IL CARD. RATZINGER SU TURCHIA E UE (GIORNALE DEL POPOLO)

IL CARDINALE JOSEPH RATZINGER SU TURCHIA E UNIONE EUROPEA - GIORNALE DEL POPOLO DEL 20 SETTEMBRE 2004

 

Storicamente e culturalmente la Turchia ha poco da spartire con l’Europa: perciò, “pur con tutto il rispetto”, sarebbe un “errore grande” inglobarla nell’Unione europea (UE). Meglio sarebbe se la Turchia fungesse da ponte tra l’Europa e il mondo arabo oppure addirittura formasse un suo “continente culturale” insieme con esso.

Si sapeva che il cardinale Joseph Ratzinger è contrario all’ingresso della Turchia nell’UE, come era emerso da quanto detto al “Figaro” qualche tempo fa; tuttavia venerdì sera, nel corso di un Convegno ecclesiale a Velletri, ha spiegato per la prima volta nei dettagli la sua posizione (scroscianti gli applausi dei 400 presenti), che ha evidenziato come personale. Il porporato bavarese inoltre pensa che esista un “islam moderato”, ma che debba essere molto più presente (anche con l’aiuto dei cristiani) sulla pubblica scena internazionale. Infine, a proposito del ‘no’ alla citazione delle radici cristiane nel Preambolo della futura Costituzione europea, l’ha dichiarato “incomprensibile e inaccettabile”. Probabilmente non c’è più possibilità di modificare la decisione; tuttavia, ha chiosato sibillinamente, “aspettiamo i risultati dei vari referendum”.

E’ noto che il 6 ottobre la commissione europea apposita renderà noto il suo rapporto sui progressi ‘democratici’ constatati ad Ankara e inoltrerà al Consiglio europeo il parere sull’avvio di negoziati per l’adesione della Turchia all’UE. In tale contesto di bruciante attualità la posizione del cardinal Ratzinger acquisisce un rilievo non trascurabile (e si accompagna del resto a prese di posizione recenti come quella della CDU tedesca e anche alle perplessità espresse a maggio dal cardinale Camillo Ruini).  Quella del porporato non è stata una conferenza, ma una serie di risposte non brevi a diversi stimoli venutigli dai presenti e riguardanti i contenuti fondamentali  dell’esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”. Si è così parlato anche di annuncio evangelico, di impegno politico dei cristiani, di laicità dello Stato (e di laicismo “dogmatico e intollerante”), di radici cristiane. In tale contesto è caduta la nostra domanda sulla compatibilità della Turchia con l’Unione europea. Il presule bavarese, premesso di parlare “da storico piccolo che ha sempre conservato amore e attenzione per quella disciplina”, ha evidenziato dapprima che l’Europa non è un concetto geografico, ma culturale, formatosi in un percorso storico anche conflittuale imperniato sulla fede cristiana. E’ un fatto, ha rilevato il decano del Sacro Collegio, che l’Impero ottomano è sempre stato in contrapposizione con l’Europa. Anche se Kemal Ataturk negli Anni Venti ha costruito una Turchia laica, essa è il nucleo dell’antico Impero, ha un fondamento islamico ed è dunque molto diversa dall’Europa, che è pure un insieme di Stati laici ma con fondamento cristiano (anche se oggi sembrano ingiustificatamente negarlo).  Sarebbe “antistorico” l’ingresso della Turchia nell’UE, andrebbe contro l’anima di ambedue le realtà: “un errore grande” derivato anche da ragioni economiche. Ma che Europa sarebbe quella costruita solo sull’economia? La Turchia, che va rispettata nei suoi valori identitari, avrebbe invece “un’altra missione da compiere”: essere “ponte culturale” tra Europa e mondo arabo. Ancora meglio: la Turchia dovrebbe formare un suo “continente culturale” insieme con gli arabi, ma il momento non è propizio a causa delle tensioni esistenti. Rispetto sì, confusione no: le parole del cardinale sono state molto apprezzate dai presenti, cui hanno fornito certo una chiave di lettura valida (su cui si può consentire o dissentire) per decifrare una questione assai complessa e spesso affrontata con molta disinvoltura col pretesto della cosiddetta omogeneizzazione culturale.    

Giuseppe Rusconi