ELEZIONI SPAGNOLE/MARIA ELENA CAVALLARO: UN QUADRO IN MOVIMENTO

ELEZIONI SPAGNOLE/MARIA ELENA CAVALLARO: UN QUADRO IN MOVIMENTO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 maggio 2019

 

Alla vigilia del voto italiano per le elezioni europee riandiamo alle recenti consultazioni politiche spagnole, caratterizzate da un quadro politico in forte movimento. Ne parliamo  con Maria Elena Cavallaro, studiosa della politica spagnola e docente di Storia delle Relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze politiche della LUISS.

 

Ieri, giovedì 23 maggio, in Gran Bretagna e in Olanda si è già votato per le elezioni europee. In Italia le urne saranno aperte domenica 26 dalle 7.00 alle 23.00. Poi, nei 28 Paesi dell’UE e a Bruxelles  si tireranno le somme. La scelta è sostanzialmente tra due visioni antropologiche molto diverse, quella che considera l’uomo come persona (e dunque inserito coscientemente in un sistema di relazioni umane) e l’altra, che lo considera come individuo (e dunque indebolito dalla solitudine, preda facile delle suggestioni della pubblicità). Si vuole un’UE che omologhi tutti i popoli che la compongono al pensiero unico mondialista o un’UE che valorizzi – pure in una fondamentale’unità di intenti – le diversità di ogni componente? Si vuole un’UE che rinneghi come inutili le sue radici cristiane oppure un’UE che le senta come una possibilità di incrementare il suo umanesimo civile?

Insomma… da una parte Soros e i suoi compagni di strada, dall’altra chi non vuole rinunciare – tra l’altro – alla Dottrina sociale della Chiesa da tradurre in concreto impegno quotidiano. In tal senso accogliamo volentieri l’invito di Nicola Procaccini (sindaco di Terracina e candidato per Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni nella circoscrizione Centro) a segnalare la sua adesione al manifesto dei vescovi della Comece “Ricostruire comunità in Europa”.  

Alla vigilia del voto italiano abbiamo pensato di pubblicare un’ampia e dettagliata intervista sulle recenti elezioni politiche spagnole fatta a Maria Elena Cavallaro (LUISS, Dipartimento di Scienze politiche), studiosa in particolare dell’evoluzione politica registrata in Spagna negli anni dopo la morte del Generale Francisco Franco. Maria Elena Cavallaro insegna Storia delle relazioni internazionali e ha pubblicato negli anni scorsi per Rubbettino “La Spagna oltre l’ostacolo” e “Italia e Spagna di fronte al processo di integrazione europea”.

 

…prima di passare a una valutazione del quadro politico uscito dalle elezioni del 28 aprile, è forse opportuno per i nostri lettori ripercorrere nei loro momenti più significativi gli anni spagnoli a partire dalla morte di Francisco Franco, il 20 novembre 1975, dopo più di 36 anni di regime autoritario…

Con la morte di Franco inizia un processo di transizione democratica che ha delle  peculiarità. Infatti avviene in continuità con il passato: Franco non viene deposto, muore come Capo di Stato e quindi lascia le istituzioni da lui fondate e guidate da franchisti come il presidente del Consiglio dei Ministri Carlos Arias Navarro.

Nei 36 anni di regime autoritario il franchismo aveva subito un’evoluzione?

Sì, era cambiato, adeguandosi in parte ai cambiamenti internazionali. Il regime franchista era composto da diverse famiglie politiche, dei cui rapporti Franco era arbitro. Dopo la morte di Franco una figura chiave è stata quella del re Juan Carlos, che – nato a Roma nel 1938 – nel 1963 fu indicato dallo stesso caudillo  come erede della corona spagnola. Nel 1973 Franco lo nominò capo di Stato supplente e il 22 novembre 1975 fu proclamato re di Spagna dalle Cortes. Juan Carlos seppe guidare la transizione spagnola, che nel 1978 fu caratterizzata dall’adozione della nuova Costituzione, ancora oggi in vigore.

Juan Carlos: per Lei re franchista o di nomina franchista?

E’ un re di nomina franchista, che si muoverà sposando gli ideali democratici. Franco invece l’aveva scelto come erede per perpetuare il franchismo. Attraverso un complesso meccanismo istituzionale la Spagna passerà da una legalità a un’altra legalità, da una ley a un’altra ley. In sintesi: la Spagna conoscerà una riforma interna del sistema franchista approvata all’interno del regime per superarlo. Il Parlamento franchista voterà infatti nel dicembre 1976 una legge di deroga dell’impianto istituzionale franchista e permetterà così di imboccare senza eventi traumatici, senza rivoluzioni, la via della democrazia. Tale “Legge per la riforma politica” sarà successivamente confermata dal consenso popolare ( con il 94% di sì) – mentre era a capo del governo Adolfo Suarez, che proveniva dalla Falange franchista - e darà la spinta al post-franchismo per aprirsi alla democrazia, legalizzando ad esempio i partiti politici e i sindacati e indicendo nuove elezioni politiche. 

 

ADOLFO SUAREZ, PROTAGONISTA DELLA ‘TRANSIZIONE

Adolfo Suarez, il ‘tecnocrate’ della ‘transizione’…

Adolfo Suarez fu nominato nel luglio del 1976 dal re alla guida del Consiglio dei Ministri: subito incomincerà ad avere rapporti, a dialogare con l’opposizione al franchismo. Ci si incontrerà, per dirla sinteticamente, a metà strada: Suarez riuscirà a convincere l’opposizione ad abbandonare le ipotesi di rottura rivoluzionaria e a negoziare con il governo, orientato a concedere le necessarie riforme democratiche. Uno sviluppo virtuoso che susciterà reazioni positive anche all’estero. Era questo un bell’esempio di ‘politica del consenso’: la leadership post-franchista e un’opposizione maggioritariamente social-comunista dialogheranno insieme, con successo, per portare la Spagna nel novero delle democrazie.

Le prime elezioni democratiche si svolsero nel 1977…

Quelle del 15 giugno furono le prime democratiche dopo quarantun anni e decretarono la vittoria del partito guidato da Suarez, l’Unione di Centro Democratico (circa il 35% dei voti, con tre anime: liberale, monarchica, socialdemocratica, con molti quarantenni, diversi tecnocrati, che avevano vissuto l’ultima stagione - in una certa misura riformistica - del franchismo). Un partito che oggi si direbbe di centro-destra.

Restiamo a destra… quale fu la sorte elettorale di chi più si richiamava al franchismo?

Alleanza popolare, guidata da Manuel Fraga Iribarne (ex-ministro franchista dell’Informazione e del Turismo, poi vicepresidente del governo e ministro dell’Interno nel primo governo dopo la morte di Franco), raccolse poco più dell’8% dei suffragi.

 

I SOCIALISTI PREVALGONO LARGAMENTE SUI COMUNISTI

Che capitò a sinistra?

I socialisti di Felipe Gonzales presero il triplo dei comunisti, che si fermarono sotto il 10%. Fu una prevalenza netta che non è cambiata nei quarant’anni successivi. Non ci sarà mai dunque in Spagna, come invece accadde in Italia, un forte partito comunista; quello di Santiago Carrillo del resto in quegli anni aderì alla cosiddetta ‘svolta eurocomunista’(più una formula che altro) insieme con gli italiani di Enrico Berlinguer e i francesi di Georges Marchais. Da notare poi che il partito socialista non cambiò mai il proprio nome, PSOE, Partido socialista obrero espaňol. Altri voti - che si tradussero in alcuni seggi e si rivelarono e restano anche oggi fondamentali per la sopravvivenza dell’uno o dell’altro governo - raccolsero i partiti autonomisti, soprattutto catalani e baschi. Da notare che in quegli anni il terrorismo basco dell’Eta era molto attivo e la questione di come affrontarlo si poneva tra quelle principali del Paese e del governo di Suarez.

Che cosa successe dopo le elezioni del 1977?

Si instaurò una commissione parlamentare di sette membri (con rappresentati tutti i gruppi principali e i partiti autonomisti) per elaborare una nuova Costituzione. L’idea era che tutti potessero dire la loro e che ognuno si convincesse poi a rinunciare, per il bene del Paese, a qualcuna delle proprie idee. I socialisti e i comunisti ad esempio accettarono la monarchia, gli eredi del franchismo il decentramento, i socialisti l’aconfessionalità dello Stato ma rinunciano a pretendere uno Stato laicista…

Restiamo su questo punto…

Per quanto riguarda i rapporti Chiesa-Stato la nuova Costituzione ha sancito la libertà religiosa e la aconfessionalità dello Stato, diversamente da quanto previsto sotto Franco. Tuttavia l’esplicitazione del rapporto privilegiato con la Chiesa cattolica rispetto alle altre confessioni avviene attraverso l’articolo 16.3, in cui si afferma che i poteri pubblici sostengono attività di cooperazione con la Chiesa.

 

UNA COSTITUZIONE NUOVA, FRUTTO DEL ‘PRINCIPIO DEL CONSENSO’

La Costituzione fu approvata nel 1978 a larga maggioranza dalle Cortes e poi dal popolo…

L’elaborazione della Costituzione fu un successo derivato dall’accettazione del principio del consenso. A proposito di uno dei punti più importanti, si voleva una Spagna unita e nel contempo si decise di riconoscere in una misura non irrilevante la positività di un decentramento razionale: furono create diciassette comunità autonome, di cui tre a statuto speciale: la Catalogna, il Paese Basco, la Galizia. L’accordo ci fu, pur se sui modi dell’autonomia emersero quelle ambiguità che sussistono ancora oggi.

Conclusi gli anni della ‘transizione democratica’, in Spagna si sono succeduti negli ultimi quarant’anni diversi appuntamenti elettorali a livello nazionale. In sintesi come si è andato modificando il quadro politico?

Dal 1977 al 1982 resta il governo dell’Unione di Centro democratico, un partito che poi si sfalderà, dato che la sua funzione era quella di traghettare la Spagna dal franchismo alla democrazia. Del resto i contrasti al suo interno tra l’anima socialdemocratica e quella liberale su punti qualificanti come le politiche economiche e quelle dell’educazione erano tali da impedire una prosecuzione dell’esperienza. Nelle elezioni del 1982 l’Ucd precipita a meno del 7% dei voti. I socialisti sfiorano con il 48% la maggioranza assoluta, i comunisti sono al 4%.

 

L’ALTERNANZA TRA PARTITO POPOLARE E PSOE

E il centro-destra?

Si ritrova in Alleanza popolare di Fraga Iribarne, che sale a oltre il 25% dei consensi. Fino al 1996 però governano i socialisti: un socialismo che con Felipe Gonzalez ha una forte impronta socialdemocratica di tipo tedesco. E dai tedeschi il PSOE è stato molto aiutato nella crescita, sia finanziariamente che nell’allestimento di un modello organizzativo efficiente. Intanto Alleanza popolare si era trasformata in un vero e proprio partito conservatore, assumendo nel 1989 il nome di Partito popolare; Dal 1990 è guidato da José Maria Aznar, che nel 1996 vincerà le elezioni generali (38,8% contro 37,6%) contro il rivale Felipe Gonzalez e diverrà Primo Ministro.

Otto anni e poi, complici alcune dichiarazioni infelici di Aznar sugli attentati islamici di Madrid (Atocha, 11 marzo 2004, quasi duecento morti), eccoci alla nuova alternanza: i socialisti tornano al governo con José Luis Zapatero…

Zapatero…

L’orribile Zapatero delle leggi libertarie contro i principi non negoziabili, che fu contrastato più volte nelle piazze dalle grandi manifestazioni promosse da Hatze Oir

Sì, Zapatero radicalizzò il partito socialista sui temi etici e della memoria storica, assecondando le proposte dell’ala sinistra del partito. Fu comunque confermato nel 2008, ma nel 2011 di nuovo la Spagna si affidò ai popolari di Rajoy.

 

IL PRAGMATICO RAJOY, CONSIDERATO TROPPO MOLLE SUI VALORI CONSERVATORI TRADIZIONALI DEL PPE

Il partito popolare era cambiato anche lui…

Già dagli Anni Novanta si era staccato dall’eredità franchista. Un’evoluzione simile – è stato detto – a quella italiana nel passaggio dal Movimento sociale ad Alleanza nazionale. E’ quello che fa Aznar in Spagna.

Come risponde il Partito popolare alla radicalizzazione promossa da Zapatero?

Non con una radicalizzazione uguale e contraria…

Ciò è stato molto rimproverato a quello che è stato chiamato il ‘grigio’ Rajoy…

Sì, gli è stato molto rimproverato, specie dal popolo cattolico sceso in piazza contro Zapatero. Però Rajoy è un leader diverso da Aznar, è meno politicizzato, si trova ad affrontare il pieno della crisi economica spagnola. E’ più pragmatico e la sua azione è rivolta a risolvere il principale problema della Spagna da Franco in poi, quello della disoccupazione. Sotto Rajoy non è stata stata sconfitta la povertà, però il Paese – dal punto di vista degli investimenti - è cresciuto.

All’elettorato tradizionale del Partito popolare Rajoy è apparso però un po’ troppo ‘mollaccione’ nella lotta politica con i socialisti…

Sì, come un leader incapace di difendere quelli che erano i valori tradizionali conservatori del partito popolare, schiacciato com’era sul contingente e sul peso della Spagna in Europa. Per molti popolari Rajoy non riusciva a tenere il confronto con Aznar; peraltro i due sembra non abbiano instaurato una collaborazione reciproca, pur se Rajoy era il delfino di Aznar.

 

DAL BIPARTITISMO IMPERFETTO ALLA QUADRIGLIA BIPOLARE

A metà del secondo decennio del nostro secolo ecco le prime novità importanti in ambito politico… da un bipartitismo imperfetto si passa a una sorta di “quadriglia bipolare”…

Ai tradizionali PSOE e Partito popolare si affiancano Ciudadanos e Podemos…

Quali le loro caratteristiche principali? Incominciamo da Ciudadanos, di cui si vocifera abbia legami anche con il noto finanziere Soros

Ciudadanos è stata fondato in Catalogna nel 2005 come partito regionale, fortemente contrario al nazionalismo catalano; nel 2013 si è esteso a livello nazionale ottenendo il 3% alle europee del 2014, il 13,9 alle politiche del 2015 e il 13% a quelle dell’anno successivo. Ha all’origine uno stampo lievemente socialdemocratico, che cerca di conquistare quella parte di elettorato di centro-destra deluso dal partito popolare, che tra l’altro in questi anni è stato coinvolto in una serie di scandali di corruzione in tutto il Paese. Ciudadanos entra in campo come area tendenzialmente giovane e moralizzatrice, più laica del partito popolare sui temi etici; ha attratto voti centristi anche per il suo vigoroso anti-secessionismo, fortemente unitario.

E Podemos?

Fondato nel 2014, si pone sulla sinistra, in forte rottura con il sistema politico. E’ tout court un partito di protesta…

In Italia sarebbe un po’ grillino?

Un po’ grillino nelle sue origini – viene dal movimento politico degli indignados - ma con maggior competenza politico-amministrativa.  Tra i fondatori emerge Pablo Iglesias, professore universitario di Scienze politiche a Madrid. Si radicalizza in fretta e alle europee del 2014 raccoglie già l’8% dei suffragi, che aumentano al 20,6% delle politiche del 2015 e al 21,1% del 2016. In una stagione di crisi economica e forti scontri politici, Podemos intercetta buona parte del voto di protesta popolare. Il 2016 è il momento del massimo trionfo di Podemos, che intanto ha per così dire un po’ de-radicalizzato il suo messaggio, cercando di togliere voti alla sinistra socialista.

 

LE ELEZIONI DEL 28 APRILE 2019: VINCONO I SOCIALISTI E CIUDADANOS, IRROMPE VOX…

A questo punto avevamo sulla sinistra PSOE e Podemos,  a destra il Partito popolare e Ciudadanos… una quadriglia bipolare, accompagnata come sempre dai spesso fondamentali (per la formazione di nuovi governi) partiti nazionalisti soprattutto in Catalogna e nei Paesi Baschi… Arriviamo alle elezioni politiche dello scorso 28 aprile, dove il quadro evolve ancora…

Dalle elezioni emerge una maggiore frammentazione. Per la prima volta in Spagna troviamo che un quadro inedito. Infatti oltrepassano il 10% dei voti: PSOE con il 28,7%, Partito Popolare con il 16,7%, Ciudadanos con il 15,9%, Podemos con il 14,3% e Vox con il 10,3%, nuovo attore in campo.

Parliamo allora di Vox

E’ nato da una costola del Partito popolare, fondato alla fine del 2013 da un gruppo di dissidenti, tra i quali emerge Santiago Abascal: alle europee del 2014 ottiene l’1,6% dei voti (246mila suffragi), lo 0,2 (circa 50mila voti) sia alle politiche del 2015 che a quelle del 2016. Però nel voto in Andalusia del dicembre 2018 Vox ha conquistato quasi 400mila voti (11,9%), entrando nel Parlamento regionale con 12 deputati e riuscendo a far parte dell’area di governo di centro-destra in una roccaforte fino allora sempre ‘rossa’. Le elezioni politiche del 28 aprile 2019 hanno ‘consacrato’ Vox tra i partiti nazionali corposi, con il suo bagaglio di quasi 2.700.000 voti raccolti.

Quali le caratteristiche principali di Vox?

E’ un partito che trae profitto importante dalla crisi catalana, essendo fortemente anti-secessionista, con più forza del Partito popolare. Vox insiste sull’unità del Paese ed è contrario al dialogo con i secessionisti catalani, chiedendo l’applicazione rigorosa dell’art. 155 che consente al governo di Madrid di sospendere l’autonomia qualora attenti all’unità nazionale. Rajoy l’aveva fatto con la Catalogna come contingenza emergenziale, ma Vox mira a rendere permanente tale applicazione, con l’imposizione della forza.

Però Vox ha attratto elettori popolari anche per altre ragioni…

Sì, perché ha molto insistito sui valori identitari della Nazione spagnola, accusando il partito popolare di averli abbandonati o comunque molto annacquati. Vox ha innalzato la bandiera valoriale conservatrice, con attenzione anche ai temi etici e in contrapposizione alle battaglie portate avanti dalla sinistra. Se Ciudadanos era nato anche per combattere la corruzione economica, Vox lotta contro la corruzione morale. Importante per il nuovo partito lo stop all’immigrazione musulmana e non a caso le vicende della Reconquista sono spesso rievocate nei discorsi dei suoi esponenti.

I vincitori delle elezioni del 28 aprile, che hanno registrato una partecipazione molto elevata, di oltre il 75%….

In primo luogo i socialisti… un successo non inatteso, ma sorprendente nelle dimensioni, dal 22,6% del 2016 al 28,7 di qualche settimana fa.

 

IL SOCIALISTA PEDRO SANCHEZ, UOMO INVISO ALL’APPARATO DEL PARTITO

Quanto ha contato in questo successo la figura di Pedro Sanchez?

Molto. Sanchez era inviso alla vecchia leadership politica, ma grazie a un’azione capillare sul territorio è riuscito a imporsi anche sulle contrarietà all’interno del partito.

Una sorta di Renzi iberico…

Un po’ sì… ha spostato il PSOE verso il centro …

Sì, ma su temi come quelli libertari e quello della memoria storica non è sembrato così centrista…

Ma non sono sue leggi, anche se le ha evidenziate con gran fragore come quando ha richiesto la rimozione delle spoglie di Francisco Franco dalla basilica della Valle de los Caídos.  Sanchez l’ha fatto, penso, per ragioni elettorali…

A queste ultime elezioni il PSOE ha acquisito voti da Podemos?

Sicuramente sì, e molti. Così come il Partito popolare ha ceduto elettori sia a Ciudadanos che a Vox.

Il secondo vincitore è sicuramente Ciudadanos

 … che è arrivato a meno di un punto percentuale dal Partito popolare e dunque mira a diventare il primo partito del centro-destra.

Però Ciudadanos, o almeno una parte dei suoi vertici, sarebbe disposta a un governo con il PSOE…

Ciudadanos è in una fase in cui deve scegliere: è vero che sostenere un governo offre molti vantaggi di potere amministrativo, ma è allettante anche l’idea di diventare il primo partito dell’area di centro-destra. E’ evidente che una ipotesi esclude l’altra.

 

UN GOVERNO MONOCOLORE SOCIALISTA? IL DILEMMA DI CIUDADANOS

Il 26 maggio in Spagna si vota anche a livello regionale…

Certo, intanto attendiamo i risultati del 26 maggio, sia per le elezioni europee che per non poche elezioni regionali all’interno del Paese, in 12 delle 17 comunità autonome. C’è una buona possibilità che Sanchez formi un governo monocolore socialista, con l’astensione di Podemos, del Partito nazionalista basco e di uno dei partiti nazionalisti catalani. L’altra possibilità è una coalizione tra PSOE e Ciudadanos, ma gli elettori di Ciudadanos restano contrari. Intascare subito i frutti della vittoria con incarichi governativi oppure cercare di ricompattare il centro-destra con la leadership di Ciudadanos?

Insomma in Spagna le elezioni europee potranno avere conseguenze sulla formazione del nuovo governo…

Penso di sì. E, nell’ambito del centro-destra, esiste la possibilità che Ciudadanos ne esca come primo partito…

E Vox?

Prima di tutto occorre sottolineare che Vox è il terzo vincitore delle elezioni del 28 aprile. E’ vero che molti analisti hanno sottolineato che ci si attendeva da parte di Vox un risultato ancora più sostanzioso, ma ciò non toglie che i quasi 2.700.000 conquistati in così poco tempo sono un campanello d’allarme rosso per il Partito popolare, che rischia alle europee di perdere altri elettori a vantaggio della nuova formazione. Vedremo che cosa succederà.