BASSETTI SCONFESSA AVVENIRE, MANIF, LIZZANO (CON PREMESSA POLACCA)

BASSETTI SCONFESSA AVVENIRE, MANIF, LIZZANO (CON PREMESSA POLACCA) - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 luglio 2020

 

Il presidente della Cei ribadisce proprio  sull ‘Avvenire’  che le leggi attuali sono già adeguate a difendere le persone omosessuali dalle prevaricazioni. Intanto proseguono in tutta Italia le manifestazioni contro il disegno di legge Zan: il 16 luglio in centinaia sono convenuti a piazza Montecitorio. Grave episodio a Lizzano (Taranto). Nella premessa la vittoria polacca di Duda, che ha intristito ‘Avvenire’

 

PREMESSA: IL CATTOLICO POLACCO DUDA, VINCENDO LE PRESIDENZIALI, L’HA FATTA GROSSA: HA RATTRISTATO L’ AVVENIRE

Domenica 12 luglio 2020 il ballottaggio presidenziale polacco ha decretato la vittoria (e la riconferma) del cattolico Andrzej Duda contro il liberal Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia. Alle urne il 68,18 per cento degli elettori (record per la Polonia post-comunista). E’ stata una vittoria di stretta misura: 51,2% contro 48,8% con circa mezzo milione di voti di vantaggio per il presidente uscente che, del resto, era già stato eletto con percentuale analoga nel 2015 (51,5% contro 48,5% di Bronislaw Komorowski). In casi come questi conta però solo vincere.

Duda ha perseguito fin qui una politica caratterizzata da una forte aderenza ai valori della dottrina sociale della Chiesa, concretizzando la solidarietà sociale in un quadro di fedeltà ai principi non negoziabili. In particolare ha evidenziato con la sua politica grande attenzione per il ruolo della famiglia come fondamento della società e dunque dello Stato. Un fondamento certo da proteggere contro gli attacchi distruttivi su più versanti della nota lobby lgbt che – fruendo di mezzi finanziari enormi - agisce a livello internazionale. Se Duda ha firmato il 10 giugno scorso la “Carta della famiglia”, Trzaskowski ha invece aderito da sindaco di Varsavia alla “Carta lgbt”, promuovendo nel contempo l’ideologia gender nelle scuole.

Larga parte dei media polacchi (non solo di quelli esteri) ha tifato per Trzaskkowki: ciò non meraviglia poiché - come ha notato dettagliatamente il vaticanista Wlodzimierz Redzioch in un articolo del 10 luglio su “La Nuova Bussola Quotidiana” – circa il 75% di essi appartiene a gruppi tedeschi come Bauer, Verlagsgruppe Pasau e Ringier Axel Springer (quest’ultimo svizzero e tedesco). Da notare anche che Trzaskowski nel ballottaggio ha goduto dell’appoggio degli elettori (al primo turno il 13,9%) del conduttore televisivo Szymon Holownia, un cattofluido che tra le proposte più originali postulava l’eliminazione della croce dagli spazi pubblici e la chiusura della cappella nel Palazzo presidenziale.

Per chi avrà tifato l’Avvenire cattofluido? Naturalmente, in un contesto di apparente neutralità, non per il cattolico Duda. Infatti domenica 12 luglio, a pagina 17, sotto il grande titolo (pervaso di speranza repressa) “Duda-Trzaskowki: finale sul filo di lana per la presidenza”, nell’ampio articolo di Mauro Mondello (giornalista freelance con base a Berlino, collaboratore tra gli altri di Avvenire e di Repubblica….), si evidenzia l’avanzata travolgente del sindaco di Varsavia autore di “una campagna elettorale centrata su un messaggio di distensione”, di cui si ripropone la dichiarazione fatta nell’ultimo comizio del venerdì sera 10 luglio: “Oggi dobbiamo uscire dalla trincee mentali e capire che siamo tutti polacchi, smetterla di fomentare l’odio e lavorare per creare di nuovo una comunità unita: possiamo tornare a essere un Paese aperto, europeo, tollerante”. Soros non avrebbe potuto dir di meglio. Insomma se non è zuppa, è pan bagnato.

Martedì 14 luglio, sempre a pagina 17 e sempre a firma di Mauro Mondello, Avvenire si mette in gramaglie. Titolone: “La rincorsa di Trzaskowski si ferma. La Polonia ha scelto di nuovo Duda”. Sigh. E nel sommario: “La destra populista di Jaroslaw Kaczynski resta così saldamente al potere”. Anche Mondello fa il piagnone stizzito: “Per mobilitare l’elettorato conservatore, Duda ha costruito una campagna elettorale duramente omofoba, con la promessa da parte di Kaczynski di approvare una nuova legge sull’aborto che inasprisca la già restrittiva misura attuale (…)”. Non è che Mondello si sia sbagliato e, in tilt per la mancata vittoria di Trzaskowski, abbia inviato l’articolo a Avvenire confondendolo con Repubblica?

 

DISEGNO DI LEGGE “CONTRO L’OMOTRANSFOBIA”: IL CARDINAL BASSETTI SCONFESSA L’AVVENIRE – INTANTO TRACIMA L’IRASCIBILE TARQUINIO

Tra le notizie della settimana si ripropongono drammaticamente il grave problema della diffusione della droga specie tra adolescenti e giovani (vedi ad esempio il caso tristissimo di Terni) e quello dell’usura  (vedi la vergogna di quanto succede nel Casertano… figli dati in pegno per pagare i debiti). E sui due temi di forte impatto sociale, come più volte abbiamo ribadito, Avvenire si distingue positivamente e dà il meglio di sé.

Il peggio invece lo dà su altri temi, quelli più propriamente politici, in cui si allinea – meglio: si prostra – al politicamente corretto, tradendo la dottrina sociale della Chiesa.

E l’editore, cioè la Conferenza episcopale italiana? Di solito lascia fare. Fin qui anche riguardo al disegno di legge inutile e liberticida “contro l’omotransfobia”. Chi ci legge ricorderà il comunicato chiaro e netto della presidenza della Cei, pubblicato il 10 giugno. E si ricorderà come l’Avvenire abbia dato seguito al comunicato, stravolgendone i contenuti, accettando così la possibilità di una legge e aprendo inopinatamente un dibattito in materia interno al mondo cattolico.

A perseguire tale stravolgimento in prima linea la piumata (per l’occasione di struzzo) coppia Tarquinio-Moia. Che non si è risparmiata per far passare l’idea che una legge ci può stare, pur se preferibilmente modificata in alcuni punti. L’atteggiamento del duo ha naturalmente suscitato anche una marea di critiche tra i cattolici e Rossoporpora non si è certo tirata indietro: la lingua batte dove il dente duole e il Tarquinio furioso ne ha dato atto in uno sproloquio di una trentina di righe pubblicato nella pagina dei lettori di venerdì 10 luglio, in cui difende Moia da alcuni “signori e signore – si fa per dire – (che) se la stanno prendendo da settimane con un giornalista stimato e uno studioso serio e profondo come il mio collega Luciano Moia. Beh, non meritano altro che commiserazione per la superficialità e, troppo spesso, per la volgarità delle loro aggressioni, manipolazioni e invettive”. Urge un triplo Maalox per salvare da una crisi irreparabile l’irascibile Marco.

Ma veniamo all’intervista del 16 luglio al presidente della Cei, che porta il titolo “La denuncia di Bassetti: crisi di civiltà. Vera emergenza è il calo delle nascite”, cui è dedicata quasi interamente pagina 9. L’ultima domanda dell’intervistatore Giacomo Gambassi è per così dire, ‘fuori tema’ (ma si vede che così l’intervistato ha voluto…): “Sul progetto di legge sull’omofobia, quale la sua posizione?”. Risposta del presidente della Cei: “La mia posizione è chiara ed è quella che come episcopato italiano abbiamo già espresso. Guardando alle leggi in vigore, riteniamo che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”. 

Insomma. Spinto certo anche dal mondo delle associazioni pro-family (e anche da alcuni confratelli) il presidente della Cei ha voluto marcar presenza. E che presenza! La breve risposta data, nella sua secchezza, suona come una vera e propria sconfessione del dibattito sul disegno di legge ‘contro l’omotransfobia’ aperto spavaldamente dal duo Tarquinio-Moia.

I quali magari fingeranno di non aver sentito, ma in ogni caso non potranno non tenerne conto. Si è già visto in questi ultimi giorni, in cui (15 luglio) Avvenire ha dovuto dare ampio spazio (a firma però non di Moia, ma del turiferario quirinalizio Angelo Picariello) alla presentazione del volume “Omofobi per legge?” di Alfredo Mantovano (Cantagalli).

 

#RESTIAMO LIBERI – MANIFESTAZIONI IN TUTTA ITALIA: GIOVEDI’ 16 LUGLIO IN CENTINAIA IN PIAZZA MONTECITORIO

Intanto il testo base del disegno di legge Zan è stato approvato il 14 luglio in Commissione Giustizia della Camera, con il voto favorevole della maggioranza compatta. Contrari Lega e Fratelli d’Italia. Forza Italia invece non ha partecipato al voto “in segno di apertura” verso il testo della maggioranza (curioso per un partito che si definisce liberale e dunque dovrebbe battersi per la libertà d’opinione e non in primo luogo per le poltrone, tenendo perciò a tutti i costi a galla un governo minoritario). In Commissione sono stati presentati oltre mille emendamenti al testo base, in gran parte da Lega e Fratelli d'Italia. Il dibattito nell’Aula di Montecitorio dovrebbe essere avviato il 27 luglio.

Bisogna insomma tener alta la guardia. E’ così che dal 27 giugno (Bolzano) - su iniziativa di “Pro Vita & Famiglia” e delle Sentinelle in piedi (#restiamo liberi ) -sono scese in piazza diverse migliaia di persone per rendere pubblica la loro contrarietà al disegno di legge. Fino al momento in cui scriviamo le città in cui si è manifestato sono 63; almeno altre 23 seguiranno fino alla fine di luglio. Non è mancata in diversi casi l’azione disturbatrice della nota lobby lgbt (ribadiamo: da non confondere con le singole persone omosessuali, non poche delle quali ritengono offensivo e dannoso il disegno di legge Zan).

Giovedì pomeriggio 16 luglio si è svolto il raduno più importante politicamente, quello davanti a Palazzo Montecitorio (la nota lobby è stata contenuta nella sua azione molesta e antidemocratica dalle forze dell’ordine, che hanno bloccato le vie adiacenti). Pur sotto il sole di luglio e in tempi di limitazione del diritto di manifestare pubblicamente, sono convenute in loco diverse centinaia di persone. Tra di loro Toni Brandi e Jacopo Coghe, Massimo Gandolfini, altri esponenti del mondo sensibile ai temi della vita e della famiglia. Diversi i politici, che hanno confermato e promesso un forte impegno in aula perché il disegno di legge non passi. Abbiamo notato Matteo Salvini, Giorgia Meloni, diversi leghisti come Simone Pillon, Simona Baldassarre, Alessandro Pagano, Vania Valbusa, Vito Comencini, Guido De Martini. Numerosi anche i parlamentari di Fratelli d’Italia. Significativa la presenza dei forzisti Licia Ronzulli e Lucio Malan (che farà di tutto perché il gruppo di Forza Italia al Senato voti compatto contro il disegno di legge Zan). Molti i cartelli innalzati dai convenuti, da “In piedi per la libertà” a “La famiglia non è un reato di opinione”, da “Restiamo liberi di educare” a “Non si può rischiare la prigione solo per un’opinione”. Forte, ben scandito il grido “Libertà” salito ripetutamente dalla piazza.

 

A LIZZANO (TARANTO) SI E’ PALESATO IL VERO VOLTO DEI PROMOTORI DEL DISEGNO DI LEGGE

Nel suo intervento a piazza MOntecitorio Jacopo Coghe ha fatto riferimento anche a quanto accaduto martedì 14 luglio a Lizzano, un comune a una ventina di chilometri da Taranto. Su iniziativa di alcuni laici della parrocchia di San Nicola era stata indetta per le venti una veglia di preghiera, un “Rosario per la famiglia, per difenderla dalle insidie che la minacciano, tra cui il disegno di legge contro l’omotransfobia”. La nota lobby in versione pugliese non si è fatta mancare l’occasione di illustrarsi, irridendo i parrocchiani e affiggendo striscioni, scritte varie sulle colonne, sulle gradinate e sulla bacheca esterna del porticato parrocchiale. Il parroco, don Giuseppe Zito, temendo possibili disordini, ha chiamato i carabinieri. Che, giunti sul posto, hanno incominciato a identificare i disturbatori. Avvertita da una scrittrice pugliese organica alla nota lobby, è però piombata davanti alla chiesa la sindaca, tale Antonietta D’Oria, la quale ha intimato ai carabinieri di smetterla e li ha invitati piuttosto a identificare i presenti in chiesa. La D’Oria, a capo di una lista civica, dopo aver invitato i carabinieri a “prendere quelli che stanno dentro la chiesa, perché è una vergogna per Lizzano, che è un paese democratica”, ha definito la sua amministrazione “estremamente laica”. Qualcuno può riesumare il Premio Stalin?

L’episodio non va sottovalutato, perché fa strame di tutte le ‘rassicurazioni’ sul rispetto della libertà d’opinione date in varie occasioni (anche all’amico Avvenire) dai fautori del disegno di legge. E’ un episodio, accaduto prima ancora che la legge sia approvata (sempre che ciò avvenga), che mostra la gravità del rischio liberticida insito nel testo, come peraltro già evidenziato nella nota della presidenza della Cei del 10 giugno 2020. Si sveglino le ‘anime belle’ dei cattofluidi in Parlamento e pensino alla loro dignità più che alla loro poltrona.