca. E’ facilmente constatabile come ormai da diversi anni il linguaggio corrente si sia da una parte imbarbarito, banalizzando e così ‘legittimando’ le peggiori volgarità, dall’altra impoverito, tanto che oggi si calcola che il numero di vocaboli utilizzati dall’italiano medio non superi i mille. Le tue radiocronache – e anche quelle di diversi tuoi colleghi – invece restituiscono il sapore della parola… 

Il primo suggerimento che si dà ai radiocronisti è quello di leggere tutto, dalla ‘Settimana enigmistica’ a Tolstoj. Noi dobbiamo cercare di trovare il maggior numero possibile di vocaboli e di sinonimi. Mi diceva sempre il grande Sandro Ciotti: “Se tu insisti a dire che Boninsegna ha segnato, segna e segnerà, finisci per stancare. Devi trovare il maggior numero possibile di modi per definire un’azione, altrimenti il racconto diventa uno strazio”.

Da qui anche i tuoi ‘corroborare il gioco offensivo’, ‘estirpare il pallone dai piedi dell’avversario’, ‘duello a sportellate’… 

Cerchiamo di dare il più possibile il senso di ciò che accade attraverso lo strumento fondamentale della lingua italiana, che le parole ce le ha tutte. Basta trovarle, basta usarle.

Se la tua radiocronaca è serale, immancabilmente concludi con un “grazie per i più che opportuni interventi” al giornalista che ti affianca e con un “Da XY Francesco Repice augura a tutti i radioascoltatori una serena notte”. ‘Serena’ è una scelta precisa? 

E’ il miglior augurio che si possa fare a chi ci ascolta. La serenità implica uno star bene con se stessi e con gli altri che è una condizione umana agognata da tutti, anche se in molti casi è difficile da raggiungere. Ma l’augurio resta: “Serena notte” anche a chi questa intervista la leggerà di sera.