GUARDIA SVIZZERA/ GRAF: PER UN CRISTIANO LA FEDE NON E' UN'OPZIONE

GUARDIA SVIZZERA/GRAF: PER UN CRISTIANO LA FEDE NON E’  UN’OPZIONE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 maggio 2019

 

Alcuni echi del Giuramento della Guardia Svizzera Pontificia: l’udienza papale, la santa Messa plurilingue in San Pietro, la cerimonia nel cortile di San Damaso. Un discorso vibrante del colonnello Christoph Graf. Il Ticino ospite d’onore. La nuova caserma.

 

Anche quest’anno il tradizionale Giuramento della Guardia Svizzera Pontificia (GSP) si è rivelato occasione di riflessione profonda di carattere spirituale e identitario. Un contributo importante a tale riflessione è venuto dalle parole pronunciate dal colonnello Christoph Graf in apertura della cerimonia pomeridiana del 6 maggio nel cortile di San Damaso. Non è stata una sorpresa, considerati i precedenti dell’attuale comandante della Guardia, che ad esempio il 6 maggio del 2017 già aveva interpellato i cristiani sul loro atteggiamento verso alcuni temi fondamentali della quotidianità: “E che cosa dire della vita non nata o dell’eutanasia? Sono due temi dei quali non si parla volentieri. L’aborto è diventato un fatto normale nella società attuale e purtroppo viene accettato in silenzio dalla maggior parte delle persone, anche da noi cristiani. L’aiuto attivo alla morte è ancora in una fase iniziale, ma temo il peggio. Che cosa accadrà in futuro, quando lo Stato economicamente non riuscirà più ad occuparsi delle persone anziane, dei malati incurabili o degli invalidi? Non esiste forse il pericolo che le persone che per lo Stato costituiscono solo un costo possano essere costrette all’eutanasia? (…) Dov’è la voce di noi cristiani?” (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/694-guardia-svizzera-una-rosa-per-francesco-la-sveglia-di-graf.html )

Ma andiamo con ordine, cercando di cogliere quanto (secondo noi) di interessante è emerso nell’annuale commemorazione dei fatti luttuosi e gloriosi del 6 maggio 1527, allorché morirono in difesa di papa Clemente VII 147 dei 189 soldati svizzeri nella Roma saccheggiata dai lanzichenecchi al servizio dell’imperatore Carlo V.

 

GLI INVITI DI PAPA FRANCESCO DURANTE L’UDIENZA ALLA GUARDIA SVIZZERA NELLA SALA CLEMENTINA (4 MAGGIO 2019)

 

. Durante il vostro soggiorno a Roma, voi siete chiamati a testimoniare la vostra fede con gioia, affinché le molte persone che incontrate, specialmente agli ingressi della Città del Vaticano, possano essere favorevolmente impressionati dallo spirito con il quale svolgete il vostro lavoro. A ciascuno di voi chiedo questo: fate in modo che quanti incontrate nel vostro quotidiano servizio, membri della Curia, colleghi di lavoro nei vari ambiti del Vaticano, pellegrini o turisti, possano scoprire anche attraverso di voi l’amore di Dio per ogni uomo. Questa è la prima missione di ogni cristiano!

. È necessario essere forti, sostenuti dalla fede in Cristo, nostro Salvatore. Occorre essere testimoni e apostoli di rinnovamento personale e comunitario, perché la gente attende da coloro che sono al servizio della Santa Sede dedizione totale e santità di vita, che potete conseguire sia mediante il vostro servizio, sia mediante l’esperienza comunitaria. La realtà della caserma insegna alcuni principi etici e spirituali, che riflettono molti dei valori che vanno perseguiti anche nella vita: il dialogo, la lealtà, l’equilibrio nei rapporti, la comprensione. Vi è data la possibilità di sperimentare momenti di gioia e inevitabili momenti di difficoltà, tipici di una esperienza collettiva. Ma soprattutto avete l’opportunità di costruire sane amicizie e allenarvi al rispetto delle peculiarità e delle idee altrui, imparando a riconoscere nell’altro un fratello e un compagno con cui condividere serenamente un tratto di strada. Ciò vi aiuterà a vivere nella società con l’atteggiamento giusto, riconoscendo la diversità culturale, religiosa e sociale come ricchezza umana e non come una minaccia (NdR: mai e poi mai l’altro può essere una minaccia, dato che è sempre – per dirla con la Boldrini – una ‘risorsa’, come dimostrano la storia – vedi ad esempio lo stesso Sacco di Roma del 1527 – e la cronaca quotidiana...)

 

LA SANTA MESSA PIU’ ‘SVIZZERA’ CHE ESISTA (BASILICA DI SAN PIETRO, 6 MAGGIO 2019)

 

La Messa del primo mattino è indubbiamente l’occasione di vivere un momento di alta spiritualità e di profonda identità elvetica. Anche quest’anno davanti allo sfavillante Altare della Cattedra sono risuonate preghiere nelle quattro lingue nazionali, oltre a quella latina. Presieduta dal vicario della Basilica di San Pietro, il vescovo Vittorio Lanzani (in sostituzione dell’arciprete, cardinale Comastri, indisposto), la celebrazione eucaristica è stata immediatamente preceduta dall’ingresso della bandiera del Corpo, dei 23 alabardieri che nel pomeriggio avrebbero prestato giuramento, dai tamburini e dai fiati. Ad accompagnare  musicalmente la Messa anche il coro dei ‘Cantori della Turrita’ di Bellinzona (che abbiamo conosciuto più di mezzo secolo fa quando ancora si chiamava dei ‘Piccoli Cantori della Turrita’ ed era diretto dal vulcanico maestro Eros Beltraminelli). Come sempre la celebrazione è stata sobria, austera, spirituale, identitaria… insomma molto intensa, un unicum che certo difficilmente si può ritrovare oggi in patria.

Tra i concelebranti diversi vescovi svizzeri, tra i quali Félix Gmür (presidente della Conferenza episcopale, Basilea), Markus Büchel (San Gallo), Charles Morerod (Losanna, Ginevra, Friburgo), Alain de Raemy (ausiliare della stessa diocesi), Valerio Lazzeri (Lugano), PierGiacomo Grampa (emerito della stessa diocesi), Urban Federer (abate di Einsiedeln).

Dopo il Kyrie e il Gloria (dalla tradizionale Missa de Angelis), l’orazione colletta conteneva molta sostanza: “O Dio, che manifesti agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo….”. Ad ascoltare, oltre alla folla di parenti e amici delle Guardie, alle ex-Guardie, agli ambasciatori svizzeri a Roma (Denis Knobel/Santa Sede e Rita Adam/Quirinale), ai militari venuti dalla Svizzera (come il comandante di Corpo d’Armata Philippe Rebord), ai membri della Fondazione Guardia Svizzera (guidata dall’ex-consigliera federale Ruth Metzler succeduta ai colleghi Pascal Couchepin e, prima ancora, Flavio Cotti), diversi politici tra i quali la presidente del Consiglio Nazionale (Camera dei deputati) Marina Carobbio Guscetti, il presidente del Consiglio degli Stati (Senato) Jean-René Fournier, il presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino (cantone ospite d’onore) con la delegazione ufficiale (nutrita la rappresentanza della polizia cantonale, presso la quale – a Isone - le reclute seguono un corso di formazione). Alla Messa non mancava il consigliere federale, ministro degli esteri elvetico Ignazio Cassis, un grande ammiratore di papa Francesco (che ha incontrato peraltro anche sabato 4 maggio, prima dell’udienza alle Guardie). A Cassis (e naturalmente non solo a lui) sia l’orazione colletta che l’intera santa Messa nei suoi contenuti e nelle sue forme hanno offerto la possibilità ( e chissà che non sia stata colta… le vie del Signore sono infinite) di porsi qualche domanda non banale su certi atteggiamenti pregressi. Un solo esempio: salutando con entusiasmo il primo e molto controverso Gay Pride ticinese, svoltosi a Lugano il 2 giugno 2018, il ministro degli esteri aveva evidenziato tra l’altro che “gli organizzatori e le autorità locali sono stati coraggiosi: hanno infatti mostrato che è possibile organizzare questa manifestazione anche in una regione come la nostra, storicamente contraddistinta da valori più conservatori e d’ispirazione cattolica”.  Insomma… un compiacimento non proprio velato per la picconata ai tradizionali “valori più conservatori e d’ispirazione cattolica” del Ticino. Che invece lunedì 6 maggio si sono fatti apprezzare sotto il Cupolone di San Pietro…

Dell’omelia, scritta dal cardinale Comastri e letta dal vescovo Lanzani, ricordiamo la cronaca dettagliata e incisiva dell’ultimo incontro di Comastri con Madre Teresa (Dio ci giudicherà in primo luogo a seconda dei contenuti della nostra ‘valigia della carità’) e l’episodio di Napoleone esiliato a Sant’Elena e in preda a una profonda crisi spirituale che lo porterà a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio.

Intensa come sempre la preghiera per la Guardia, letta dal cappellano mons. Thomas Widmer e seguita dal canto dell’Inno nazionale, quattro strofe per quattro lingue. E poi… “Per intercessionem sanctorum Martini, Sebastiani et Nicolai, Patronorum cohortis helveticae, benedicat vos Onnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus…

 

IL GIURAMENTO: ANCORA UN DISCORSO INCISIVO DEL COLONNELLO GRAF

 

Erano 23 nel 2016, 40 nel 2017, 32 nel 2018… quest’anno si è tornati a 23. Certo, come ha sottolineato la già citata Ruth Metzler in una recente intervista alla Radiotelevisione svizzero-tedesca, “non è proprio facile trovare giovani qualificati che siano disponibili a servire il Santo Padre per alcuni anni. Forse ciò dipende dalla buona situazione economica della Svizzera, magari anche dal fatto che abbiamo oggi a che fare con classi d’età numericamente deboli rispetto al passato”. Inoltre “un ruolo viene giocato da quanto accade di positivo e di negativo nella Chiesa. C’è però da dire che l’elezione di papa Francesco è stata accolta molto positivamente e incide sul reclutamento”.

Anche quest’anno, nel cortile di San Damaso, dopo un momento musicale offerto dall’Orchestra dei fiati della Svizzera italiana, alle diciassette in punto i tre trombettieri hanno dato il là alla cerimonia del Giuramento, presenti tra gli altri l’Assessore della Segreteria di Stato mons. Paolo Borgia, il prefetto della Casa Pontificia arcivescovo Georg Gänswein, alcuni cardinali come Gerhard Ludwig Müller, Antonio Maria Vegliò, Walter Brandmüller. Assente invece il cardinale elvetico Kurt Koch, impegnato nella visita papale in Bulgaria e Macedonia del Nord.

Tra i momenti fondamentali della cerimonia il discorso del comandante Christoph Graf, la lettura commentata della formula del giuramento in quattro lingue da parte del cappellano mons. Thomas Widmer, l’esecuzione degli inni vaticano ed elvetico, il giuramento vero e proprio degli alabardieri (12 alemannici, 5 svizzero-italiani, 4 romandi, 2 retoromanci).

Come già in occasioni precedenti il discorso plurilingue del colonnello Graf ha avuto momenti vibranti. Ne citiamo alcuni, che sottoponiamo alle vostre riflessioni:

. Il proposito di diventare Guardia esige dai giovani coraggio. Il coraggio di esporsi. Solo pochi tra i propri conoscenti riescono a capire la decisione di impegnarsi, dopo aver concluso la formazione professionale o la maturità e aver superato la scuola reclute, per almeno 26 mesi con la Guardia Svizzera Pontificia. Di far parte di un Corpo che opera in Vaticano, al centro della Chiesa cattolica, e che ha come compito principale la corresponsabilità per la sicurezza del Santo Padre.

. Ogni Guardia sa che con la sua divisa multicolore viene vista da migliaia di pellegrini e di turisti. E questa famosa divisa impone degli obblighi. È evidente che le Guardie vengano collegate anche con la fede cattolica. E qui serve coraggio. Il coraggio di professare la nostra fede. Il coraggio di confrontarsi con le questioni di fede

. Di fatto, da noi nella Guardia la fede non è solo parlata, ma cerchiamo anche di viverla e, fatto che ritengo molto importante, da noi si prega pure. E l'efficacia della preghiera si fa vedere. Nel nostro Corpo ci sono tranquillità, pace, armonia e, cosa che considero molto interessante, quasi ogni anno ci lascia una Guardia che segue la chiamata di Dio, ovvero entra in seminario o in un ordine religioso. Non temete: noi Guardie siamo tutte persone normali. Persone con punti di forza e debolezze.

. Durante i nostri esercizi spirituali, all'inizio della Quaresima, il sacerdote ha posto alle Guardie, cresciute di fatto in un ambiente non più tanto religioso, una domanda importante e decisiva: "Crediamo ancora?".  Sebbene ogni anno durante la veglia pasquale i fedeli vengano invitati a rinnovare le promesse battesimali, dubito che tutti capiscano ciò che si chiede loro. Rinnovare il battesimo significa un "sì" chiaro edesplicito alla fede nel Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma al giorno d'oggi chi ha ancora il coraggio di farsi davvero riconoscere come cristiano o di esporsi per la propria fede? Quando è stata l'ultima volta che avete parlato di Gesù Cristo in famiglia o con i colleghi?

. Signore e Signori, tirate fuori anche voi il coraggio, come quello chiesto dal Santo Padre alle Guardie, per professare la fede cristiana e nostro Signore Gesù Cristo e far percepire agli altri questo essere cristiani nella vita quotidiana. Per noi cattolici la fede non può essere solo un'opzione.

 

LA NUOVA CASERMA

 

Ancora un’annotazione. Come è noto, da tempo si parla della necessità di una ristrutturazione del ‘Quartiere svizzero’ a Porta Sant’Anna, dentro le mura vaticane. Oggettivamente la caserma odierna (composta di tre edifici ottocenteschi) è in condizioni non certo adeguate – vedi ad esempio la grande umidità - alle odierne esigenze ambientali, non offrendo neppure più la possibilità di alloggio per l’intero Corpo, che dovrebbe accrescersi da 110 a 135 unità. Anzi: avendo concesso papa Francesco anche alle guardie la possibilità di sposarsi (e non solo ai graduati), è facile prevedere la formazione di diverse nuove famiglie, con le conseguenze abitative connesse.  Nel 2016 è stata creata una Fondazione per il restauro: presieduta da Jean-Pierre Roth (ex-presidente della Banca nazionale svizzera) ha un comitato di patronato (per la ricerca di fondi) alla cui testa troviamo l’ex-consigliera federale Doris Leuthard.

Il progetto (demolizione della caserma odierna e costruzione di un nuovo complesso di edifici) è stato elaborato dagli architetti ticinesi Pia Durisch e Aldo Nolli. La superficie interessata è di 14.200 metri quadrati, il volume di 50.000 metri cubi. L’intenzione è quella di costruire un ambiente, con due edifici (e non più tre), che si presenti come un misto di caserma e studentato, molto luminoso. La facciata che dà su via di Porta Angelica (territorio italiano) sarà mantenuta, così come l’attuale cortile d’onore. I lavori dovrebbero durare circa quattro anni.

La spesa prevista (comprendente anche gli oneri per l’alloggio provvisorio delle guardie) si aggira attorno ai 55 milioni di franchi (43 milioni di euro). Il compito (arduo) di reperire i fondi necessari spetta soprattutto alla Fondazione, mentre tutto ciò che riguarderà appalti e edilizia sarà deciso dal Vaticano (che ha dato il suo nulla-osta tramite il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin). L’intero dossier non ha fatto – come era facile prevedere – il pieno di consensi in patria: un po’ per la forte secolarizzazione della società elvetica, un po’ per l’ammontare della spesa. Tuttavia si nutre una ragionevole speranza di riuscire a raccogliere la somma necessaria. E, se del caso, si farà appello anche all’aiuto dell’intera Chiesa cattolica.