INTERVISTA AL CARD: VINKO PULJIC

INTERVISTA AL CARDINALE VINKO PULJIC - di GIUSEPPE RUSCONI - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI APRILE 2011

 

Sarajevo? Città musulmana. Sempre più discriminati i cattolici in Bosnia ed Erzegovina 

Cogliendo l’occasione della ‘visita ad limina’ dei vescovi bosniaci del febbraio 2006, avevamo chiesto al loro presidente, il cardinale Vinko Puljic, di valutare la situazione dei cattolici in Bosnia-Erzegovina a dieci anni dagli ‘Accordi di Dayton’. Tali ‘Accordi’, stipulati in una base militare americana e firmati a Parigi,  se avevano posto fine a una feroce guerra civile, avevano anche legittimato una divisione iniqua del Paese. Che era ormai separato in due entità per tre etnie: da una parte la Republika Srpska serbo-bosniaca, dall’altra la Federazione croato-musulmana (in cui sempre più cresceva il potere islamico). Ne era uscita un’intervista posta sotto il titolo eloquente “Bosnia ed Erzegovina: la Via Crucis dei cattolici” (vedi “Il Consulente RE” 3/2006). A cinque anni da quella conversazione abbiamo ricontattato l’arcivescovo di Sarajevo perché ci facesse una nuova valutazione di quel che accade nel Paese.

 

Purtroppo per i cattolici la situazione non è affatto migliorata, tanto è vero che Sarajevo può considerarsi ormai a tutti gli effetti una città musulmana. E’ questa una delle affermazioni ‘forti’ fatte nell’ampia intervista – un vero ‘grido di dolore’ -  dal presule sessantacinquenne, da quindici anni pastore di Sarajevo, da undici cardinale per forte volontà di Giovanni Paolo II. Gravi le responsabilità della comunità internazionale, in primo luogo degli Stati Uniti e dell’Unione europea, attenti soprattutto a non irritare i musulmani. Che per questo sono blanditi e coccolati, al contrario dei cattolici volutamente ignorati nelle loro giuste rivendicazioni di essere trattati da cittadini come gli altri. Una realtà triste di miopia politica e di tradimento culturale, che persiste e non fa certo onore né a Washington né a Bruxelles…

 

 

Eminenza, nell’intervista rilasciataci per “Il Consulente RE” 3/2006 Lei era apparso assai pessimista sull’evoluzione della condizione dei cattolici in Bosnia-Erzegovina, parlando di un’islamizzazione progressiva soprattutto nella Federazione croato-musulmana. A cinque anni di distanza la situazione dei cattolici nella vita quotidiana è effettivamente peggiorata? La Bosnia-Erzegovina, nella parte della Federazione croato-musulmana, è sempre più musulmana?

Purtroppo, la situazione dei cattolici non è migliorata, poiché politicamente i cattolici sono sempre più discriminati. Nella Republika Srpska, la Repubblica Serba di Bosnia l’ingiustizia legalizzata con l’Accordo di Dayton continua a vivere con la benedizione della comunità internazionale. Là i cattolici, che sono etnicamente croati, non possono ritornare né concretizzare i loro diritti. Nella parte federale della Bosnia-Erzegovina, dove vivono insieme cattolici e musulmani, i diritti non sono uguali: c’è chi è più uguale degli altri! Anche i rappresentanti della comunità internazionale si adagiano a tal situazione e ne diventano complici.  Sebbene noi abbiamo mostrato le ingiustizie esistenti, non abbiamo mai sperimentato che i potenti di questo mondo siano in qualche modo interessati ad aiutare i cattolici. Basti un esempio: in questi giorni a livello europeo si discute di un rapporto sui diritti umani in Bosnia-Erzegovina. Forse si parla dei cattolici di etnia croata? No, per niente, si menzionano solo le minacce ai diritti degli zingari.  

In Occidente è ancora assai diffusa l’idea di una Sarajevo multietnica e multiculturale, legata alle Olimpiadi del 1984… Un’immagine ormai sorpassata? Che ne è oggi della Sarajevo crocevia di popoli?

Non possiamo capire come l’Occidente non veda la realtà odierna nella città di Sarajevo. Questa città è la capitale di tutti in Bosnia-Erzegovina, ma è evidente che oggi è la città solo dei bosniaci – musulmani. Tutti gli altri vi vivono, ma non godono degli stessi diritti. Un esempio palese di discriminazione: se la Comunità islamica fa costruire le moschee dove e quando vuole,  noi cattolici da più di 12 anni chiediamo invano di poter costruire una chiesa in città, nella parrocchia di Grbaviza. Ogni volta che chiediamo la burocrazia ci maltratta con i suoi cavilli. Perché lo fa? Non si vuole costruire una chiesa, perché ormai Sarajevo è una città musulmana.

Perché la Bosnia-Erzegovina si è sempre più islamizzata? Quale peso hanno avuto i Paesi arabi? Come hanno agito gli Stati Uniti?

 

I Paesi arabi hanno generosamente investito ingenti mezzi finanziari per il rinnovamento dei centri islamici e per l’edificazione delle moschee. Adesso hanno incominciato ad investire sui grandi centri economici che hanno ricomprato. Gli Stati Uniti invece reagiscono solo se esiste il pericolo di terrorismo. E, per il timore di atti terroristici,  sono molto ben disposti verso i musulmani, anche per farsi perdonare gli interventi militari in alcuni Paesi islamici. Con la loro benevolenza verso i Bosniaci - musulmani vogliono dimostrare di non essere contro l’islam.

Perché l’Europa comunitaria, in cui non mancano le nazioni di tradizione cattolica, non è intervenuta e non interviene anche per proteggere i cattolici?

Non mi è chiaro perché molti Paesi siano ben disposti ad aiutare gli altri e si vergognino invece di dare un sostegno ai cattolici in Bosnia-Erzegovina. Ciò è ben dimostrato, sia se ci si riferisce all’Unione europea che ai singoli Paesi che la formano. In tale situazione è giusto rendere omaggio alle tante organizzazioni umanitarie che ci hanno aiutato a sopravvivere, cui siamo molto grati. Alcune organizzazioni ecclesiali occidentali ci hanno tangibilmente appoggiato nella nostra lotta per la sopravvivenza e il rinnovamento.

Che cosa fa l’Alto Rappresentante, oggi l’austriaco di origine slovena Valentin Inzko? Agisce per i diritti della comunità cattolica?

L’Alto Rappresentante è una persona che in Bosnia-Erzegovina  esegue gli ordini dei potenti di questo mondo. Assai poco egli può fare da solo. E quello che potrebbe fare,  non lo fa, dato che non intende rovinarsi la carriera cui mira. Purtroppo i politici sono fatti così: lavorano per interresse personale.

Eminenza, Lei ha già accennato al ‘muro’ burocratico che con mille pretesti blocca da più di dodici anni la costruzione di una nuova chiesa a Sarajevo. Intanto le moschee aumentano a dismisura… Vuol aggiungere qualcosa a tale proposito?

Come ho già rilevato, la comunità islamica ha grandi possibilità di costruire moschee, poiché il potere concede facilmente il permesso di costruzione ai musulmani. Bisogna rendersi conto che i musulmani non solo sono appoggiati materialmente dai loro politici locali, ma anche dai potenti di questo mondo. Alla comunità internazionale piace di più sostenere la costruzione di moschee che di chiese. Generalmente i rappresentanti della comunità internazionale si giustificano dicendo che non possono aiutare finanziariamente soggetti religiosi, ma solo culturali: e le chiese sono soggetti religiosi.

E’ cambiata in questi ultimi anni, dopo la guerra, la mentalità musulmana in Bosnia-Erzegovina? Quanta importanza ha oggi l’islam radicale?

Penso che il radicalismo non si mostri così diffusamente nel modo di vestire. Il radicalismo è molto più presente nel considerare insopportabili i segni cristiani. E’ ben presente ed evidente l’istigazione dei minorenni affinché devastino i cimiteri e i luoghi simbolo del Cristianesimo. E’ comprensibile che ciò susciti una reazione e questo naturalmente non favorisce la costruzione della pace. Si può notare qui una schizofrenia di comportamenti. I musulmani sono molto sensibili alle offese religiose, per esempio contro il Corano, ma allo stesso tempo essi offendono gravemente parlano la croce e i nostri simboli cristiani.

Quali contatti ha Lei con le autorità religiose musulmane? Come possono essere definite le relazioni a livello di vertici? E di popolo?

Noi, capi religiosi, comunichiamo regolarmente. Nel Consiglio interreligioso le sedute e i colloqui sono regolari. Ma non è facile trasporre lo spirito di tolleranza e di rispetto per tutti nel popolo e nei massmedia. I politici alimentano la tensione per motivi di bottega. Per loro politica e religione vanno a braccetto.

Stessa domanda, ma riguardante i rapporti con gli ortodossi…

Esistono anche qui regolari contatti e colloqui. Organizziamo insieme alcuni eventi a livello ecumenico, come in occasione dell’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. L’intensità della collaborazione dipende dai vescovi locali: alcuni sono aperti alla collaborazione, altri invece non credono alla strada dell’ecumenismo. A livello di popolo si fanno reciproci auguri in occasione delle festività. Purtroppo le due comunità non sono su un piede di uguaglianza: nella Republika Srpska la fede ortodossa è quasi la fede statale.

Nell’intervista del 2006 Lei ci aveva parlato del monastero delle suore di san Vincenzo a Sarajevo trasformato in un ospedale, che però non funzionava ancora data la mancanza di macchinari adeguati.  Oggi l’ospedale funziona?

No, purtroppo le autorità cittadine hanno bloccato l’ingresso all’edificio: neppure le suore possono avvicinarsi al loro monastero. Al momento siamo impotenti ad agire. o ingresso a questo edificio. Neppure le suore possono avvicinarsi a loro monastero. Abbiamo fatto ricorso in tribunale per vedere riconosciuti i nostri diritti. Temiamo però che la causa duri a lungo e noi non abbiamo per niente fiducia nell’oggettività del tribunale.

Eminenza, ci parli delle scuole cattoliche nella Sua arcidiocesi. Ce ne sono ancora? Quante? Da chi sono frequentate?

 

Grazie a Dio, i centri scolastici cattolici funzionano molto bene nell’arcidiocesi di Vrhbosna - Sarajevo. Sul territorio dell’arcidiocesi esistono cinque centri scolastici con le varie scuole (scuole elementari, ginnasi, scuole per infermieri) che noi chiamiamo “Le scuole per Europa”. Circa 5000 gli scolari che le frequentano. A Sarajevo l’unica scuola multietnica è appunto il nostro centro scolastico cattolico.

Quanti seminaristi oggi conta la Sua arcidiocesi? Nel 2006 erano una quarantina nel Seminario maggiore e una quarantina in quello minore…

Anche oggi esistono questi due Seminari. Nel Seminario maggiore si trovano più di 40 seminaristi; la situazione è analoga in quello minore. La nostra Teologia è diventata Facoltà e siamo incorporati nell’Università di Sarajevo, ma non ancora con pari diritti rispetto alle altre facoltà. Su questo lavoriamo ancora.

Il 17 novembre del 2010 il Tribunale federale di Sarajevo Le ha intimato lo sfratto dall’appartamento nel palazzo della diocesi, imponendone la consegna agli eredi delle spie comuniste che l’avevano occupato, espropriandolo, negli anni del regime. Lei vive ancora sempre lì? Quali reazioni ha suscitato la sentenza? Che intenzioni ha la diocesi?

Quando ho ricevuto la sentenza del tribunale secondo cui  una spia comunista aveva il diritto di entrare nella residenza, ho reagito energicamente: non l’avrei permesso, si sarebbe dovuto passare sul mio cadavere! Quel giorno ho invitato tutti i diplomatici, ho mostrato che cosa sarebbe successo se la sentenza fosse stata applicata e hanno capito che la faccenda era molto ma molto delicata. Le autorità statali hanno poi risolto questo problema dando agli eredi un appartamento in città e liberando la nostra residenza da questo obbligo. I credenti non si sono spaventati, perché hanno visto la mia reazione energica. Numerosi cittadini e vari massmedia mi hanno sostenuto.

Eminenza, un’ultima domanda, su Medjugorje. Lei in passato ha valutato sempre il fenomeno in modo positivo per quanto riguarda i frutti pastorali (confessioni, preghiere, cambiamenti di vita…), aggiungendo però che il giudizio sulle presunte apparizioni è un’altra cosa. Lei fa anche parte della Commissione vaticana di inchiesta su Medjugorje, che ha incominciato le sue riunioni un anno fa. Eminenza, le Sue valutazioni su Medjugorje sono cambiate rispetto al passato?

Siccome ora sono membro della Commissione per Međugorje, non posso rilasciare dichiarazioni in materia. La Commissione sta studiando la cosa e, quando avrà esaminato e valutato tutto, presenterà i risultati al Santo Padre. Fino ad allora io non posso rilasciare dichiarazioni.