INTERVISTA AL CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO

INTERVISTA AL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI GENNAIO 2011

 

Nell'intervista il porporato giudica una discriminazione offensiva l'ultima agenda dell'UE. Nei rapporti con l'Islam invita a non generalizzare comportamenti di frange islamiche minoritarie e a continuare il dialogo. La prossima beatificazione di papa Wojtyla      

 

 

Quand’era presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino faceva parlare non raramente di sé per le sue posizioni schiette su argomenti delicati di politica internazionale e di rapporti interreligiosi. Da poco più di un anno è ‘pensionato’ (il suo successore è il cardinale ghanese Peter Appiah Kodwo Turkson), ma non ha perso il gusto di dire la sua su argomenti controversi. Come si evince da quest’intervista che volentieri (come era già capitato in più occasioni per “il Consulente RE” cartaceo) ci ha concesso nell’appartamento in cui risiede vicino a San Pietro. Tra gli argomenti emersi nel colloquio con il settantottenne porporato salernitano l’attività quotidiana da ‘pensionato’, le sue Memorie, il tema della libertà religiosa nel mondo, i rapporti con l’islam anche in Europa, il laicismo dilagante in Occidente, l’amicizia con Giovanni Paolo II e la ‘felice coincidenza’ della sua beatificazione il Primo Maggio prossimo.

 

 

 

 

Eminenza, Lei a fine ottobre del 2009 ha lasciato la guida del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: da allora che ha fatto? Difficile pensarla inoperosa, anche se Lei è oggi amministrativamente (salvo la partecipazione a sedute di congregazioni) un ‘pensionato’…

 

Devo dire che in un certo senso sono più occupato di prima. L’unica cosa che non faccio è di andare alle otto e mezzo in ufficio. Resto attivissimo, prima di tutto per rispondere agli inviti a partecipare, a intervenire sui temi della giustizia e della pace, a scrivere presentazioni che mi giungono giornalmente da tante persone e organismi. Naturalmente non posso rispondere positivamente a tutte le richieste, poiché non ne avrei la possibilità né la forza. A diverse altre richieste posso però acconsentire; ed eccomi perciò a continuare a viaggiare in Italia e nel mondo. Adesso ad esempio l’Università di Tolosa insiste per un incontro: ci andrò volentieri, come mi ha chiesto anche il vescovo di Montauban.

 

Se è così occupato, eminenza, come farà a scrivere le Sue memorie, che presumiamo ricche di episodi, aneddoti, date le tante personalità conosciute sia nei sedici anni di Onu che negli oltre sette da presidente di un dicastero vaticano importante?

 

Sarà duro, problematico trovare il tempo necessario. In tutti questi quarant’anni nel servizio diplomatico della Santa Sede e in quelli – dal 2002 al 2009 – da guida di ‘Giustizia e Pace’ di esperienze ne ho vissute tantissime da testimone e a volte da protagonista, soprattutto come osservatore permanente presso le Nazioni Unite… sono cose che non stanno scritte da nessuna parte. Vorrei tanto scriverne, ma devo trovare il tempo per farlo. Il titolo delle mie memorie già ce l’ho in mente: Una goccia d’acqua…

 

Ci spieghi…

 

Le racconto come mi è venuto. Una notte - dormivo le mie solite cinque ore – un forte temporale mi sveglia, qui nell’appartamento in cui siamo. Incomincio a pensare all’origine dell’acqua caduta dal cielo: “Da dove viene questa goccia d’acqua? Viene magari dall’Oceano Atlantico, evaporata, divenuta nuvola, portata dal vento fin qui? E’ un po’ come la mia vita da pellegrino in tutto il mondo… posso contare sulle dita di due mani i Paesi dove non sono stato. E poi, dopotutto, quel che ho fatto durante tutta la mia vita che cos’è? Solo un piccolo contributo… una goccia d’acqua! “…

 

Ecco scovato un titolo dal significato ambivalente. Attendiamo allora con curiosità e con – ci pare di capire – pazienza il resoconto dei Suoi tanti incontri… Veniamo adesso invece a un argomento di bruciante attualità: la concretizzazione della libertà religiosa nel mondo. Certo Lei se n’è occupato sia all’Onu che in Curia…E papa Benedetto XVI ha infittito i Suoi interventi in materia, fino a farne il tema del tradizionale ‘Messaggio’ per la Giornata della Pace di quest’anno…

 

Voglio richiamare subito la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, adottata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. I diritti più importanti sono quello alla vita e quello alla libertà religiosa. All’articolo 3 si parla del primo: Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. E’ evidente che il diritto alla vita è fondamentale, poiché, se non siamo vivi, come possiamo reclamare gli altri diritti? All’articolo 18 si parla del secondo: Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sua in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. Lei vede che l’articolo 18 è pure fondamentale, poiché ci dà la possibilità di esprimere integralmente noi stessi, è l’espressione più intensa della personalità umana. E’ un articolo importantissimo…

 

… che per tanto tempo, ci pare, è stato un po’ sottovalutato nella sua importanza…

 

Per questo sono gratissimo a papa Benedetto XVI che da tempo insiste sull’argomento e ha voluto fosse al centro del ‘Messaggio’ per la Pace del 2011. Come ha detto il Santo Padre, la libertà religiosa è una condizione per la pace e una sua promozione, la via maestra per la pace.

 

Come è noto quella cristiana è la religione che soffre più di tutte per la mancanza di libertà religiosa nel mondo… i cristiani sono di gran lunga i più perseguitati in non pochi Paesi. Perché?

 

Sarei tentato di rispondere: “Per invidia”. Molti cristiani nel mondo cercano di essere coerenti con quello in cui credono: questo può dare, dà fastidio ad altri. Le conseguenze sono gravissime: quanti sacerdoti e operatori pastorali sono uccisi ogni anno per la loro fede! In media sono una trentina, come si evince dall’elenco annuale della Congregazione di Propaganda fide. Poi ci sono le azioni mirate contro le comunità, come vediamo in India, in Africa…

 

Ci sono tanti luoghi in cui chi testimonia il suo essere cristiano lo fa a proprio rischio e pericolo, anche della vita… Per esempio in alcuni Paesi islamici…

 

Bisogna stare attenti a non generalizzare con l’islam. Sono stato per sedici anni osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite: devo dire che il dialogo e la collaborazione più intensi e sereni sono stati quelli con i rappresentanti dei governi musulmani. Se alla conferenza internazionale sulla popolazione del Cairo nel 1994 abbiamo ottenuto la dichiarazione che l’aborto in nessun caso può essere invocato come metodo di pianificazione familiare, lo dobbiamo anche all’aiuto e al voto favorevole di molti musulmani. 

 

Però, eminenza, non può negare che ci siano musulmani che vogliono lo scontro con il cristianesimo e perseguano questo loro obiettivo con ferocia sistematica…

 

Sono solo settori specifici dell’islam quelli cui non piace il cristianesimo. Però in genere l’Islam vuole la collaborazione con i cristiani, non è affatto nemico dei cristiani…

 

Tuttavia in non pochi Paesi i cristiani vengono considerati cittadini di serie B, dei dhimmi che pagano cara la loro fede…

 

Non sempre e dappertutto accade questo. Certo questo rappresenta un problema, ma da parte dei cristiani c’è sempre la ricerca del dialogo con i Paesi musulmani.

 

Che cosa significa per Lei la parola dialogo?

 

Il dialogo presuppone che chi dialoga sia sullo stesso piano…Certamente non è facile parlare da pari a pari, a volte è molto faticoso, però è possibile; io del resto ho avuto da diplomatico e da presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace un’esperienza sicuramente positiva. 

 

E’ proprio di questi giorni (20 gennaio 2011) la notizia che il gruppo dei ricercatori dell’Università cairota di Al Azhar ha deciso di sospendere il dialogo con il Vaticano per le asserite ripetute ‘ingerenze’ di papa Benedetto XVI (“ha ripetutamente descritto l’islam in modo negativo”) a difesa delle moniranze religiose nei Paesi islamici. Ora è annunciata una mediazione tra le parti dell’ex-presidente libanese, l’arabo cattolico maronita Amine Pierre Gemayel. Lei, eminenza, che cosa pensa della decisione di Al-Azhar?

 

Dispiace che sia successo, ma ciò non può cambiare la linea del dialogo che abbiamo adottato. Dispiace soprattutto che la sospensione sia voluta dalla principale, dalla più autorevole scuola di pensiero del mondo sunnita. Mi auguro che l’Università constati che l’unica via per convivere è quella del dialogo.

 

A proposito dell’immigrazione di milioni di musulmani in Europa, che a volte richiedono ad esempio la costruzione di moschee, c’è chi invoca l’applicazione del principio di reciprocità: io ti permetto la costruzione della moschea, se tu lo fai per quella di una chiesa in un Paese islamico…

 

Il principio di reciprocità è importante, anche se non è facilmente concretizzabile. Tempo fa sono entrato nella diatriba, affermando che i musulmani presenti in Europa hanno il diritto di essere istruiti nella loro religione. Espressi qui la mia opinione in materia e destò scalpore. Però non avevo fatto altro che invocare l’applicazione dell’articolo 18 già citato della Dichiarazione universale dei diritti umani, sottoscritta da quasi tutti i Paesi. Certamente il principio di reciprocità è importante, però dobbiamo essere realisti: se i Paesi europei chiedessero, prima di concedere un diritto, che di esso usufruiscano anche i cristiani nei Paesi islamici, non andremmo più da nessuna parte. Allora mi chiedo: possono i Paesi europei mettersi sullo stesso livello dei Paesi che rifiutano l’applicazione della libertà religiosa? La mia risposta è chiara: no.

 

Allora via libera alla costruzione di moschee…

 

Io mi rifaccio ancora all’articolo 18 della Dichiarazione universale. Se esiste una comunità religiosa, deve poter pregare in un luogo…

 

E per i minareti? Lei sa che la maggioranza del popolo svizzero il 28 novembre 2009 ha bocciato la costruzione di nuovi minareti (oltre ai quattro già esistenti)…

 

Certo la moschea è più importante del minareto, il luogo in cui pregare è più importante del simbolo di presenza. Ma sulla questione specifica non mi pronuncio.

 

Eminenza, nel Messaggio per la giornata mondiale della pace, papa Benedetto XVI parla anche dell’Occidente relativista, in cui, se la vita del cristiano, non è direttamente a rischio, tuttavia il cristianesimo è oggetto di frequenti irrisioni e di tenaci e numerosi tentativi di emarginazione. Pensi ad esempio all’inaudita, offensiva vignetta anticattolica di tale Vauro nella trasmissione (Rai, servizio pubblico) ‘Anno zero’ condotta da tale Santoro nella serata di giovedì 20 gennaio; ripresa poi con compiacenza ipocrita più volte nella trasmissione ‘Striscia la notizia’ (Mediaset, Canale 5) di venerdì 21, condotta da tali Greggio e Hunziker. Pensi ai tre milioni di copie dell’agenda europea 2011, prodotta dal Commissario per la salute e la tutela dei consumatori, in cui vengono citate le feste di varie religioni, ma per quelle cristiane non c’è posto (neppure per il Natale!)… Ora nelle agende ancora da spedire verrà inserito un foglio integrativo, ma la gravità di quanto accaduto resta tutta…

 

Per quanto riguarda la vignetta di Vauro, questo è l’ennesimo indizio di un cattolicesimo in malafede. Richiama direttamente gli abusi sessuali, facendo però di ogni erba un fascio: ma la stragrande maggioranza dei vescovi e dei sacerdoti è pulita, perché grazie a Dio non ha niente a che fare con gli abusi sessuali! Ci sono quelli che sanno di poter insultare impunemente i cattolici anche dalla tv del servizio pubblico; naturalmente, se provassero con qualche altra religione…si ricorda quello che è successo con le vignette su Maometto in Danimarca?...quasi scoppiava una guerra! La Chiesa è abituata comunque agli insulti e va avanti lo stesso per la sua strada. Quindi lo sputo ricade sulla faccia di chi l’ha emesso.

 

E per quanto riguarda l’agenda europea?

 

E’ stata fatta qui una vera e propria discriminazione, patente ed offensiva. Sono degli imbecilli quelli che hanno redatto tale agenda: ricordano feste che sono state importate solo recentemente in Europa e ignorano ciò su cui l’Europa è nata, cioè le radici cristiane.

 

Ignoranza o malafede?

 

Assolutamente in malafede. Condanno e depreco nel modo più fermo tale modo di agire…

 

… che non è certo isolato nei nostri anni…

 

I laicisti, se coerenti, si conformino nella loro quotidianità alle loro idee: lavorino per esempio in tutte le feste religiose…. Invece vogliono discriminare solo i cristiani, contravvenendo in modo clamoroso allo sviluppo della storia d’Europa, alla realtà dell’Europa e dell’Occidente!

 

Questa mentalità si diffonde sempre più, soprattutto ma non solo tra i giovani…

 

Constato che negli asili pubblici del Québec è ormai vietato pronunciare il nome di Dio: e pensare che il Québec era la regione più cristiana, più cattolica di tutto il Canada… quando sono stato lì negli Anni Settanta, la presenza cristiana era ancora ben salda, percepibile… ora vedo che si arrivi ad assurdità come quella citata!

 

Eminenza, veniamo alla beatificazione di Giovanni Paolo II, un Papa che ha segnato la Sua vita e con cui ha avuto rapporti intensi di amicizia…

 

Giovanni Paolo II… il mio peccato originale è sempre stato quello di essermi occupato di problemi internazionali. Già dal 1970, chiamato in Segreteria di Stato dal Libano, sono stato per cinque anni capo della Sezione delle organizzazioni internazionali. Nel 1980 fui mandato come rappresentante pontificio in Thailandia, con competenza anche per Malesia, Singapore, Brunei, de facto mi sono occupato anche di Cambogia e Vietnam. Quando, nel 1986, papa Giovanni Paolo II venne a Singapore, mi annunciò che sarei stato nominato osservatore permanente della Santa Sede all’ONU. Nel 1992 ero candidato ad essere nunzio in Brasile. Ma Giovanni Paolo II non accettò, disse: “Martino resta all’ONU”…

 

Si vede che Lei faceva un buon lavoro…

 

Ogni volta che venivo a Roma da New York (un paio di volte l’anno), io chiedevo udienza. Ma il Papa invece mi invitava a pranzo da lui. Un giorno mi spiegò il perché: Se ti ricevessi in udienza, ti potrei concedere quindici-venti minuti al massimo; il pranzo invece dura un’ora, un’ora e mezzo. E mi puoi dire tutto quello che succede all’ONU. Quei pranzi li ricordo con tanto affetto per il Papa, erano un intenso scambio di informazioni… il Papa era interessatissimo a sapere quanto accadeva alle Nazioni Unite.

 

Poi, nel 2002, Lei fu nominato presidente a ‘Giustizia e Pace’…

 

Mi ricordo che Giovanni Paolo II mi disse: Adesso basta con l’ONU. Ora quello che hai imparato lo potrai mettere a frutto a ‘Giustizia e Pace’, di cui ti nomino presidente. Nel 2003 mi fece cardinale. I contatti diretti che ho avuto mi hanno fatto capire bene la grandezza della persona. Quando ho sentito la notizia della beatificazione, non ho potuto che gioire e ringraziare il Signore.

 

La gioia è generale per la beatificazione di Giovanni Paolo II. Più d’uno però ha qualche perplessità sulla data scelta. E’ vero che è quella in cui quest’anno cade la domenica della Divina Misericordia (papa Wojtyla era molto devoto di suor Faustina Kowalska) e tuttavia c’è chi teme per lo sforzo cui saranno sottoposte le forze dell’ordine data anche la concomitanza romana delle tradizionali grandi manifestazioni per il Primo Maggio, chi arriccia il naso per quella che gli appare una sorta di concorrenza al simbolismo tradizionale della stessa giornata…. Lei che ne dice?

 

No, non c’è concorrenza. E’ una coincidenza direi anche felice, poiché Giovanni Paolo II è sempre stato attentissimo alla Dottrina sociale della Chiesa… le svelo qui un altro aneddoto. Il 24 ottobre del 2004, dopo la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa in Sala Stampa, andai dal Papa. Giovanni Paolo II l’aveva commissionato al Pontificio Consiglio nel 1998: l’aspettava da tempo, disse Finalmente!, lo sfogliò continuamente per tutta la durata del pranzo ed al termine si complimentò per il bel lavoro fatto. Questo per ribadire come la data del Primo Maggio per la beatificazione appare come una felice coincidenza!