JOSEPH RATZINGER: PILUCCANDO NELLA VIGNA DEI SUOI RICORDI

JOSEPH RATZINGER: PILUCCANDO NELLA VIGNA DEI SUOI RICORDI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 settembre 2016

 

Corposa antologia di risposte di Joseph Ratzinger - significative per l’uno o l’altro verso – contenute in “Ultime Conversazioni”, il libro-intervista a cura di Peter Seewald.

 

Le oltre duecento pagine delle “Ultime conversazioni”  - il libro-intervista di Peter Seewald a Benedetto XVI uscito qualche giorno fa – richiamano una vigna dai tanti filari, tutti carichi di grappoli di memoria. Se potessimo vendemmiare, siamo sicuri che ne uscirebbe un vino di ottima qualità (con una tendenza al frizzante), di quelli che si mettono in tavola nelle domeniche di festa grande. In questa sede possiamo solo però piluccare alcuni acini belli corposi dai grappoli che già alla vista e all’olfatto appaiono ben maturi e profumati, quasi fossero moscato di Terracina della stagione migliore. Ce ne sono naturalmente anche tanti altri. E altri ancora non sono nemmeno riusciti a trovar posto nello spazio di vigna aperto ai curiosi: se ne stanno in altro luogo, coperti dai pampini della lealtà ad ogni costo e dell’umiltà, due tra i principi fondamentali di vita del vignaiolo.

 

UN PAPA CON UN COMPITO PARTICOLARE: Sapevo di non avere più tante forze (…) Non potevo affrontare questioni a lungo termine. Questo deve farlo uno che ha del tempo davanti a sé. Io ero consapevole che il mio compito era di un altro tipo: dovevo anzitutto cercare di mostrare cosa significa la fede nel mondo di oggi, mettere nuovamente in risalto la centralità della fede in Dio e dare agli uomini il coraggio di credere, il coraggio di vivere in modo concreto la fede in questo mondo. Fede e ragione sono i valori in cui ho riconosciuto la mia missione e per le quali la durata del pontificato non era importante.

 

RINUNCIA, DELUSIONE E SCONFORTO TRA GLI AMICI: Forse l’impatto è stato più forte di quanto avessi pensato; anche per il fatto che gli amici, le persone che, per così dire, avevano trovato un sostegno nel mio messaggio, lo consideravano importante e vedevano in me una guida, erano sinceramente sconvolte e si sono sentite abbandonate.

 

LUNEDI’ 11 FEBBRAIO 2013, LA RINUNCIA: Che fosse il lunedì di carnevale non ne ero consapevole. In Germania mi ha causato anche qualche problema. Era il giorno della Madonna di Lourdes. La festa di Bernadette di Lourdes, a sua volta, coincide con il giorno del mio compleanno. Per questo mi sembrava giusto scegliere proprio quel giorno.

 

GIOVANNI PAOLO II, LA SOFFERENZA: (…) Sono convinto che una fase di sofferenza fosse parte naturale del suo pontificato. E fosse essa stessa messaggio. Anche la gente l’ha interpretata così. In fondo hanno cominciato a volergli davvero bene solo quand’era sofferente. Se si è aperti verso il prossimo, in una tale situazione si prova un’intima vicinanza con l’altro. Per questo quella sofferenza aveva un suo senso. Tuttavia io ero convinto che non si può ripetere a piacere una simile esperienza. E che, dopo un pontificato di otto ann,i non potevo passarne altri otto in quel modo.

 

RINUNCIA E INTERROGATIVI:  (paragone con i vescovi) In ogni caso, nel frattempo si è capito che da un lato il vescovo è portatore di una missione sacramentale, la quale lo vincolanel suo intimo, ma dall’altro non deve restare in eterno nella sua funzione. E così penso sia chiaro che anche il papa non è un superuomo e non è sufficiente che sia al suo posto: deve appunto espletare delle funzioni. Se si dimette, mantiene la responsabilità che ha assunto in un senso interiore, ma non nella funzione. Per questo a poco a poco si capirà che il ministero papale non viene sminuito, anche se forse risalta più chiaramente la sua umanità.

 

PAPA BERGOGLIO: Nessuno si aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Ma poi il modo in cui ha pregato e ha parlato al cuore del gente ha subito acceso l’entusiasmo. (come faceva a conoscerlo?) Grazie alle visite ad limina e alla corrispondenza. L’ho conosciuto come un uomo molto deciso, uno che in Argentina diceva con molta risolutezza: questo si fa e questo non si fa. La sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri sono aspetti di lui che non mi erano noti. Perciò è stata una sorpresa. (…) No, non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati (candidato nel Conclave del 2005) Pensavo che fosse acqua passata. Di lui non si era più sentito parlare. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice.

 

IL COMMIATO DAL PALAZZO APOSTOLICO, 28 FEBBRAIO 2012: Ero molto commosso. La cordialità del commiato, anche le lacrime dei collaboratori (la voce si spezza). Sulla casa Bonus Pastor campeggiava l’enorme scritta “Dio gliene renda merito”… e poi le campane (il Papa piange). Ero proprio molto commosso. In ogni caso, mentre mi libravo lassù e sentivo il suono delle campane di Roma, sapevo che potevo ringraziare e che lo stato d’animo di fondo era la gratitudine.

 

LA STORIA/A – CONOSCENZA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO, PERSECUZIONE ANTI-EBRAICA: Sapevamo che c’era Dachau. Il lager venne inaugurato al momento della cosiddetta presa di potere. Quando si sentiva dire che questa o quest’altra persona era finita a Dachau si inorridiva. Mio padre leggeva il “Gerade Weg” di Gerlich (Fritz Gerlich, 1883-1934, con la rivista “Der gerade Weg” è considerato uno dei principali rappresentanti della stampa d’opposizione al nazionalsocialismo). Sapeva che Gerlich era stato picchiato a morte o fucilato a Dachau. Che lì accadessero cose terribili lo sapevamo, ma la questione ebraica da noi non era così presente per il fatto che né ad Aschau né a Traunstein c’erano degli ebrei. Cioè, a Traunstein c’era un commerciante di legname, ma se ne andò il giorno dopo che gli presero a sassate una finestra. Noi non conoscevamo personalmente degli ebrei;, tuttavia mio padre, quando avevamo bisogno di stoffa per confezionare gli abiti, la faceva arrivare da una ditta di Augusta che apparteneva a un ebreo. Quando i nazisti gliela espropriarono e il nuovo proprietario fece pubblicità dicendo che tutto sarebbe andato avanti come prima, mio padre disse: No, da uno che ha portato via qualcosa a un altro, non compro niente. E non fece più acquisti in quella ditta. (…) Ascoltavamo i notiziari stranieri, eravamo ascoltatori assidui, ma dello sterminio nelle camere a gas non abbiamo mai saputo niente. Sapevamo che gli ebrei stavano male, che erano stati deportati, che c’era da temere il peggio, ma in concreto sono venuto a conoscenza di queste cose solo dopo la guerra. (…) Mio padre aveva sempre definito Hitler un criminale, ma questa era una dimensione del tutto nuova, inimmaginabile, che fece apparire tutto ancora più spaventoso.

 

LA STORIA/2 – CHIESA CATTOLICA TEDESCA E NAZIONALSOCIALISMO: Adesso le cose vengono dipinte come se tutta la Chiesa fosse stata uno strumento dei nazisti. Noi l’abbiamo davvero vista oppressa – non voglio dire perseguitata – e come luogo di resistenza. (…) Sapevamo che la Chiesa era stata l’unica forza che aveva opposto resistenza. Certo, non si trattò di resistenza attiva, non ci furono azioni rivoluzionarie. Ma era molto chiaro che, dopo la guerra, la prima cosa che i nazisti avrebbero eliminato sarebbe stata la Chiesa cattolica e che la tolleravano perché durante il conflitto avevano bisogno di tutte le risorse disponibili. Il pensiero che la Chiesa fosse in qualche modo compartecipe non ci ha mai sfiorato. E’ una ricostruzione successiva.

 

LA STORIA/3 – CHIESA CATTOLICA TEDESCA, ‘CRISTIANI TEDESCHI’ E NAZIONALSOCIALISMO – I ‘cristiani tedeschi’ (Deutsche Christen) erano un gruppo luterano tedesco fondato nel 1930. Nelle elezioni ‘pastorali’ del 1933 ottenne il 73% dei voti dei luterani tedeschi. Negli Anni Settanta Joseph Ratzinger descrisse con grande acutezza ciò che accadde in Germania, aggiungendovi una riflessione a largo raggio: “Il fenomeno dei "Cristiani Tedeschi" mette in luce il tipico pericolo al quale si trovava esposto il protestantesimo nei confronti dei nazisti. La concezione luterana dì un cristianesimo nazionale, germanico, anti-latino, offrì a Hitler un buon punto di aggancio, alla pari della tradizione di una Chiesa di Stato e della fortissima sottolineatura dell'obbedienza nei confronti dell'autorità politica, che è di casa presso i seguaci di Lutero. Proprio per questi aspetti il protestantesimo tedesco fu molto più esposto del cattolicesimo alle lusinghe di Hitler. Un movimento aberrante come i Deutsche Christen non si sarebbe potuto formare nell'ambito del concetto cattolico di Chiesa. All'interno di quest'ultima, i fedeli si trovarono ben più facilitati a resistere alle dottrine naziste. Si vide anche allora ciò che la storia ha sempre confermato: come male minore, la Chiesa cattolica può venire tatticamente a patti con i sistemi statali anche oppressivi, ma alla fine si rivela una difesa per tutti contro le degenerazioni del totalitarismo. Non può, infatti, per sua natura - a differenza delle Chiese nate dalla Riforma - confondersi con lo Stato, deve opporsi necessariamente a un governo che voglia costringere i battezzati in una sola visione del mondo”.

 

Torniamo allora alla risposta sul tema contenuta nelle “Ultime considerazioni”: C’erano i ‘cristiani tedeschi’ – oggi non lo sa più nessuno – che erano completamente dominanti. E’ vero che anche mio padre a volte brontolava che il cardinale Faulhaber (NdR: cardinale-arcivescovo di Monaco e Frisinga) non era abbastanza esplicito nel condannare i nazisti, ma era comunque un testimone contro di loro. Dai documenti del ginnasio di Traunstein risulta che i nazisti dissero: In questo seminario domina lo spirito Faulhaber, cioè lo spirito antipopolare e così via. Faulhaber era la quintessenza di quanto i nazisti esecravano. Anche mio padre sentiva che i vescovi avrebbero dovuto essere più chiari. C’erano temperamenti diversi, d’accordo. Ma non abbiamo mai avuto la sensazione che la Chiesa avrebbe aderito al nazismo.

 

MOZART E BACH/ PEZZI PREFERITI: (Per Mozart) c’è un quintetto per clarinetto che mi piace molto. Poi naturalmente la Messa dell’Incoronazione, che amo fin dall’infanzia e, in particolare, il Requiem, il primo concerto che ho sentito in vita mia, a Salisburgo. E ancora Eine kleine Nachtmusik. Da bambini cercavamo di suonarla a quattro mani al pianoforte. Tra le opere direi Il flauto magico e DonGiovanni. Di Bach anzitutto la Messa in Si minore. Per Natale ho chiesto a mio fratello una nuova registrazione. Poi, ovviamente, la Passione secondo Matteo.

LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO EUCARISTICO: E’ un’esperienza così emozionante che si resta sempre colpiti e si è presi completamente dall’evento straordinario che sta avvenendo sull’altare: la presenza del Signore stesso, il pane che non è più pane, ma il corpo di Cristo.

 

GIOVANNI PAOLO II E LA ‘OSTPOLITIK’ DI CASAROLI: Ne parlavamo (NdR: papa Wojtyla e il cardinal Ratzinger). Era chiaro che la politica di Casaroli, per quanto attuata con le migliori intenzioni, era fallita. La nuova linea perseguita da Giovanni Paolo II era frutto della sua esperienza personale, del contatto con quei poteri. Naturalmente allora non si poteva sperare che quel regime crollasse presto, ma era evidente che, invece di essere concilianti e accettare compromessi, bisognava opporsi con forza. Questa era la visione di fondo di Giovanni Paolo II, che io condividevo.

 

CONCILIO E LITURGIA: Io sono felice delle riforme del Concilio, quando sono accolte onestamente, nella loro vera sostanza. Tuttavia si sono diffuse anche molte idee balzane e derive distruttive a cui bisognava porre un freno. Non certo in San Pietro, dove abbiamo cercato di mantenere inalterata la liturgia. La comunione in bocca non è un’imposizione, io ho sempre praticato entrambe le forme. Siccome però sulla piazza ci sono così tante persone che potrebbero fraintendere, che per esempio s’infilavano l’ostia in tasca, mi sembrava che questo fosse un segnale giusto.

 

LA ‘SPORCIZIA’ NELLA CHIESA (‘VIA CRUCIS’  DEL VENERDI’ SANTO 2005 al COLOSSEO): (si riferiva agli abusi sessuali?) C’erano anche quelli, ma ho pensato a tante cose. Un cardinale della Congregazione per la Dottrina della fede viene a conoscenza di così tanti particolari, perché tutti gli scandali arrivano lì, che bisogna possedere una grande forza d’animo per sopportare. Che nella Chiesa ci sia della sporcizia è cosa nota, ma quello che deve digerire il capo della Congregazione per la Dottrina della fede va molto oltre e pertanto volevo semplicemente pregare il Signore che ci aiutasse.

 

GIOVANNI PAOLO II E IL CASO DEGLI ABUSI SESSUALI: (non l’ha affrontato con sufficiente aggressività?) Dipende sempre dalle informazioni che si hanno. Quando fu sufficientemente informato e vide cosa stava accadendo, fu assolutamente convinto che bisognava affrontare la situazione con polso. La realtà è che sulla base del diritto canonico vigente non era possibile comminare grosse punizioni. Io dissi che avevamo bisogno di emendamenti. Il Papa mi concesse immediatamente mano libera. Abbiamo creato nuove norme e strutture giuridiche. Solo così si poteva affrontare la questione.

 

EUROPA E ANNUNCIO DELLA PAROLA: Noi non sappiamo come si evolverà l’Europa, fino a che punto sarà ancora Europa, se altri strati di popolazione le daranno una nuova struttura. Ma annunciare questa Parola che ha in sé la forza di costruire il futuro, di dare un senso alla vita delle persone, e insegna a viverla, è assolutamente necessario e va fatto a prescindere da qualsiasi stima di successo. Gli apostoli non potevano svolgere alcuna indagine sociologica per stabilire se la cosa avrebbe funzionato o meno, ma dovevano fidarsi della forza intrinseca di questa Parola. (…) La Parola del Vangelo può naturalmente scomparire dai continenti. Vediamo già come quelli che fecero da culla al cristianesimo, l’Asia minore e il Nordafrica, non siano più cristiani. Può anche scomparire in territori dove prima era importante. Ma non si può rinunciare a diffonderla, non può diventare insignificante.

 

DIALOGO CON I PROTESTANTI: Nel caso dei protestanti direi che il vero grande problema è la frammentazione interna. Si discute sempre solo con una realtà parziale del protestantesimo, la quale a sua volta è in contrasto con le altre realtà. I protestanti stanno vivendo una grave crisi, com’è risaputo. La delusione naturalmente è lecita, ma chi conosce la realtà non dovrebbe aspettarsi che un’ unificazione delle Chiese nel senso autentico della parola sia realizzabile. (…) Rispetto a prima abbiamo certamente fatto progressi. D’altra parte anche la Chiesa protestante tedesca sta vivendo una grave crisi. Dove sta andando? In che cosa si può modernizzare? Che cosa deve conservare? Qui ci sono forze agli estremi opposti, alcune già molto vicine a noi ed altre che si allontanano sempre di più.

 

LA CHIESA CATTOLICA TEDESCA: In Germania abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di fede. Credo che questo rappresenti il grande pericolo della Chiesa in Germania: ci sono talmente tanti collaboratori sotto contratto che l’istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana.

 

CHIESA E BENI MONDANI: Il Vaticano possiede troppi beni? Non lo so. Noi dobbiamo fare molto per i Paesi più poveri, bisognosi del nostro aiuto: ma c’è l’Amazzonia, c’è l’Africa e via di seguito. Il denaro ci deve essere soprattutto per poterlo dare, perché serva a qualcosa; ma, per poter spendere, da qualche parte deve pur entrare, cosicché non so bene cosa avremmo potuto cedere. Credo che se lo debbano chiedere soprattutto le Chiese locali, cominciando da quella tedesca.

 

LOBBY GAY: Effettivamente mi fu indicato un gruppo, che nel frattempo abbiamo sciolto. Era appunto segnalato nel rapporto della commissione dei tre cardinali che si poteva individuare un piccolo gruppo di quattro, forse cinque persone. L’abbiamo sciolto. Se ne formeranno altri? Non lo so. Comunque il Vaticano non pullula certo di casi simili.

 

‘SVOLTA EPOCALE’ CON FRANCESCO? Le ripartizioni temporali sono sempre state decise a posteriori: solo in un secondo tempo si è stabilito che qui iniziava il Medioevo o là cominciava l’età moderna. (…) Per questo ora non azzarderei una simile affermazione. Tuttavia è evidente che la Chiesa sta abbandonando sempre più le vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto e in lei vivono nuove forme. E’ chiaro soprattutto che la scristianizzazione dell’Europa progredisce, che l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società. Di conseguenza la Chiesa deve trovare una nuova forma di presenza, deve cambiare il suo modo di presentarsi. Sono in corso capovolgimenti epocali, ma non si sa ancora a che punto si potrà dire con esattezza che comincia uno oppure l’altro.

 

PROFEZIA DI MALACHIA: BENEDETTO XVI ULTIMO PAPA, ALMENO NELLA FORMA CONOSCIUTA FIN QUI? Tutto può essere. Probabilmente questa profezia è nata nei circoli attorno a San Filippo Neri. A quell’epoca i protestanti sostenevano che il papato fosse finito e lui voleva solo dimostrare, con una lista lunghissima di Papi, che invece non era così. Non per questo, però, si deve dedurre che finirà davvero. Piuttosto che la sua lista non era ancora abbastanza lunga!

 

P.S. Nell’articolo precedente “Lo strano caso attorno alla cacciata di Ettore Gotti Tedeschi” ci siamo riferiti alla risposta di Benedetto XVI, sempre in “Ultime conversazioni”,  riguardante quanto successo nel 2012-13 presso l’Istituto per le opere di religione (IOR).