PAPA FRANCESCO: RIVOLUZIONE, CUORE DI PIETRA E CUORE DI CARNE

PAPA FRANCESCO: IL CRISTIANO E’ RIVOLUZIONARIO, TRASFORMA IL CUORE DI PIETRA IN CUORE DI CARNE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 giugno 2013

 

Una serata eccezionale quella di apertura del convegno diocesano romano: per i contenuti della  catechesi di papa Francesco; per la prestazione del coro e dell’orchestra della diocesi, diretti da mons. Frisina; per la compartecipazione entusiasta degli oltre 10mila presenti.

 

 

E’ stato uno di quegli incontri da raccontare ai nipotini per dire: “Io c’ero”. Migliore inizio non ci sarebbe potuto essere per l’annuale Convegno diocesano di Roma, aperto dal Papa con un intervento, posto sotto il titolo “Io non mi vergogno del Vangelo”, a commento di un testo di san Paolo. E, prima di passare alla cornice musicale e di popolo, di tale intervento ci preme subito dare notizia in sintesi.

La legge, la grazia, la rivoluzione, cuore di pietra e cuore di carne. Nel testo paolino si leggeva: ‘Il peccato non dominerà più su di voi, poiché non siete più sotto la legge. Ma sotto la grazia”. Che significa ciò, si è chiesto papa Francesco? Rispondendo subito che il fatto di “essere sotto la grazia” ci rende liberi, poiché, donandoci la grazia, Gesù Cristo ci ha dato la piena libertà che connota i figli di Dio. Certo “passare da sotto la legge a sotto la grazia” significa compiere una vera rivoluzione. E’ vero che nella storia sono stati tanti i rivoluzionari, “ma nessuno di loro ha avuto la forza di questa rivoluzione, che cambia in profondità il cuore dell’uomo”. Citando Benedetto XVI, papa Francesco ha evidenziato che la rivoluzione cristiana è "la mutazione più grande nella storia dell’umanità”: ed è vero che “un cristiano, se non è rivoluzionario in questo tempo, non è cristiano. Il cristiano deve essere rivoluzionario a causa della grazia a lui donata”. E’ una rivoluzione che agisce in profondità sul cuore, ha continuato il Papa, evocando il profetico “Toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”.

Santi e peccatori. Per diventare santi, ha annotato papa Bergoglio, “non è necessario avere una faccia un po’ da immaginetta” (entusiasmo dell’aula). E’ invece indispensabile “accogliere la grazia che il Padre ci dà in Gesù Cristo”. Perciò noi continueremo a peccare, “perché siamo deboli”, ma con la certezza che il Signore ci perdona, dandoci la grazia. Il nostro cuore indurito divenga cuore di carne, “si colmi di tenerezza per chi si sente alla periferia della società”. Del resto “l’amore abbatte i muri e colma i fossati”. Ci si può chiedere quanto costi la grazia, dove si venda, se sia acquistabile “presso la segreteria della parrocchia o dal prete”. Niente di tutto ciò: “La grazia non si compra e non si vende”, perché “è un regalo di Gesù Cristo, l’unico che ci dà la grazia gratuitamente”. Anche noi dobbiamo trasmetterla gratuitamente. Certo “è un po’ triste – ha annotato papa Francesco riferendosi in modo trasparente alla storia della Chiesa – quando si incontra qualcuno che vende la grazia” (forte consenso dell’aula). E’ avvenuto e ciò “ha fatto tanto male” alla Chiesa.

I drammi di Roma. A Roma “c’è gente che vive senza speranza, immersa in una profonda tristezza”. Cerca magari la felicità “nell’alcool, nella droga, nel gioco d’azzardo, nella sessualità senza regole, nel denaro”. Tanti sono i giovani disperati, che dopo una serie di esperienze illusorie, cercano la soluzione nel suicidio: “Quanti suicidi di giovani ci sono oggi nel mondo! La società crudele non ha dato loro speranza” ha constatato papa Bergoglio.

Non possiamo restare indifferenti. “Come possiamo essere indifferenti verso questa città, Roma, che ci chiede una speranza per il suo futuro”?  si è domandato il vescovo diocesano: “Dobbiamo essere presenti con la nostra testimonianza, con il nostro sorriso; dobbiamo condividere il nostro essere figli di Dio con tutti”. Non si tratta però “di fare proselitismo”, perché annunciare il Vangelo è come seminare con la parola, con la testimonianza, lasciando “ a Dio di fare le statistiche”. Noi “dobbiamo solo pensare a seminare, con la certezza che l’acqua necessaria per la crescita la dà Lui”. Del resto “la parola senza testimonianza è aria” (forte applauso dell’aula). 

Poveri e pauperismo.  Andare verso i poveri, verso le periferie del mondo, “non significa che noi dobbiamo diventare pauperisti o una sorta di barboni spirituali”, ma che dobbiamo – aprendoci alle periferie esistenziali della povertà fisica e spirituale - coinvolgerci nella “carne di Gesù che soffre”.

Coraggio e lamentazioni. Il Papa ha citato qui Paolo VI, che diceva di non capire “ i cristiani scoraggiati, tristi, ansiosi”. In effetti ce ne sono in giro e – ha continuato papa Francesco – non si sa se credono in Cristo o nella dea lamentela” (risate e grandi consensi in aula). Si lamentano sempre del mondo e di quello che non va e dei giovani… “Ma il mondo non è peggio di quello di cinque secoli fa”… Botta e risposta con l’Aula: “Conoscete cristiani così? “ La risposta è un boato: “Sììììììì!”. Conclusione di papa Bergoglio: “Bisogna dunque andare avanti con coraggio e con pazienza, sopportando quello che non si riesce a cambiare”.

Uscire fuori verso il mondo da pastori, non da pettinatori di pecorelle. Coraggio, pazienza, ma bisogna in ogni caso “uscire da noi stessi, dalle nostre comunità”.. Ha continuato il Papa: “Se ai sacerdoti ho chiesto di essere pastori, con l’odore delle pecore, a voi chiedo di farvi portatori della parola di vita ovunque!” Aggiungendo, tra le acclamazioni dell’aula, forse non del tutto innocenti: “Non capisco le comunità cristiane che sono chiuse”. Anche “perché in questa nostra cultura siamo minoranza, nell’ovile abbiamo solo una pecora e ne mancano 99. Andiamo a cercarle!” (boato dell’aula). Certo “è più facile restare a casa con quell’unica pecorella, pettinarla, accarezzarla… Ma il Signore ci vuole pastori, non pettinatori!” (altro boato dell’aula).

Diavolo sempre attivo. Dobbiamo far attenzione, naturalmente, poiché nel mondo “c’è un avversario, un nemico, che vuole tenere gli uomini separati da Dio e immette in loro la delusione, semi di pessimismo”. Invece noi “dobbiamo lottare contro la tristezza, l’amarezza, il pessimismo”. Non è per niente facile.

Non dobbiamo avere paura. “Dell’amore di Dio nostro Padre, di ricevere la grazia di Gesù Cristo, della nostra libertà data dalla grazia, di uscire da noi stessi per trovare le 99 pecorelle e dialogare con loro. Andiamo avanti!” (boato finale)

La musica è parte integrante, fondamentale, non una semplice aggiunta al rito: lo hanno dimostrato ancora una volta coro e orchestra della diocesi di Roma. Molto importante per la riuscita dell’incontro, durato poco meno di due ore, la partecipazione del coro e dell’orchestra della diocesi diretti da monsignor Marco Frisina. Da notare che, mezz’ora prima dell’arrivo del Santo Padre, Frisina ha voluto coinvolgere musicalmente l’aula già gremitissima, stimolando i fedeli a “cantare meglio degli angeli”. Ha provato “Sono risorto”, guidando l’aula nell’ Alleluja; il “Veni Sancte Spiritus” con le sue alternanze; il “I cieli narrano’, un canto di grande forza gioiosa, esprimendo la paura “che noi dobbiamo seguire voi”. L’ingresso del Papa è stato salutato dall’imponente “Jubilate Deo” mentre il popolo tripudiava, poi – dopo il saluto non formale del cardinale vicario Agostino Vallini (“Non possiamo più dare per scontato che tra noi e intorno a noi, in un crescebte pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù”)  e le formule iniziali del Papa – ecco il “Veni Creator Spiritus”. Uno breve e intenso stacco orchestrale (in cui è emersa l’a dolcezza dell'arpa) sul tema di “Tu sarai profeta di salvezza”, poi l’inizio della seconda parte, imperniata sull’alternanza tra la lettura di brani del Nuovo Testamento e moderni e il canto. E’ così che si è levato, parafrasi della sequenza di Pentecoste, il “Veni Sancte Spiritus”, con un forte coinvolgimento dell’aula; poi, dopo la lettura tra l’altro di un brano molto arguto del cardinale Albino Luciani (in seguito papa Giovanni Paolo I) sul commento diverso di due alpinisti che avevano scalato la stessa roccia, ecco l’intermezzo musicale (intensissimo anche questo) sul tema di “Laudate omnes gentes”, cantato successivamente dal coro e dai fedeli. Altra lettura (anche di un brano di papa Benedetto XVI, applaudito, sull’uomo che si allontana da Dio) e altro breve intermezzo musicale, anticipatore del “Dona la pace, Signore, a chi confida in te” (Taizé). Ultimi brani sull’amore concreto per i poveri, ultimo intermezzo che ha preceduto l’ “Ubi charitas”, cantata con grande delicatezza dal coro. Ora tutti sono in piedi, poiché il Papa sta per consegnare l’immagine della Resurrezione dell’Aula Nervi ad alcuni rappresentanti della Chiesa di Roma. Intanto si levano le note gioiose di “I cieli narrano”, mentre la folla – che pure canta -  attende il “Padre nostro” e la benedizione finale. Poi è il tripudio, mentre ancora si ascolta “Il canto del mare”, una bellissima melodia evocatrice, giocata su cinque note e testo biblico. Alla fine in aula il Papa non ha avuto modo di salutare coristi e orchestrali: forse meriterebbero veramente – a mo’ di ‘indennizzo di pregio’-  di poter assistere una volta alla messa mattutina in Santa Marta!!!

Fedeli in delirio. L’incontro con papa Francesco è incominciato solo verso le 19.20, ma già poco dopo le 15.00 gruppetti di suore sostavano nei pressi del cancello del Sant’Uffizio: erano le Suore Discepole di Gesù Eucaristia, il cui motto suona: Magister adest et vocat te. Accanto a loro Maria, Francesca e Stefania della parrocchia di san Francesco Saverio alla Garbatella, altre di san Filippo Neri. La prima parrocchia organizzata con cartello ad apparire è quella di Madre Teresa di Calcutta. Tra gli striscioni notiamo ‘Uno di noi’ , poi innalzato nell’aula Nervi. Attorno alle sei l’aula è strapiena. I fedeli invadono il lungo corridoio dell’atrio; ma non basta. Altre centinaia trovano posto nel piazzale davanti all’aula, con davanti un maxischermo. Saranno premiati, poiché papa Francesco, di buon passo, giungerà poco dopo le 19.15 direttamente da Santa Marta e saranno i primi ad essere salutati (alcuni bambini accarezzati, molte mani strette). Poi il papa passa nell’atrio, che percorre in tutta la sua lunghezza, infine – poco dopo le 19.20 – entra in un’aula in fremente attesa, scendendo verso il palco dal corridoio centrale. Chi non riesce a stringergli la mano, allunga il braccio in alto per la fotografia di rito. Molti – dei più intensi abbiamo detto – gli applausi a scena aperta durante la catechesi papale. Applauditi anche i canti del coro. Consensi per i giochi di luce attorno alla ‘Resurrezione’, che hanno reso la cornice ancora più bella. Al termine dell’incontro, il Papa esce a sorpresa di nuovo dal corridoio centrale a passo svelto, tra le acclamazioni. Ci torna alla mente Fatima con il suo sventolio di fazzoletti bianchi, qui sostituiti dal mare dei libretti gialli della serata. Insomma, a quasi cento giorni dall’elezione inattesa di Jorge Mario Bergoglio, il popolo (in questo caso romano) ha dimostrato una volta ancora lunedì sera 17 giugno  di amare molto questo figlio venuto un po’ sorprendentemente dalla ‘fine del mondo’. E già impostosi per uno stile molto personale di approccio (fin qui riuscito) al cuore della gente. Forse nel cuore di alcuni c’è  un fermento di nuova vita. Chissà.