LEONE XIV: GAZA E …NATO (?) – VESCOVI CEI: AREE INTERNE DA RIVITALIZZARE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 settembre 2025
Buon onomastico a papa Leone XIV, che ha rilasciato martedì 16 settembre a Castelgandolfo alcune dichiarazioni sulla situazione a Gaza, richiamando con forza la tragedia nell’Appello durante l’udienza generale di mercoledì 17. Dichiarazioni del Papa anche su Nato e Russia, ma in questo caso sorgono spontanee alcune domande. Una vibrante ‘Lettera aperta’ dei vescovi della Cei a Governo e Parlamento sul tema dello spopolamento delle aree interne italiane.
PAPA LEONE XIV: CONSIDERAZIONI SU GAZA ALL’USCITA DA VILLA BARBERINI A CASTEL GANDOLFO, 16 settembre 2025
Dopo una giornata a Castel Gandolfo papa Prevost (buon onomastico odierno!) è tornato ieri sera, martedì 16 settembre 2025, dentro le Mura leonine. Uscendo da Villa Barberini ha risposto a domande dei giornalisti prima sulla situazione a Gaza, poi su quanto dichiarato dal portavoce presidenziale Dimitri Peskov sulla NATO in guerra con la Russia (per quest’ultimo tema vedi più oltre)
.(su Gaza e sull’esodo forzato della sua popolazione): “Tanti non sanno dove andare… e quindi è una preoccupazione. Ho parlato anche con i nostri lì, con il parroco (NdR: padre Romanelli) ... loro per adesso vogliono resistere, però bisogna veramente cercare un’altra soluzione”.
PAPA LEONE XIV: DALL’UDIENZA GENERALE DEL 17 SETTEMBRE 2025, APPELLO PER GAZA – piazza San Pietro
. “Esprimo la mia profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre. Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato: ’Non ucciderai’ (Es 20,13) e al cospetto dell’intera storia umana, ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e da custodire. Rinnovo l’appello al cessate-il-fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica negoziata, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale. Invito tutti ad unirsi alla mia accorata preghiera, affinché sorga presto un’alba di pace e di giustizia”.
E’ stato quello di papa Leone XIV ancora una volta un appello accorato, chiaro e inequivocabile. Anche se si è guardato bene dal citare Israele.
PAPA LEONE XIV: CONSIDERAZIONI SU NATO E RUSSIA ALL’USCITA DA VILLA BARBERINI A CASTEL GANDOLFO, 16 settembre 2025
. (sulle dichiarazioni di Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, 15 settembre 2025: “La Nato è di fatto in guerra con la Russia, questo è evidente e non ha bisogno di prove. La Nato fornisce supporto sia indiretto che diretto a Kiev”): “La Nato non ha cominciato nessuna guerra. I polacchi sono preoccupati perché sentono che il loro spazio aereo è stato invaso, è una situazione molto tesa, molto difficile”. (Preoccupato?) “Certamente, sì, sì”.
Sull’opportunità di queste ultime dichiarazioni geopolitiche di papa Leone XIV (che non a caso hanno suscitato l’entusiasmo in primo luogo dei catto-bellicisti e ultrà quirinalizi del Pd) a proposito della guerra di Ucraina è lecito porsi qualche domanda. Sappiamo che Robert Francis Prevost privilegia la sostanza, anche se è attento alla forma. E’ chiaro che formalmente la Nato non ha dichiarato guerra alla Russia, ma è da anni che essa è impegnata a indebolire scientificamente e pervicacemente la stessa Russia, giungendone fin sulla porta di casa. Ricordate quello che diceva papa Francesco, giustamente, sull’ “abbaiare della Nato alla porta della Russia” (vedi intervista pubblicata dal ‘Corriere della Sera’ al suo direttore Luciano Fontana pubblicata il 3 maggio 2022), come possibile concausa della guerra in Ucraina? Certo l’apporto fondamentale della Nato in funzione anti-russa si manifesta anche alimentando nell’opinione pubblica – una vera follia da irresponsabili meritevoli di processo militare per terrorismo mediatico - una psicosi insidiosissima e destabilizzante per la quale Mosca viene considerata come il nemico pronto ad attaccare l’Europa. Concretamente il sostegno e lo stimolo della Nato in funzione anti-russa lo si può constatare facilmente ogni giorno seguendo le cronache riguardanti le iniziative belliche ucraine ben all’interno del territorio russo. La Santa Sede, poi, si pone come possibile mediatrice tra le parti in causa. Dichiarazioni come quella rilasciata da papa Leone XIV ai giornalisti martedì 16 sera non sembrano giovare all’immagine diplomatica della Santa Sede. Sono dichiarazioni a braccio su materia molto delicata, modalità di comunicazione che in passato ha procurato non pochi guai alla Segreteria di Stato. C’è da augurarsi che la storia non si ripeta anche con papa Leone XIV. Insomma: passi per i ‘Forza Roma!’, ma l’argomento Ucraina/Nato è di uno spessore galatticamente superiore. Si può dunque legittimamente pensare che, per un Papa, dare l’impressione di appiattirsi sulle tesi della Nato (si noti comunque che già nel 2022 Prevost, non ancora cardinale, si era espresso in Perù chiaramente su Ucraina e Russia) non giovi alla causa per cui si batte, quella della pace.
VESCOVI ITALIANI: RIVITALIZZARE LE AREE INTERNE, NIENTE EUTANASIA – UN DOCUMENTO MOLTO CHIARO, DECISO E PROPOSITIVO PRESENTATO IN FORMA DI ‘LETTERA APERTA’ AL GOVERNO MELONI E AL PARLAMENTO
Secondo le statistiche sono oggi 13 milioni gli italiani che vivono nelle cosiddette ‘aree interne’ del Paese, in buona parte appenniniche. Nell’ultimo decennio hanno perso circa 700mila unità. E’ uno spopolamento aggravato dall’invecchiamento della popolazione e dalla denatalità scesa ai minimi storici. E’ un tema di cui Rossoporpora.org ha riferito un paio di settimane fa, occupandosi dell’annuncio fatto a Filettino il 31 agosto 2025 dall’arcivescovo Vincenzo Paglia di un programma-pilota di aiuto agli anziani con coinvolgimento giovanile elaborato per i Comuni del Parco dei Monti Simbruini (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/cultura/1249-filettino-pompili-cittadinanza-paglia-ia-e-progetto-anziani.html ).
L’argomento è da tempo all’attenzione anche dei vescovi italiani, stimolati in particolare dagli studi intrapresi a partire dal 2019 dall’arcidiocesi di Benevento. E’ così che una trentina di vescovi di diocesi di ‘area interna’ si ritrovano annualmente per riflettere su un problema che coinvolge per le sue conseguenze il Paese intero. Quest’anno l’incontro si è svolto il 25 e il 26 agosto a Benevento, con la partecipazione anche del presidente della Cei cardinale Matteo Maria Zuppi. Al centro della discussione il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne 2021-27 aggiornato (con approvazione governativa del 25 marzo) pochi mesi fa. Che all’obiettivo 4 così recita:
Obiettivo 4: Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile. Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita».
E’ un passo questo che sembra prefigurare una morte certa per una parte non trascurabile dei 4mila Comuni italiani situati in ‘aree interne’(molti al centro-sud).
Una morte che i vescovi italiani non possono accettare nel suo determinismo darwiniano. E’ nato così il documento della Cei, dal titolo “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, sottoscritto fin qui da quasi 150 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati - in gran parte ordinari dei territori di ‘area interna’ di 11 regioni. Primo firmatario l’iniziatore della discussione sul tema, l’arcivescovo di Benevento Felice Accrocca, seguito dal cardinale presidente Matteo Maria Zuppi. Di quest’ultimo l’invito pressante fatto a Benevento a proposito di anziani: “La loro vita – ha esortato – sia protetta e garantita anche nei luoghi più piccoli”. Del testo riproduciamo alcuni passi significativi.
. Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali – e in particolare i piccoli centri periferici – alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.
. La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che “la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive” (p. 45). Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di “combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità” (ivi). Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse”. In sintesi, il sostegno per una morte felice.
. In questo quadro complesso – e preoccupante! –, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale. (…)
. Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: “Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele” (Ez 3,17). Non possiamo del resto non considerare come, nel corso degli anni, documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali.
. Chiediamo perciò che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne. Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese. Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico.
. Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.
. In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio – per nulla ipotetico – di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto.
