16 MAGGIO 2010: STRETTI ATTORNO A BENEDETTO XVI

ROSSOPORPORA DI APRILE 2010 SU 'IL CONSULENTE RE ONLINE'

Sulla questione pedofilia e sugli attacchi a papa Ratzinger i cardinali Bertone, Sodano, Kasper, Brady, Schönborn, Vingt-Trois, Scola e Scherer. Il cardinal Tucci e Benedetto XVI. Il cardinale Dziwisz e i funerali del presidente polacco Lech Kaczynski. L'Ostensione della Sindone e il cardinal Poletto. Chiesa a Cuba secondo il cardinal Ortega. Il cardinal Bertone e il bicentenario dell'indipendenza dell'America latina. La morte del cardinal Spidlik

 

 

Per il 16 maggio 2010 associazioni e movimenti cattolici italiani hanno convocato a Roma una grande manifestazione di sostegno a papa Benedetto XVI, al timone della Barca di Pietro in un mare in tempesta a causa dei comportamenti inaccettabili di alcuni ufficiali e marinai. La guida con coerenza nel rigore verso chi, preso dal demone della malattia, ha rovinato le vite di non pochi bambini e adolescenti; e verso chi erroneamente e colpevolmente non solo ha 'coperto' lo scandalo per paura di conseguenze gravi per il buon nome della Chiesa, ma addirittura a volte ha trasferito i pedofili in altre parrocchie lontane, lasciandoli a contatto con i giovani. Che tra i pedofili ci fossero anche vescovi (già era successo qualche anno fa in Austria, ora in Norvegia e in Belgio...ma chi li ha scelti?) aggiunge per così dire vergogna a vergogna. E ben si comprende "il dolore molto grande per il Papa", come ha rilevato durante la visita in Cile il cardinale Tarcisio Bertone, per quanto è successo.

Naturalmente a nessuno sfugge come i casi di pedofilia nella Chiesa abbiano offerto l'occasione a lobbies varie (quella dei laicisti in servizio permanente e spesso interessati al profitto economico per conto dei loro padroni, l'altra degli avvocati in cerca di milioni, infine quella di certi cattolici 'del dissenso' vogliosi di una Chiesa 'moderna') di attaccare – tramite buona parte del sistema massmediatico – il cattolicesimo, prendendo a bersaglio un Papa che non si stanca di ribadire i 'valori irrinunciabili'. Vere e proprie aggressioni verbali, irrisioni volgari e dissacranti per mezzo di vignette vergognose, intimidazioni continue: e le accuse hanno effetti devastanti - soprattutto ma non soltanto - sui giovani, in tempi già di per sé difficili a causa del dilagare del relativismo e del nichilismo. Accuse grottesche tanto più che spesso vengono da ambienti che si sono levati compatti a difesa del regista stupratore Roman Polanski e/o che hanno teorizzato e teorizzano la massima libertà sessuale (si pensi a Daniel Cohn Bendit, leader storico del Maggio parigino che ha confessato di aver messo in pratica tali insegnamenti o a certe dichiarazioni radicali sul fatto che "la pedofilia al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, non può essere considerata un reato" – vedi Radio Vaticana del 5 dicembre 2001). Senza parlare poi dell'odierno clima culturale (vedi pubblicità, vedi certe trasmissioni televisive) che stimola indirettamente la pedofilia: o forse non è vero che in certe pubblicità, in certe trasmissioni televisive i bambini vengono trasformati in esseri il più possibile seducenti in vista di un beneficio economico per enti e ditte, magari anche solo per alzare l'audience? Che dire poi del persistere (i clienti sono sempre tanti) del turismo 'sessuale' in ben noti Paesi asiatici?

Su quanto successo riportiamo qui alcune tra le riflessioni cardinalizie pubblicizzate a mezzo stampa. Durante la messa di Pasqua (4 aprile) in Piazza San Pietro il cardinale Angelo Sodano, decano, si è inusualmente rivolto al Papa: "Con Lei sono i cardinali, Suoi collaboratori nella Curia Romana. Con Lei sono i confratelli vescovi sparsi per il mondo (...). Sono particolarmente con Lei in questi giorni quei quattrocentomila sacerdoti che servono generosamente il popolo di Dio nelle parrocchie, negli oratori, nelle scuole, negli ospedali e in numerosi altri ambienti, come pure nelle missioni, nelle parti più remote del mondo". Inoltre, "Padre Santo, è con Lei il popolo di Dio, che non si lascia impressionare dal chiacchiericcio del momento, dalle prove che talora vengono a colpire la comunità dei credenti". Lo stesso ottantaduenne porporato, in un'intervista di prima pagina de L'Osservatore Romano apparso in data martedì-mercoledì 6-7 aprile, ha aggiunto: "Dietro gli ingiusti attacchi al Papa ci sono visioni della famiglia e della vita contrarie al Vangelo. Ora contro la Chiesa viene brandita l'accusa della pedofilia. Prima ci sono state le battaglie del modernismo contro Pio X, poi l'offensiva contro Pio XII per il suo comportamento durante l'ultimo conflitto e infine quella contro Paolo VI per l'Humanae vitae".

In un'intervista a Repubblica del 4 marzo il cardinale Walter Kasper aveva così bollato gli atti di pedofilia: "Gli abusi sessuali sui minori da parte di esponenti del clero sono atti criminali, vergognosi, peccati mortali inammissibili. Azioni ignobili tra le più oscure della Chiesa. Fa bene il Santo Padre a fare chiarezza, pretendendo la tolleranza zero verso chi si macchia di colpe tanto gravi".

Il 17 marzo, nell'omelia per la festa di san Patrizio (patrono d'Irlanda) nella cattedrale di Armagh, il cardinale Sean Brady, a proposito del suo silenzio chiesto e ottenuto quand'era un giovane sacerdote riguardo a due casi di pedofilia di cui era stato messo a conoscenza, ha pronunciato un vero e proprio mea culpa: "Questa settimana è emerso un doloroso episodio del mio passato. Ho ascoltato le reazioni della gente al mio ruolo in avvenimenti di 35 anni fa. Voglio dire a chiunque si sia sentito ferito da una mia manchevolezza che chiedo perdono dal più profondo del cuore. Chiedo perdono anche a quanti sentono che li ho delusi. Guardandomi indietro, mi vergogno di non avere sempre tenuto fede ai valori che professo e in cui credo".

Nella Settimana santa, il mercoledì sera, il cardinale Christoph Schönborn ha celebrato nel duomo di Santo Stefano la "messa della colpa e del pentimento dei peccati" (oltre tremila i presenti). Nell'omelia l'arcivescovo di Vienna ha detto tra l'altro: "In quanto è accaduto ho visto troppa Chiesa e troppo poco Gesù Cristo. Denuncio i colpevoli della morte interiore di altri". Proseguendo ha affermato: "Abbiamo nascosto i fatti, abbiamo dato più importanza alla sicurezza, al potere, all'apparenza che ad altre cose. Riconosciamo la nostra colpa e siamo pronti ad assumerci la nostra responsabilità di fronte alla storia ed al presente". Da pochi giorni il porporato sessantacinquenne aveva annunciato la costituzione di una commissione indipendente per indagare e decidere sui casi di pedofilia venuti recentemente alla luce. I membri della commissione, presieduta dall'ex-governatrice della Stiria Waltraud Klasnic, non potranno essere ecclesiastici

Il Giovedì Santo il cardinale André Vingt-Trois ha rilevato che "l'offensiva che mira a destabilizzare il Papa e, attraverso lui, la Chiesa, non deve mascherare nostre manchevolezze e i nostri eventuali errori". Di certo "la nostra società, che vive nell'esibizione del sesso senza limite, ci obbliga a essere più che mai vigilanti e sobri nel nostro stile di vita". L'arcivescovo di Parigi osserva poi che "dobbiamo anche rilevare l'offensiva dei media audiovisivi che celebrano la Pasqua a loro modo, concentrando nella Settimana Santa le loro critiche alla Chiesa e alla fede cristiana.(...) Chi è meno informato e meno coinvolto nella vita della Chiesa sarà bombardato da messaggi che si presentano come critiche ma che non sono altro che operazioni di propaganda grossolana". Vien da dire che "nei nostri Paesi democratici i cristiani sono ancora cittadini al pari di tutti gli altri, ma non nel trattamento ricevuto dai mezzi d'informazione".

Sempre il Giovedì Santo, al termine della messa crismale, il cardinale Angelo Scola ha letto una dichiarazione in quattro punti sulla questione della pedofilia. Ne segnaliamo due. Il primo: il patriarca di Venezia esprime "sgomento, senso di tradimento e rimorso per l'infanzia violata e ancor più la vicinanza alle vittime e ai loro familiari". Niente "tentennamenti e minimizzazioni", ma bisogna impegnarsi "a rendere conto di ognuno di questi misfatti, decisi a non nascondere nulla". Certamente "la misericordia ed il perdono verso quanti hanno sbagliato implica da parte loro il sottomettersi alle esigenze di piena giustizia". Inoltre "fa parte di un atteggiamento obiettivo rilevare il dato, sottolineato da molte parti anche non cattoliche, che il fenomeno della pedofilia concerne diversi ambienti e varie categorie di persone. Questa notazione non intende sminuire la gravità dei fatti segnalati in ambito ecclesiastico, ma invita a non subire – qualora ci fossero – strategie di discredito generalizzato". Secondo punto: rileva il sessantasettenne porporato che "è fuorviante e inaccettabile mettere in discussione, a partire dai casi di pedofilia in ambito ecclesiastico, il santo celibato che la Chiesa latina domanda, in piena libertà, ai candidati al sacerdozio alla luce di una lunghissima tradizione". E' chiaro che "accogliere liberamente il dono del celibato e percorrerne la via non implica alcuna mutilazione psichica e spirituale". Dato che "per coloro che sono chiamati, la grazia del celibato è strada per una singolare ma compiuta espressione della propria affettività e sessualità".

Il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer, in un'intervista dell'11 aprile al quotidiano O Estado de São Paolo (tradotta a cura de L'Osservatore Romano), ha tra l'altro detto: "Le tristi notizie di questi giorni aiuteranno la Chiesa a purificarsi e a prestare molta più attenzione alla formazione del suo clero. Questa indicazione era stata data da tempo da papa Benedetto XVI, quando era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Per questo motivo considero inaccettabile ed ingiusto che si pretenda ora di dare la responsabilità al Papa per tutto ciò che sta avvenendo. Oltre a essere ridicolo e fuori dalla realtà, è una forma opportunistica per gettare discredito su tutta la Chiesa cattolica". Perché "deve rispondere per i suoi atti dinanzi a Dio e alla società chi li ha commessi. Come ha detto San Paolo: Ognuno esamini se stesso. E chi è in piedi, faccia attenzione a non cadere!".

Sempre l'11 aprile, ma in un'intervista rilasciata a Il Sole 24 ore, il cardinale Angelo Bagnasco ha ribadito che "il crimine odioso della pedofilia (...) è pure un peccato scandalosamente grave che tradisce il patto inscritto nel rapporto educativo: perciò è sempre qualcosa di aberrante e, se commesso da una persona consacrata, acquista una gravità ancora maggiore". Anche per il presidente della Cei "Benedetto XVI (...) ha intrapreso – non da oggi – una severa azione di autoesame che conduca la Chiesa a purificare se stessa da singoli membri che ne hanno dolorosamente offuscato l'immagine e la credibilità". Tuttavia "questa vigorosa opera di pulizia – che comprende ovviamente una leale e corretta cooperazione con la magistratura – non può cancellare la sofferenza e il disincanto delle vittime: bambini e giovani che sono stati traditi nel loro spontaneo affidarsi". Conclude in maniera significativa il sessantasettenne arcivescovo di Genova: "Verso ciascuna delle persone violate, verso le loro famiglie, provo vergogna e rimorso, specie in quei casi in cui non sono state ascoltate da chi avrebbe dovuto tempestivamente intervenire. I casi acclarati di non governo e di sottovalutazione dei fatti, quando non addirittura di copertura, dovranno essere rigorosamente perseguiti dentro e fuori la Chiesa e, come già accaduto in alcuni casi, dovranno avere come effetto l'allontanamento e il dimissionamento delle persone coinvolte".

Il 12 aprile anche il cardinale Julian Herranz, dalle colonne del Corriere della Sera, difende vigorosamente il Papa, evidenziando che qualcuno vuol fargliela pagare: "Come presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e membro della Congregazione per la dottrina della fede sono stato testimone di diversi fatti" riguardanti l'agire del cardinale Ratzinger, poi papa Benedetto XVI. L'ottantenne porporato, già segretario di san Josémaria Escrivà, ne ricorda tre. Il primo: "Nel maggio 2001 il cardinale Ratzinger ha accolto risolutamente la proposta di far rientrare la pedofilia tra i crimini più gravi per rendere ancora più rigorosi e rapidi i relativi processi". Il secondo: "Nel 2005 il Papa diede precise indicazioni per l'indagine processuale riguardante il triste caso del padre Marcial Maciel". Il terzo: "Nel 2009 ha concesso speciali facoltà alle competenti Congregazioni vaticane per affrontare e risolvere i casi di immoralità dei chierici, tra cui gli abusi dei minori".

Ricordando (con lieve anticipo) nel Corriere della Sera del 18 aprile il quinto anniversario dell'elezione di Benedetto XVI, il cardinale Roberto Tucci ha così esordito: "Quando, anni fa, si parlava della sua speranza d'esser messo a riposo, di ritornare ai suoi studi, ho sempre pensato che il desiderio più grande del cardinale Joseph Ratzinger fosse di potersi dedicare alla ricerca di un linguaggio nuovo, ciò che già aveva cominciato a fare con le lezioni raccolte in quel libro magnifico che è Introduzione al cristianesimo: proseguire su quella linea, trovare un linguaggio alto che tuttavia sia comprensibile a tutti, ai semplici fedeli come alla gente in cerca, a chi non crede o a chi crede di non credere". Prosegue l'ottantanovenne gesuita napoletano (nato tra l'altro il 19 aprile): "Avevo già più di ottant'anni e non ero un cardinale elettore, ma nel 2005, se avessi partecipato al conclave, avrei votato senz'altro per lui", perché "mi sembrava la persona più degna". Perciò, "quando venne eletto, pensai subito che sarebbe stato un grande pontificato, un pontificato che avrebbe fatto la storia. Questi cinque anni me lo hanno più che mai confermato".

Per il cardinale Tucci "il Pontefice è convinto che tanti siano in ricerca, ma non trovino una persona che li aiuti a mostrare ciò che c'è già dentro di loro". Certamente "la sua cultura è vastissima, anche se non lo fa mai pesare. E, quando discute, non molla. Ma una cosa è sicura: colui che discute con il Papa si rende conto che il Papa lo capisce, lo ascolta e lo capisce. Anche se non è d'accordo con la sostanza, si sente che ti ha ascoltato e ne tiene conto". Il cardinale è stato "un po' sorpreso" dalla "determinazione" di papa Ratzinger "nel prendere decisioni", osando "anche rischiare se, davanti a Dio e con la preghiera, ritiene di doverlo fare"!

Osserva poi il cardinale Tucci che "sulla questione dei preti pedofili, fin da quand'era cardinale, ha mostrato una capacità di intervento tempestivo, chiaro, anche compromettente". Un esempio? "Quando alla Via Crucis del 2005 disse: Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!". A me, rileva il porporato gesuita, "sembrò un po' esagerato". Eppure "si dovrà dire: aveva ragione lui".

A Joseph Ratzinger, del resto, "il coraggio non è mai mancato". Un altro esempio: "Ai tempi del Concilio, giovane teologo, ispirava il cardinale Josef Frings e contribuiva a scrivere molti dei suoi discorsi: ricordo ancora una sua critica spietata ai metodi del Sant'Uffizio di allora, così dura che il cardinale Ottaviani si offese al punto di andarsene e volere delle scuse!".

In questo numero de "Il Consulente RE" online parliamo molto di Polonia, a partire dalla controcopertina dedicata al profondo lutto nazionale per la tragedia di Smolensk e dall'intervista a Annalia Guglielmi su padre Popieluszko. I funerali del presidente Lech Kaczynski e di sua moglie si sono svolti domenica 18 aprile a Cracovia (dopo che il giorno era stato reso onore alle 96 vittime dell'incidente a Varsavia). La coppia presidenziale è stata sepolta nella cattedrale del Wawel. Accanto ai re e ai grandi eroi della storia polacca. In un'intervista a Avvenire di venerdì 16, il cardinale Stanislaw Dziwisz ne ha spiegato i motivi: "Voglio essere molto chiaro – ha esordito – Non è stata una mia decisione. Io ho accolto il desiderio espresso dai familiari della defunta coppia presidenziale. (...) Non ho trovato ragioni per respingerlo". Chiede l'intervistatore se non sia "esagerata" la sepoltura nel Pantheon polacco. "No, non lo è – risponde l'arcivescovo di Cracovia – Il nostro presidente è morto, mentre si accingeva a compiere un gesto nobile e di grande significato in un luogo come Katyn, che resta una ferita aperta per la Polonia. E' morto da eroe e merita di riposare tra gli eroi". Prosegue il porporato settantunenne: "La sciagura aerea di sabato 10 aprile è una delle più grandi catastrofi subite dalla nostra nazione. Con il presidente sono morte altre 95 persone che rappresentavano il meglio del Paese, vertici militari, associazioni di veterani, familiari delle vittime della strage staliniana del 1940". Tant'è vero che "al Wawel, accanto alla tomba dei Kaczynski ci sarà una pietra con i nomi di tutte le persone decedute nell'incidente aereo, insieme con un po' di terra raccolta nella foresta della morte. Non è una questione politica, è un pezzo di storia, della nostra storia in gran parte tragica, che trova il suo riconoscimento nel Pantheon del Wawel".

I funerali si sono svolti in un clima di grande commozione e alla presenza del presidente russo Medvedev (che ha scambiato il segno della pace con il primo ministro polacco Donald Tusk). Nell'omelia il cardinale Dziwisz ha voluto evidenziare quella che potrebbe essere una svolta nei rapporti russo-polacchi: "Settant'anni fa – ha detto – Katyn allontanò le due nazioni. La verità nascosta sul sangue innocente versato non aiutò a sanare le ferite, ma l'empatia e l'aiuto dei nostri fratelli russi ora hanno riacceso la speranza di riunire le nostre due nazioni slave". Il Requiem di Mozart, l'incessante applauso della grande folla radunata sulla Piazza del Mercato, le migliaia di bandiere polacche e di Solidarnosc con il drappo nero, l'inno nazionale cantato anche dai tanti bambini con una rosa rossa in mano, la salita lenta verso il Wawel, la sepoltura. Così, tra tante lacrime e tanta fierezza, la Nazione polacca ha detto addio al suo presidente.

Dal 10 aprile al 23 maggio Torino offre al pellegrino la possibilità di venerare la Sacra Sindone. Il Papa la venererà il 2 maggio. Il giorno dell'inizio dell'Ostensione, in un'intervista a Avvenire, il custode cardinale Severino Poletto ha ricordato i perché dell'ostensione anticipata rispetto alla scadenza giubilare del 2025. Rileva il porporato settantasettenne che "molti, fedeli e comunità civile, chiedevano la possibilità di vedere la Sindone" e "il 2025 sembrava una data davvero troppo lontana". Inoltre "nel 2002 si è proceduto, con l'autorizzazione del Papa,a un importante restauro: il telo è stato ripulito e sono state rimosse le toppe che cinque secoli fa le Clarisse di Chambéry avevano apposto per riparare le bruciature dell'incendio del 1532". Perciò "questa è anche l'occasione per mostrare per la prima volta al pubblico la Sindone restaurata".

L'arcivescovo di Torino ha evidenziato poi il motto scelto per l'Ostensione: Passio Christi passio hominis, "a sottolineare la simmetria tra la Passione di Cristo – cioè la sua sofferenza e il suo appassionarsi per la sorte dell'umanità – e la sofferenza dell'umanità intera".

Il cardinale Poletto ha infine ricordato i suoi momenti davanti alla Sindone. "La vidi per la prima volta da parroco, nel 1978, dopo una lunga coda. Poi da vescovo. Infine nel 2000 ebbi modo di assistere a una Ostensione destinata agli studiosi convenuti a Torino per un grande convegno". Prosegue ancora commosso il porporato: "Quel giorno la Sindone era priva della teca, 'nuda', diciamo. Chiesi di restare un quarto d'ora da solo. L'emozione fu indescrivibile. Io mi sono davvero sentito al cospetto di Cristo sofferente, morto per me. Le parole non bastano: posso dire solo che sono rimasto commosso nel profondo e sono stato preso da una grande riconoscenza. Fa' – ho detto dentro di me – che fino all'ultimo respiro io possa annunciare il tuo amore".

Il 19 aprile è apparsa nel settimanale dell'arcidiocesi dell'Avana Palabra nueva un'ampia intervista su temi d'attualità al cardinale Jaime Ortega y Alamino. Il colloquio prende spunto da una commemorazione recente cui il presidente Raul Castro aveva invitato "tutte le confessioni religiose presenti a Cuba": ma i rappresentanti della Chiesa cattolica hanno declinato l'invito. Un fatto che ha spinto a porsi tante domande sui rapporti tra Chiesa e governo castrista. L'arcivescovo dell'Avana ha così motivato il rifiuto di partecipare: "Si trattava di commemorare due eventi non in relazione diretta con la Chiesa cattolica". Il primo era "il ventesimo anniversario di una riunione di Fidel Castro con il Consiglio delle Chiese di Cuba, cui i cattolici non appartengono". E il secondo? Si è voluta ricordare "la pubblicazione del libro Fidel y la religion di frei Betto". Anche questo "non è in relazione diretta con la Chiesa, sebbene contenga diverse risposte di Fidel che hanno valore pure oggi, rispetto alle questioni pendenti nei rapporti Stato-Chiesa". Perciò "non abbiamo creduto che tali ragioni giustificassero una convocazione tanto ampia di confessioni religiose, rappresentanti dei culti sincretisti, spiritistici e anche di alcuni membri della massoneria (che non costituisce una religione)".

Il settantatreenne porporato prosegue poi rilevando che Cuba sta vivendo "la situazione più difficile di questo secolo ventunesimo". Parecchie sono le voci che suggeriscono vie nuove (ognuna differente dall'altra), ma alla base di tutte le proposte c'è un minimo comun denominatore: "A Cuba bisogna far presto i cambiamenti necessari per porre rimedio alla situazione".

Naturalmente incombe sempre l'embargo statunitense. A tale proposito ha osservato il cardinale Ortega y Alamino: "Credo che un dialogo tra Cuba e Stati Uniti sarebbe il primo passo necessario per spezzare la catena di criticità in cui ci dibattiamo". Ricorda il presule che quattro anni fa, "all'inizio del suo mandato il presidente Raul Castro ha proposto agli Stati Uaniti un dialogo senza condizioni su tutti i temi, incluso quello dei diritti umani. E la proposta è stata ripetuta in più occasioni". Dalle dichiarazioni fatte in campagna elettorale sembrava che anche Obama fosse d'accordo: "e le aspettative crescevano". Tuttavia, eletto presidente, lo stesso Obama ha scelto di "rispettare il vecchio schema dei governi precedenti: se Cuba cambiasse la sua politica dei diritti umani, allora gli Stati Uniti leverebbero il blocco e aprirebbero spazi per la prosecuzione del dialogo". Sbagliato tale atteggiamento per l'arcivescovo dell'Avana: "Resto convinto – ha detto - che il primo passo deve essere quello di incontrarsi, di parlarsi e con il procedere del dialogo ci sarà modo di migliorare la situazione difficile o superare i punti più critici. Questo è il modo civile di affrontare qualsiasi conflitto".

Per restare all'America latina, il cardinale Tarcisio Bertone, nel corso della sua recente visita in Cile, ha tenuto anche una conferenza a Santiago, presso la locale Pontificia Università Cattolica. Il tema? "La Chiesa e lo Stato a duecento anni dall'indipendenza nazionale. Storia e prospettive". Il Segretario di Stato, esordendo, ha ricordato "tutte quelle nazioni latino-americane, come l'Argentina, la Bolivia, la Colombia, l'Ecuador o il Messico, che celebrano sempre quest'anno il bicentenario della loro indipendenza". Anche in tali Stati, "come in Cile, la Chiesa ha svolto un ruolo importante in quel momento tanto significativo, contribuendo a forgiare sin dall'inizio una cultura e un'identità nazionale ispirate ai più alti valori umani ed evangelici".

Certamente "la celebrazione del bicentenario – ha proseguito il settantacinquenne porporato – suscita in Cile un'importante riflessione circa le condizioni delle popolazioni indigene e la loro integrazione nella vita nazionale". Del resto "il coraggio e l'eroismo con cui il popolo araucano difese la sua libertà di fronte all'avanzare della conquista suscitò profonda ammirazione negli spagnoli, e restò immortalato nel poema epico La araucanba, di Alonso de Ercilla y Zuniga, che ancor oggi è motivo di orgoglio per la memoria nazionale cilena". Anche oggi "le culture indigene sono chiamate a continuare ad arricchire con l'apporto delle loro tradizioni il bagaglio degli autentici valori nazionali del presente e del futuro". Tuttavia, ha rilevato non casualmente (e pensando a quanto succede in altri Stati) il cardinale Bertone, "sorprenderebbe il voler ridare vita alle religioni precolombiane, separando i gruppi indigeni da Cristo e dalla Chiesa universale, come se il passato non preparasse all'incontro con Cristo, nel quale trova il suo significato e la sua pienezza, o come se le persone fossero al servizio delle espressioni culturali invece che queste ultime al servizio delle persone". Se ciò succedesse, "sarebbe un'involuzione verso un momento storico ancorato al passato". Gioverebbe invece cercare di "preservare e anche di far risplendere la purezza del Vangelo e la saggezza dei popoli indigeni in un processo di autentica inculturazione della fede cristiana".

Su un altro punto importante ha voluto insistere il porporato salesiano: "Nel celebrare il bicentenario e nel ricordare la storia nazionale, bisogna essere consapevoli che lo sguardo al passato comporta sempre il rischio di riaprire vecchie ferite. Non tutti i membri di una società condividono gli stessi punti di vista riguardo al loro passato comune, né tutti hanno vissuto gli eventi allo stesso modo nella propria carne e nel proprio spirito". Perciò "sarebbe un deplorevole errore se la contemplazione del passato servisse ad approfondire le distanze e se le differenze di sensibilità storica degenerassero nell'inasprirsi di antiche rivalità". E' chiaro che "al dovuto e legittimo anelito di giustizia, e di riparazione per i danni subiti, si deve aggiungere il, a sua volta dovuto, desiderio di concordia, ossia di cancellare rancori e di superare avversioni. A questa autentica conciliazione vuole contribuire anche la Chiesa".

Il 17 marzo la Sala Stampa Vaticana ha dato ufficialmente notizia della costituzione di una commissione internazionale d'inchiesta su Medjugorje, presieduta dal cardinale Camillo Ruini nell'ambito della Congregazione per la dottrina della fede. Il 13 aprile nuovo comunicato, in cui si dice che la Commissione si è riunita per la prima volta il 26 marzo e si rende nota la sua composizione. Oltre al già citato presidente cardinale Ruini vi troviamo i cardinali Jozef Tomko, Vinko Puljic, Josip Bozanic, Julian Herranz e un'altra decina di membri tra i quali il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l'arcivescovo Angelo Amato. I membri della Commissione sono tenuti "al più rigoroso riserbo", come ha ricordato il suo presidente ed essa presenterà i risultati dell'indagine alla Congregazione di riferimento. L'intenzione è quella di giungere a una prima sintesi dei lavori entro fine anno.

E' morto il 16 aprile il cardinale Tomas Spidlik. Aveva festeggiato novant'anni il 17 dicembre e con lui quel giorno papa Benedetto XVI aveva celebrato una messa di ringraziamento dentro il Palazzo Apostolico, nella cappella Redemptoris Mater, pensata da lui e affrescata da padre Marco Rupnik. Nell'omelia pronunciata in tale occasione il Pontefice aveva tra l'altro ricordato che il cardinale Spidlik aveva "intessuto lungo gli anni una visione teologica vivace e, per molti aspetti, originale, nella quale confluiscono organicamente l'Oriente e l'Occidente cristiani, scambiandosi reciprocamente i loro doni". Non solo. Il Papa aveva sottolineato anche "il legame tra teologia ed arte scaturito dal pensiero" del porporato. Nato in Moravia nel 1919, il teologo gesuita era cardinale dal 2003 e il 18 aprile 2005 aveva predicato davanti ai cardinali riunitì nella cappella Sistina per il Conclave. Per 38 anni è stato padre spirituale del Pontificio Collegio Nepomuceno, vivendo a stretto contatto anche con il cardinale Beran (morto nel 1969) che era stato espulso nel 1965 dalla Cecoslovacchia. Dal 1991 viveva nel Centro Aletti vicino a Santa Maria Maggiore, un centro dei gesuiti per lo studio della tradizione dell'Oriente cristiano in relazione ai problemi del mondo contemporaneo. I suoi funerali, presieduti dal cardinale Angelo Sodano, presente Benedetto XVI per la parte finale dell'ultimo saluto, si sono svolti in San Pietro martedì 20 aprile. Il cardinale Spidlik riposerà nell'odierna Repubblica Ceca, in Moravia, a Velehrad, una sede da lui scelta per i legami con l'evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio.