UE/LGBT - AVVENIRE/POLONIA E UNGHERIA-DON CORTELLESI-CINISELLO

UE/LGBT – AVVENIRE/POLONIA E UNGHERIA - DON CORTELLESI - CINISELLO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 novembre 2020

 

Il 12 novembre la Commissione europea ha annunciato la volontà di imporre una strategia arcobaleno ai Paesi membri. Avvenire attacca il no di Polonia e Ungheria al ricatto UE sui fondi: la reazione degli ambasciatori e la risposta di Tarquinio. Una lettera drammatica di don Guido Cortellesi. Penosa a Cinisello Balsamo l’intitolazione di una piazza al noto Sfera Ebbasta, che però ha tanti follower (come scrive il sindaco Ghilardi, purtroppo leghista).

La situazione eccezionale (sanitaria, economica, sociale, religiosa e politica) con cui siamo confrontati è espressione di un complotto criminale del tipo evocato a Radio Maria l’11 novembre scorso da padre Livio Fanzaga (nella trasmissione -molto seguita- “Lettura cristiana della cronaca e della storia”? Non siamo in grado di rispondere. Non abbiamo certezze, al contrario di Marco Tarquinio che il 17 novembre dalle pagine di Avvenire ha bastonato misericordiosamente padre Livio, reo (lascia intendere nel consueto modo allusivo il Turiferario direttore) di essere lui un ‘complottista’ contro “la buona fede, i sentimenti e l’intelligenza della nostra gente”. E’ vero che tra padre Livio (che naturalmente ha i limiti di tutti noi umani) e il cattofluido sorosiano c’è una piccola differenza: il primo riesce a nutrire quotidianamente di fede e buone pratiche cattoliche centinaia di migliaia di ascoltatori, il secondo invece è impareggiabile nell’allontanare qualcuno ogni giorno e dalla fede e dalle buone pratiche cattoliche.

Ma torniamo alla situazione in cui viviamo. Se francamente ci riesce difficile credere che sia stata originata da un complotto mondiale, tuttavia ci tornano alla mente brani di interviste di George Soros (11 maggio 2020 a Project Syndicate e 12 agosto 2020 a laRepubblica) in cui lo speculatore-‘filantropo’ parla di momento ‘rivoluzionario’ e della possibilità data di concretizzare progetti antropologici che fin qui non sembrava possibile realizzare. Nella stessa direzione, di una umanità nuova vincolata a un nuovo sistema economico e sociale fondato su “dignità umana, giustizia sociale, ecologismo”, si muove il World Economic Forum di Davos (che nel 2021 si terrà vicino a Lucerna, sul Bürgenstock) perseguendo l’idea del grande cambiamento, the great reset. Naturalmente le idee ad esempio di ‘dignità umana’ sono quelle promosse dai vari Soros, Sachs (così coccolato dalla Chiesa di papa Francesco), Bill Gates e dunque non hanno nulla di cristiano e tutto di efficientismo cinico, opposto al rispetto e alla cura della persona. Insomma… ecco che la pandemia del Cinavirus diventa un’occasione imperdibile di abbattere le società fondate sulla civiltà ebraico-cristiana, sostituendole con altre, così ben prefigurate da George Orwell in “1984” e ne “La fattoria degli animali”.

Le spinte (potenti) verso una nuova società alla Soros si concretizzano ad esempio nella vera e propria offensiva Lgbt che sta travolgendo il mondo, Chiesa compresa. “Due passi avanti e uno indietro”, secondo la teoria di papa Francesco, così che i paletti si spostano sempre più avanti, a dispetto di qualche apparente retromarcia che è parte della strategia posta in essere.

 

UE: SEMPRE PIU’ ARCOBALENO, SEMPRE MENO DEMOCRAZIA

L’offensiva Lgbt a livello di Unione europea si palesa apertamente ad esempio nella “comunicazione 698” del 12 novembre (presentata in una conferenza molto eloquente) in cui la Commissione ha illustrato un piano ben strutturato per dare una decisa pennellata arcobaleno al quadro continentale. Tale piano viola la sovranità dei Paesi membri, loro imponendo tra l’altro il riconoscimento come “reato” dei “discorsi omofobici”, la lotta agli “stereotipi di genere” nella scuola, il riconoscimento dei “matrimoni gay” contratti in altri Stati europei, il riconoscimento delle convivenze omosessuali come “famiglia”, il riconoscimento del “diritto all’omogenitorialità”, il finanziamento delle iniziative Lgbt (somme da prelevare anche dal “Recovery Fund”… ma non dovrebbe servire – a quanto si è proclamato - per contrastare l’emergenza sanitaria?)

Sempre il 12 novembre, in un’intervista a Politico, la commissaria Helena Dalli (socialista maltese… te la raccomando!) ha evidenziato il legame tra il rispetto dei “diritti Lgbt” e il rispetto dello ‘Stato di diritto’ chiesto ai Paesi membri perché possano usufruire dei fondi del bilancio europeo. Leggi: se uno Stato non privilegerà i cittadini Lgbt rispetto agli altri, sarà punito con una riduzione del montante dei versamenti da Bruxelles.

Tale pesante condizionamento non poteva essere accettato da Stati con la schiena diritta come Polonia e Ungheria (seguiti poi dalla Slovenia). Subito Viktor Orban e Mateusz Morawiecki hanno preannunciato la loro opposizione ai vertici di Bruxelles. Poi il 16 novembre (durante la riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri) Polonia e Ungheria sono passati all’azione diretta, bloccando il bilancio Ue 2021-27 e il Recovery Fund. Infine il 19 novembre hanno fatto fallire il Consiglio europeo.

Come si è precisato da Budapest e da Varsavia nessuno vuole impedire che si aiutino concretamente gli Stati che devono confrontarsi con le conseguenze pesanti della pandemia. Il punto è che Bruxelles ha cambiato recentemente le carte in tavola, inserendo il legame tra versamento dei fondi e rispetto dello ‘Stato di diritto’. Un machiavello questo per piegare le politiche nazionali agli obiettivi in particolare della lobby gay, di quella abortista, di quella immigrazionista. Insomma agli obiettivi dichiarati apertamente da George Soros, che si è scagliato contro il veto polacco e ungherese, definendolo come “la mossa disperata di due trasgressori seriali” e incitando l’UE a “resistere” ai due Paesi che minaccerebbero lo ‘Stato di diritto’.

Ma Polonia e Ungheria non hanno nessuna intenzione di cedere. Proprio qualche giorno fa, l’11 novembre, il Parlamento ungherese ha incominciato a discutere gli emendamenti costituzionali su famiglia e matrimonio. Affermando ad esempio che “l’Ungheria protegge il diritto dei bambini di autoidentificarsi secondo il loro genere di nascita”, che “garantisce loro un’educazione secondo i valori fondati sull’identità costituzionale e la cultura cristiana del Paese”, che “la madre è una donna, il padre è un uomo”.

 

L’AVVENIRE LANCIA IN RESTA CONTRO POLONIA E UNGHERIA – LETTERA DEGLI AMBASCIATORI – RISPOSTA DI TARQUINIO

Come è noto le politiche apertamente e concretamente cristiane di Polonia e Ungheria non ricevono il plauso del quotidiano cattofluido italiano. Ciò non stupisce, considerato come siano ormai soprattutto gli orfani de L’Unità a masticarlo.

Tanto per esemplificare. Il 17 novembre l’Avvenire titola a tutta pagina: “Ungheria e Polonia contro la UE solidale”. Sommario: “I veti bloccano bilancio europeo e fondi per la ripresa. Scontro sullo Stato di diritto”. L’occhiello è significativo: “Rallenta l’iter, ma i due Paesi dell’Est potrebbero cambiare posizione per non perdere gli aiuti” (NdR: ma Tarquinio pensa che Polonia e Ungheria siano fatti della stessa pasta opportunistica di ‘Avvenire’?). Dentro, a pagina 5, altro grande titolo: “Ungheria e Polonia, mossa anti-UE”. Il turiferio d’occasione Giovanni Maria Del Re, oltre alla cronaca, firma anche il commento in cui decreta ex-cathedra che la posizione di Polonia e Ungheria è “difficilmente sostenibile anche per regimi autoritari e populistici”. Aggiungendo, sempre ex-cathedra, che “la scommessa dei diplomatici (NdR: quelli di Bruxelles) è che sia in realtà un bluff a uso interno”.

Il pronunciamento avveniristico del 17 novembre ha suscitato la reazione degli ambasciatori di Polonia e di Ungheria presso la Santa Sede, che è sfociata in una lettera in cui Janusz Kotánski e Eduard Habsburg-Lothringen hanno espresso le loro perplessità e la loro contrarietà, pur diplomaticamente astenendosi dall’uso di termini che Avvenire si sarebbe pur meritato.

La lettera è stata pubblicata con evidenza a pagina 2 dell’edizione odierna di mercoledì 25 novembre, nella rubrica “Il direttore risponde”. Nello scritto dei due ambasciatori si contesta la ricostruzione di Avvenire e si evidenzia che “a luglio, quando sono state decise le due assegnazioni del fondo del Piano, queste non erano ancora legate a un non meglio specificato ‘rispetto dello Stato di diritto’ “. La clausola è stata inserita posteriormente “senza la necessaria e dettagliata spiegazione sul come intendere ciò”. I due ambasciatori esprimono poi “disappunto” per quel “regimi autoritari e populisti” (espressioni “non oggettive e offensive”) utilizzati da Del Re nel suo commento. La conclusione è fredda: “distinti saluti”.

Nella risposta il Direttore turiferario è irridente e nel contempo ben deciso a non attenuare la durezza delle posizioni di Avvenire in materia di politiche polacca e ungherese: La mia conclusione, in sintonia con l’ottimo collega Giovanni Maria Del Re (NdR: Turiferario non mangia turiferario), è esattamente contraria (NdR: a quella dei governo polacco e ungherese)”. Abbiamo utilizzato l’aggettivo ‘irridente’ per la risposta di Tarquinio. Leggete qui l’incipit, dal quale emerge che monsieur Tartuffe era solo un apprendista nella specialità): “Pubblico volentieri la vostra lettera, gentili ambasciatori. E, nel salutarvi con cordialità personale oltre che come rappresentanti di due popoli fratelli, dico che mi fa paradossalmente piacere che consideriate ‘offensive’ espressioni come ‘autoritario’ e ‘populista’ che, purtroppo, leader politici dei vostri importanti Paesi, come di altri Stati della Ue, tengono invece in gran conto, usandole e lasciandole usare senza remore nel dibattito pubblico”. Continua il Marco pensoso, anche lui ex-cathedra (NdR. che ci sia una svalutazione del Papato?): “Il punto è che non abbiamo inventato noi le parole e i gesti di governo con cui il primo ministro ungherese Viktor Orban propugna, in duro braccio di ferro anche con la stampa non allineata alla sua visione, l’avvento della ‘democrazia illiberale’. E neppure abbiamo inventato gli atti con cui l’attuale governo di Varsavia continua la sua prova di forza nei confronti del potere giudiziario, condizionato sempre più dalla maggioranza politica pro tempore, che è già valsa l’apertura di un grave contenzioso con l’Unione europea”. Domanda: quando mai il bastonatore in cotta arcobaleno ha pontificato in tal  modo con i governi belga, olandese, spagnolo, danese ecc ecc… che in materia di vita e di famiglia perseguono politiche opposte alla Dottrina sociale della Chiesa? Non sarebbe il caso che George Soros si prendesse l’onere dei finanziamenti ad Avvenire, alleviando le tasche dei cattolici (per l’8 per mille) e di tutti i cittadini italiani (per le sovvenzioni pubbliche)?

 

UN PRETE, DON GUIDO CORTELLESI, NELLA CHIESA ITALIANA…

Se dal livello europeo passiamo alle realtà nazionali, prendete nota ad esempio di quello che accade nella Chiesa italiana, il cui quotidiano di riferimento si colora sempre più di arcobaleno, spesso immerso in un mare di ipocrisia (“due passi avanti e uno indietro”) per tentare di rassicurare i residui lettori un po’ sempliciotti. Il Turiferario direttore – ben spalleggiato dal Turiferario Guastalamessa – è ormai esperto nel campo: e del resto il presidente del Consiglio di amministrazione del quotidiano catto-fluido è monsignor Marcello Semeraro, vicinissimo a papa Francesco, cardinale designato e vescovo di quella diocesi di Albano che si illustra come centro nazionale catto-arcobaleno.

Ebbene in questa Chiesa italiana c’è un prete, don Guido Cortellesi, che ha scritto qualche giorno fa una lettera aperta, chiedendo fosse pubblicata da “qualche testata indipendente dall’egemonia del Pensiero unico”. E’ un documento che impressiona e induce a pensieri inquietanti. Ne citiamo ampi stralci:  

Sono un sacerdote cattolico italiano. Amo la Chiesa nella quale sono cresciuto, amo il suo Magistero perenne e voglio restare fedele alla Sede di Pietro fino alla fine dei miei giorni. Amo la gente che mi è stata affidata, ogni singola persona che quotidianamente mi è dato di incontrare. Amo la mia vocazione e il ministero che svolgo a servizio del Popolo di Dio. Non posso né voglio aggiungere altro alla mia presentazione.

Mai come in questo momento della mia vita, la fedeltà a quanto sopra elencato mi procura attacchi e persecuzioni. Con la continua tentazione, se non di arrendermi, quantomeno di avvilirmi. E posso attestare che questa esperienza la stanno facendo tanti altri miei confratelli in tutta la Penisola.

La nostra colpa, agli occhi del mondo e agli occhi di buona parte cattolica, sta nell’insegnare sul tema dell’omosessualità e del matrimonio quel che la Chiesa ha sempre insegnato, quel che è scritto a chiare lettere nella Parola di Dio.

La vita mi ha insegnato che la Chiesa accetta tutti, ma non accetta tutto. E questo, lungi dal renderla lontana o retrograda, è precisamente ciò che la rende ancora utile agli uomini (…).

Eppure, affermare ciò apertamente, con parola piana e nitida, è diventato la nostra rovina. (…) Sui piatti della bilancia si devono mettere, infatti, da una parte la possibilità di continuare a lavorare con frutto (aiutando tutti nel proprio piccolo, comprese le persone con tendenza omosessuale), dall’altra l’opportunità di far sentire con forza una voce diversa all’opinione pubblica che si è standardizzata su posizioni surreali, mutuate del tutto acriticamente dal gergo LGBT+.

Sì, troppo spesso, si è arrivati al punto di dover operare una scelta fra le due strade, perché chi decide di alzare la voce in pubblico può pacificamente dire addio alla tranquillità personale, al proprio ufficio ecclesiale, alla sicurezza delle persone che gli sono vicine e -dulcis in fundo - alla propria fama.

Ho vissuto tutto questo sulla mia pelle, come tantissimi altri sacerdoti italiani, solo per aver espresso dissenso circa il DDL Zan, a seguito della dichiarazione della CEI che – giustamente – ne denunciava le derive liberticide. Ho ricevuto insulti, minacce di ogni genere e calunnie pubbliche (e continuo a riceverne a distanza di mesi), come li hanno ricevuti le persone a me vicine. Fino a cose che mi vergogno perfino di riportare. Il tutto, nel silenzio o – peggio – nelle dichiarazioni ambigue, di chi, più in alto, avrebbe dovuto difendermi.

(…) una cosa è certa: da qui in avanti, la mia scelta penderà per il primo piatto della bilancia, quello del lavoro umile e nascosto. Che se è vero che un prete deve avere il coraggio di denunciare le organizzazioni criminali (non ci sono altri termini per definire questa valanga di odio strutturato e coordinato da circoli e partiti di sinistra), è anche vero che fare l’eroe per qualche ora e finire schiantato per il resto della vita, non gioverà ad alcuna delle persone che vuole aiutare”(…).

E’ necessario un commento a una lettera così drammatica?

 

A CINISELLO BALSAMO IL DESERTO CULTURALE DI UN SINDACO… EBBASTA!

Un cenno anche a una vicenda veramente penosa, che coinvolge il sindaco (leghista!!!) di Cinisello Balsamo (periferia di Milano) e una sorta di cantante, un rapper. Sfera Ebbasta, conosciuto anche perché si sarebbe dovuto esibire nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018 nella discoteca ‘Lanterna Azzurra’ di Corinaldo in provincia di Ancona. Pochi minuti prima dell’esibizione, alcuni giovani irrorarono di spray al peperoncino la folla di adolescenti in attesa (1400, ben oltre i 450 permessi) e la fuga dei presenti fu funestata dal crollo di un ponticello su un fossato dopo l’uscita di emergenza: sei i morti, 54 i feriti.

Contro Sfera Ebbasta (all’anagrafe Gionata Boschetti) nel gennaio 2019 i senatori forzisti Lucio Malan e Massimo Mallegni hanno presentato diversi esposti alla magistratura, che (Procura di Pescara) ha aperto un’indagine contro il rapper per “istigazione all’uso di sostanze stupefacenti”. Hanno osservato i due parlamentari azzurri nell’esposto: “L’articolo 82 della legge 309/1990 sulla droga  punisce chiunque pubblicamente istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o faccia attività di proselitismo per tale uso ovvero induce una persona all’uso medesimo. La pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti di persone di età minore. Ebbene, i testi di Sfera Ebbasta, accanto alle frequenti oscenità, si riferiscono pressoché tutti all’uso di droghe e spesso al loro spaccio, senza mai accennare alla negatività di tali pratiche, anzi prospettando tale stile di vita come simbolo di successo”.

Ebbene… a un tale personaggio Cinisello Balsamo ha dedicato (almeno temporaneamente) una piazza. Stupefacente è che il promotore dell’iniziativa sia stato il sindaco leghista Giacomo Ghilardi, già capogruppo in Consiglio comunale e che Ghilardi presieda una giunta di centro-destra. Come ci scriveva un amico, la vicenda è emblematica del ‘deserto culturale’ che alberga trasversalmente nella nostra società e purtroppo caratterizza anche alcuni leghisti, in totale contraddizione con le battaglie del partito, in questo caso sulla droga. Vergogna su Ghilardi, che con il suo atteggiamento si fa oggettivamente e inevitabilmente complice di chi rovina la gioventù e infanga un’intera città, oltre che il suo partito.

A informazione di chi ci legge ecco quanto dichiarato dal sindaco Ghilardi in occasione dell’apposizione della targa, con l’aggiunta di due dichiarazioni sui social dello stesso amministratore. I neretti sono nostri.

19 novembre 2020, in piazza: “Come tutti saprete, la nostra città ha visto crescere uno tra i più importanti artisti italiani e internazionali. Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta, nonostante la sua giovane età, ha raggiunto una serie di traguardi estremamente importanti nel corso della sua carriera e ottenuto milioni di ascolti sulla piattaforma di streaming musicale Spotify. Traguardi importanti che, uniti ad un impegno civico e sociale verso i giovani e la nostra città, non potevamo non riconoscere e premiare, proprio noi di Cinisello Balsamo.  Ciny, così da lui chiamata, oggi vuole conferire un simbolo di riconoscimento a questo artista, al nostro caro Gionata, Sfera Ebbasta

19 novembre 2020, su Facebook: “Sfera Ebbasta ha scelto Cinisello Balsamo, la sua città, come luogo simbolo per il lancio del suo ultimo album ‘Famoso’. Una targa, che rimarrà nella piazza di via Frova per un periodo di tempo, è simbolo di riconoscimento al celebre artista che, pur sognando orizzonti più ampi, non ha mai dimenticato le sue radici. Indipendentemente dai gusti musicali di ciascuno di noi, Gionata Boschetti ha indiscutibilmente raggiunto una serie di traguardi importanti ed è diventato famoso in tutto il mondo partendo proprio dalla valorizzazione delle sue origini. Traguardi che, uniti ad un impegno civico e sociale verso i giovani e la nostra città, non potevamo non riconoscere e premiare, proprio noi di Cinisello Balsamo - la nostra Ciny -, noi che con la ‘C con la mano è da dove veniamo’. Quello che Sfera dice ai giovani è che con la costanza, la passione e l'impegno, il rispetto per le persone e per il bene comune, si possono realizzare i propri sogni senza rinnegare chi sei. Ci fa piacere che Cinisello Balsamo ancora una volta si riaffermi una città di riferimento per i giovani e la musica. Ci fa piacere che la nostra città arrivi nel mondo, con questa campagna, come città che parla ai giovani, a dimensione di giovani. Ci fa piacere che i nostri giovani, anche per mezzo di queste nuove forme musicali e di tendenza, siano orgogliosi di essere di Cinisello Balsamo. Solo con i giovani si costruisce il futuro. Solo entrando nella loro dimensione, non da giudici ma da attori protagonisti si può prendere parte a quel dialogo vero su cui si basano le relazioni e la convivenza. Grazie a Sfera per essere ‘tornato a casa’ a festeggiare il suo nuovo album. Grazie per l’impegno che già si è preso per i nostri giovani”.

20 novembre 2020, su Facebook, in reazione alla valanga di critiche che neanche il sindaco Ghilardi ha potuto ignorare: Signori vi prego. C'è scritto tutto nel post. Trattasi di una targa temporanea e non di una dedica permanente all'artista apposta per il lancio della campagna del nuovo disco avvenuta oggi. Stiamo parlando di un nostro concittadino, giovane, che ha raggiunto l'apice delle classifiche internazionali. Io non ho mai giudicato ed espresso giudizi su testi o musica. Riconosco però l'artista, la capacità di coinvolgimento, la caparbietà di arrivare senza dimenticare le sue origini. Ho letto commenti davvero spietati contro il ragazzo o sul fatto che si voglia cambiare nome alle vie. La seconda questione non è vera. Sulla prima, non considerare la grande platea di suoi follower significa essere fuori dalla realtà. Trovare la formula per virare in positivo l'energia collegata a questo fenomeno, forse è una delle vie per costruire insieme ai giovani un percorso comune, non fatto solo di giudizi fini a se stessi, che a noi adulti vengono molto bene ma che non portano spesso grandi risultati”.