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    UNIONI CIVILI/LA' NELLA TERRA ARETINA DELLA GARRULA MINISTRA...

    UNIONI CIVILI/ LA’ NELLA TERRA ARETINA DELLA GARRULA MINISTRA… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 31 marzo 2016

     

    Incomincia la battaglia sul riconoscimento dell’obiezione di coscienza agli amministratori che rifiutassero di celebrare unioni tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui il disegno di legge Cirinnà-Boschi fosse approvato dalla Camera senza modifiche al testo votato dal Senato il 25 febbraio. Conferenza-stampa a Montecitorio promossa da ProVitaonlus, relatori il sindaco di Castiglion Fiorentino Mario Agnelli, il deputato Fabrizio Di Stefano (che ha inoltrato un emendamento in tal senso alla Commissione Giustizia della Camera) e Massimo Gandolfini, presidente del Comitato nazionale 'Difendiamo i nostri figli'.

    Là nella terra aretina della garrula ministra, c’è un comune, Castiglion Fiorentino, che è retto da un sindaco, Mario Agnelli, autore della dichiarazione che segue durante il Consiglio comunale del 4 febbraio scorso, nel pieno della discussione in Senato dell’iniquo disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, poi trasformatosi in maxi-emendamento firmato da Maria Elena Boschi: “Non intendo celebrare unioni civili tra omosessuali; volentieri cedo il compito a tutti i consiglieri”. Novello David con la fionda in mano, pronto ad abbattere il Golia renziano? Non esageriamo. Certo è però che alla dichiarazione sono seguiti fiumi di insulti, ma anche di apprezzamenti. Poiché la questione del riconoscimento dell’obiezione di coscienza per leggi di carattere etico è tra le più delicate e sempre d’attualità. In Francia diverse centinaia di amministratori hanno chiesto tale riconoscimento, cozzando contro la  cinica corazza della laicité à la Hollande. Chi poi ha insistito è stato ben multato, a mo’ d’esempio. Anche negli Stati Uniti chi si rifiuta, da amministratore pubblico, di celebrare ‘matrimoni gay’, non la passa liscia, come è risultato evidente da alcuni casi clamorosi registratisi l’anno scorso.

    Mario Agnelli (eletto dal popolo di Castiglion Fiorentino con il 63% dei voti, a differenza di quanto accaduto per la garrula ministra…) è stato il primo sindaco italiano ad esprimersi pubblicamente sulla questione. Altri però l’hanno seguito, stimolati dall’appello al riconoscimento dell’obiezione di coscienza in materia di celebrazione di ‘unioni omosessuali’ fatto proprio e ‘incanalato’ da ProVita Onlus, l’associazione nazionale presieduta con convinzione e coraggio da Toni Brandi. In pochi giorni pasquali sono giù quasi cento i sindaci che hanno sottoscritto l’appello. Data la delicatezza della richiesta i loro nomi non vengono per il momento divulgati, a meno che gli stessi firmatari non lo chiedano esplicitamente: troppi i rischi non solo di caterve di insulti, ma anche di conseguenze spiacevoli sul posto di lavoro e per la famiglia di cui fanno parte. Oltre a Mario Agnelli, hanno deciso di rendere pubblica la loro presa di posizione due altri sindaci: Federico Secchi di Avio (Trento) e Massimiliano Gazzani di Castelbelforte (Mantova). Intanto la raccolta di firme prosegue e si spera nell’adesione di altre centinaia di sindaci italiani.

    Si può pensare che la richiesta di riconoscere l’obiezione di coscienza nell’ambito del disegno di legge Cirinnà-Boschi sia un tentativo generoso,  ma destinato a fallire. Infatti oggi paiono tre le possibilità di sbocco di tale normativa. La prima: la Camera approva senza modificarlo il testo del Senato. Per evitare inciampi il Governo mette la fiducia come al Senato. Il disegno di legge passa all’esame di costituzionalità del Presidente della Repubblica. La seconda: La Camera approva senza modificarlo il testo del Senato. La maggioranza a favore è talmente ampia che il Governo si permette di non porre la fiducia. Il disegno di legge passa all’esame di costituzionalità del Presidente della Repubblica. La terza: il testo del Senato viene modificato, nel tentativo di eliminare eventuali residue perplessità attribuite alla presidenza della Repubblica. In tal caso tale testo ritorna al Senato. Dove allora tutto sarebbe possibile.

    Realisticamente la terza possibilità sembra quasi esclusa, considerata la determinazione del Governo Renzi nel perseguire l’obiettivo di una legge che – come si suol dire da quelle parti frou frou – consenta all’Italia di “mettersi al passo con l’Europa”. Tuttavia in politica è bene evitare di dire “mai”. Perciò la richiesta di riconoscere l’obiezione di coscienza per gli amministratori italiani che non intendono celebrare riti contrari alle loro convinzioni profonde (del resto in sintonia con gran numero di italiani) è non solo generosa, ma anche da perseguire con convinzione. Perché “muove le acque” costringendo l’opinione pubblica a riflettere anche sulla questione specifica. E perché “non si sa mai” che una forte pressione degli elettori non induca questo o quello a un supplemento di riflessione operosa.

    La conferenza-stampa odierna a Montecitorio, coordinata da Alessandro Fiore (portavoce di ProVita Onlus)  è stata introdotta dal deputato Fabrizio Di Stefano che ha illustrato l’emendamento inoltrato in Commissione Giustizia della Camera (dove la discussione  sul Cirinnà-Boschi incomincerà la settimana prossima, mentre per maggio è calendarizzato il dibattito – se dibattito sarà – in aula). L’emendamento chiede l’introduzione di un comma 27-bis all’articolo unico del testo votato al Senato e così incomincia: “Nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione, i sindaci ed i loro sostituti, gli assessori comunali, i consiglieri comunali, i segretari comunali, i funzionari comunali e circoscrizionali, gli impiegati addetti allo stato civile e i dipendenti comunali, anche esercenti mansioni esecutive, possono dichiarare la propria obiezione di coscienza alla costituzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e ad ogni atto ad esse antecedente, conseguente o comunque connesso. Più in là si chiede che nessuno subisca “conseguenze sfavorevoli per aver dichiarato la propria obiezione di coscienza” e si statuisce l’obbligo per i Comuni “di rendere noto il diritto all’obiezione di coscienza, nonché di predisporre la modulistica per la dichiarazione di obiezione di coscienza e di trasmettere al Prefetto, per conto dell’obiettore, la dichiarazione ricevuta”. Di Stefano ha annunciato che nella sola settimana pasquale ha raccolto l’adesione di una quarantina di sindaci della sua regione, l’Abruzzo.

    Alessandro Fiore ha poi ribadito che il disegno di legge va respinto in toto. Ma c’è l’occasione, con la richiesta di riconoscimento dell’obiezione di coscienza, di portare davanti all’opinione pubblica e al Parlamento una questione che si porrà certamente nel caso in cui la Cirinnà-Boschi venisse approvata definitivamente dalla Camera. 

    Anche Massimo Gandolfini, presidente del Comitato nazionale “Difendiamo i nostri figli” (che ha promosso le due grandi manifestazioni di piazza san Giovanni e del Circo Massimo), ha detto di “condividere pienamente l’iniziativa”, perché “poter usufruire dell’obiezione di coscienza” in materia etica “è un fatto di civiltà”. Gandolfini è poi tornato sulle modalità di approvazione imposte al Senato del disegno di legge Cirinnà-Boschi (cui aggiunge anche Renzi, di cui resterà memorabile quell’obamiano “Oggi ha vinto l’amore”): “Sono state violate le regole democratiche, la legge è stata votata in spregio alla dignità dei senatori”. La speranza è che, quando il testo definitivo giungerà al Quirinale, lì sia sottoposto a un’analisi rigorosa dei profili di incostituzionalità: decine di giuristi hanno già riconosciuto nel testo non meno di una ventina di errori giuridici, oltre a contraddizioni enormi come nel comma 20 dell’unico articolo, in relazione al tema delle adozioni. Per le prossime amministrative il Comitato indicherà con chiarezza i candidati-sindaci impegnati a difendere la famiglia e ad aiutarla concretamente nel caso in cui fosse in difficoltà finanziaria.

    A ottobre invece ci sarà il referendum costituzionale: in quell’occasione non si potrà fare altro che bocciare la riforma Boschi in nome di quella democrazia di cui il Governo Renzi vuole pervicacemente ridurre gli spazi. L’impegno del Comitato in favore del ‘no’ sarà dunque intenso e si esplicherà con modalità su cui si sta discutendo e su cui si deciderà a breve. Tra le opzioni in gioco la creazione di tanti Comitati locali per il ‘no’, con l’utilizzazione della fitta rete che ha permesso il grande successo dei due Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016.

     

     

     

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