UNA LETTURA EBRAICA DEI VANGELI: SPUNTI DI RIFLESSIONE

UNA LETTURA EBRAICA DEI VANGELI: SPUNTI DI RIFLESSIONE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 6 ottobre 2021

 

Fresco di stampa il primo di tre volumi contenenti una lettura ebraica del Nuovo Testamento, frutto di 13 anni di studio e ricerca dell’ebreo Marco Cassuto Morselli e della cattolica Gabriella Maestri (Castelvecchi Editore). Il volume riguarda i Vangeli e gli Atti degli Apostoli e diverse affermazioni in esso contenute daranno origine probabilmente a un dibattito intenso che favorirà comunque la conoscenza reciproca ebraico-cristiana.

Frutto di uno studio (durato 13 anni) che certo ha richiesto competenza, passione, pazienza e volontà ferrea, è uscito da poco presso Castelvecchi il primo di tre volumi posti sotto il titolo “Nuovo Testamento. Una lettura ebraica”, che offre in tale contesto una traduzione con commento dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli. A seguire il secondo volume che riguarda le Lettere di Shaul/Paolo e infine a novembre il terzo con gli altri scritti neotestamentari e l’Apocalisse.

Chi sono gli autori? Marco Cassuto Morselli, ebreo e presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane (ce ne siamo già occupati più volte in www.rossoporpora.org soprattutto perché curatore con padre Giulio Michelini della Bibbia dell’Amicizia) e Gabriella Maestri, cattolica, grecista e studiosa dei testi cristiani antichi.

Abbiamo letto il volume, di quasi 500 pagine e l’impressione che ne abbiamo tratto – non siamo in ogni caso né biblisti né teologi né grecisti – è quella indicata nell’incipit. Con un’aggiunta tutt’altro che marginale: non pochi passi del volume probabilmente susciteranno ampia discussione. Il che non è però conseguenza negativa, ma potrà portare a un approfondimento della reciproca conoscenza tra ebrei e cristiani. Di questo c’è ancora un gran bisogno, considerato come anche ai nostri giorni – caratterizzati de facto da un crescere dell’ignoranza cultural-religiosa e da un’estremizzazione del pubblico dibattito in particolare via social– vi è chi continua a spargere veleni sui rapporti tra le due religioni, eccitando per odio consolidato o per criminale superficialità il lato peggiore della condizione umana.  

Il dialogo ebraico-cristiano, nonostante i grandi progressi nell’ultimo mezzo secolo fatti soprattutto ad alto livello, resta delicato e per certi versi fragile, come provano anche vicende recenti attorno alla spinosa problematica della pretesa ‘sostituzione’ del popolo ebraico con quello cristiano sulla via della Salvezza. Come è noto, ad alcune affermazioni di papa Francesco all’udienza generale dell’11 agosto 2021 a commento della Lettera ai Galati di San Paolo (“L’apostolo spiega ai Galati che, in realtà, l’Alleanza con Dio e la Legge mosaica non sono legate in maniera indissolubile (…) La Legge non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. La Legge è un cammino che ti porta avanti verso l’incontro”) sono seguite reazioni polemiche da parte di alcuni ambienti ebraici. Da Gerusalemme e dagli Stati Uniti sono state inviate al cardinale Kurt Koch (presidente del Pontificio Consiglio competente in materia) lettere di protesta. E il 3 settembre – in una lettera a Repubblica – il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni metteva in guardia il Papa dal “rischio di confermare” con le sue catechesi in materia “stereotipi ostili, nel caso particolare quello dell’ebraismo come religione abrogata e formalistica, tutta doveri, senza spirito o semplice preparazione, ‘pedagogia’ alla nuova fede”. Dell’intera vicenda ha dato conto con la completezza e la precisione che gli sono caratteristiche Sandro Magister nel suo blog “Settimo Cielo” .

 

RESTITUIRE AL LETTORE L’EBRAICITA’ di YESHUA E DEI VANGELI

Torniamo al primo volume della trilogia di Cassuto Morselli e di Maestri. L’obiettivo dichiarato degli autori è quello di restituire al lettore “l’ebraicità di Yeshua e dei Vangeli, a lungo rimossa”. Un’impresa poderosa e nuova, per l’Italia e non solo. Per incominciare a incamminarsi con il passo giusto verso l’obiettivo, una scelta tutt’altro che banale: nel testo i nomi propri ebraici (di persone e di luoghi) non sono tradotti. Non solo: nemmeno sono tradotte “alcune parole di particolare rilevanza semantica”, come ad esempio ben/figlio, berakhàh/benedizione, besoràh tovàh/buona novella, Vangelo, goyìm/gentili, pagani, mashal/parabola, Mashiah/Cristo, rahamìm/misericordia, Rùah ha-Qòdesh/Spirito Santo, sedaqàh/giustizia, tesuvàh/conversione (il volume è fornito di un ricco glossario). Anche il nome di Dio è reso dal greco Kyrios con Ha-Shem (con l’attributo della misericordia) se indica il “Tetragramma impronunciabile”, Adon/Signore se invece designa il Messia. Dal greco Théos il nome di Dio è reso con Eloqim (con l’attributo della giustizia).

Il volume analizza, dopo un capitolo introduttivo (“Da Yeshua al Vangelo”) i quattro Vangeli canonici seguiti da un capitolo conclusivo del tema intitolato “Dal Vangelo al Messia”). Poco meno di un centinaio di pagine sono poi dedicate agli Atti degli Apostoli, di cui si evidenzia la paternità lucana.

Può essere utile riproporre le prime righe dell’opera: Yeshua ben Yosèf nacque a Bet-Lèhem di Yedàh intorno al 6 a.e.c. , svolse la sua attività pubblica prevalentemente in Galìl e morì a Yerushalàyim, su una croce romana, intorno a Pesah dell’anno 30. (NdR: da notare subito: “croce romana”). La sua breve vita ha diviso la storia del mondo in un prima e un dopo. Con i suoi amici e i suoi avversari (NdR: da notare: “avversari”, non “nemici”) parlava aramaico ed ebraico, in aramaico ed ebraico pregava e svolgeva il suo insegnamento, in ebraico leggeva la Torah. Nel giro di pochi decenni però la forma linguisticamente originaria della sua predicazione andò perduta, ad eccezione di poche espressioni ebraiche ed aramaiche conservate nei Vangeli.

Con la diffusione del suo movimento tra le genti, la trasmissione delle sue parole avvenne in lingua greca, e in greco sono i testi neotestamentari che noi possediamo.

E più oltre: I testimoni diretti delle parole e delle azioni di Yeshua e coloro ai quali tali insegnamenti erano stati trasmessi erano ben consapevoli della propria autorità e della necessità di ricostruire, sia oralmente che per iscritto, nel modo quanto più possibile organico, una diegésis, cioè un ‘racconto complessivo’ delle vicende e degli insegnamenti gesuani, che avesse come obiettivo quello di rafforzare i seguaci nella fede e nella sequela del loro maestro. Scomparsi i diretti testimoni, proprio a questi discepoli (chiamati anche presbiteri) le Comunità fecero riferimento e ne verificarono la validità controllando se essi fossero effettivamente inseriti nella successione risalente agli apostoli. (…) L’oralità era alla base sia dell’insegnamento di Yeshua sia delle notizie su di lui tramandate da coloro che ne facevano memoria. Ma la memoria non è qualcosa di asettico, un contenitore in cui tutto confluisce nei minimi particolari.  E di questo, ci permettiamo di osservare, doveva essere ben consapevole il generale dei Gesuiti padre Arturo Sosa Abascal quando annotò -nell’amplissima e controversa intervista del febbraio 2017 - che “intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù… a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito…” (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/672-gesuiti-padre-sosa-parole-di-gesu-da-contestualizzare.html ).

Nel volume si rivendica l’ebraicità di Gesù e in tal senso si rileggono anche passi dei Vangeli che hanno favorito in passato l’antigiudaismo cristiano, tragicamente sfociato spesso in una forma di antisemitismo. Vi proponiamo alcune delle riflessioni offerte in materia da Marco Cassuto Morselli e Gabriella Maestri.

 

SUI VANGELI

. Vangelo di Matteo: E’ il più commentato dei Vangeli ed è rivolto anche e soprattutto agli ambienti ebraici, attento a presentare le vicende di Yeshua come compimento delle Scritture. (…) Yeshua è presentato nella sua attività di maestro e taumaturgo: progressivamente rivela la sua messianicità regale e, al tempo stesso, diviene chiaro che tale regalità non lo condurrà al trono ma alla croce. Nel testo vi è attenzione anche ai sentimenti di Yeshua, che appare a volte teso e adirato, altre volte affettuoso e commosso.

. Vangelo di Marco: Poiché il suo Vangelo era indirizzato alle genti, Marco riduce molto i riferimenti alla Torah e ai Neviim (profeti), tende a spiegare le usanze ebraiche perlopiù sconosciute ai suoi destinatari e quando utilizza parole ebraiche o aramaiche subito ne fornisce una traduzione. (…) Marco tende a presentare i Romani in buona luce, come del resto fanno anche gli altri evangelisti, per non urtare la sensibilità di coloro che leggevano ed ascoltavano il messaggio di salvezza.

. Vangelo di Luca: Egli si rivolge ai gentili che si sono convertiti alla nuova fede e fornisce le spiegazioni necessarie a comprendere le realtà ebraiche con le quali stanno entrando in contatto. (…) Per tre volte, nel Vangelo di Luca, Pilato dichiara di non ritenere Yeshua colpevole. Si tratta di un’apologia del cristianesimo rivolta alle autorità romane oppure la preoccupazione principale era quella di rassicurare gli stessi cristiani sulla loro appartenenza movimento che neppure ai suoi inizi era stato ritenuto pericoloso e in conflitto con l’autorità imperiale? Probabilmente entrambe le ipotesi sono vere.

.Vangelo di Giovanni: E’ stato definito il più giudaico e insieme il più antigiudaico dei Vangeli. La nostra ipotesi è che sia diventato il più antigiudaico proprio perché era il più giudaico. Esso ha affascinato i suoi lettori per mille generazioni con la sua alta spiritualità, ma ha anche diffuso abbondantemente l’antigiudaismo. I Giudei nel testo assumono prevalentemente il ruolo di antagonisti di Yeshua, in combutta con il diavolo, e nel corso della storia diventano i principali oppositori della luce diffusa dal cristianesimo, i rappresentanti di quel ‘mondo’ che si oppone alla Redenzione. Se il mondo è dominato da forze oscure, l’orizzonte delineato rende accettabile l’idea che a governare tali forze siano in fin dei conti i Giudei.

 

SULLE BEATITUDINI E SULLA DOTTRINA DELLA SOSTITUZIONE

. Quante volte le beatitudini sono state lette come una contrapposizione ‘cristiana’ alla legge ‘ebraica’? Le sottolineature messianiche evidenziate da Yeshua non sono certo sostituzioni del messaggio: l’intento di Matteo non era quello di operare una sostituzione dei valori della Torah con i ‘nuovi valori’ proclamati da Yeshua, ma quello piuttosto di radicare il messaggio di Yeshua nella spiritualità di Israele evidenziandone gli sviluppi messianici.

 

SUI FARISEI

. I farisei sono purtroppo presentati in tutti gli scritti evangelici in modo quasi sempre molto negativo e sono diventati i prototipi dell’ipocrisia e di un formalismo religioso che guarda solo all’apparenza esteriore e non all’esercizio di una profonda spiritualità. Sulla bocca di Yeshua sono state poste espressioni tremende e piene di violenza contro di loro che ci rifiutiamo di pensare possano essere state pronunciate da chi ha affermato che è grave peccato anche solo dire ‘raqa’, cioè ‘stupido’, al proprio fratello. Certamente parole di questo tipo sono il triste frutto di quelle tensioni e divisioni che si sono prodotte quando, dopo le due Guerre giudaiche, le strade delle Comunità messianiche si sono distaccate dalla loro matrice ebraica.

. Ciò che caratterizzava i farisei era il loro zelo per il compimento della Torah, essi sin dall’inizio rappresentarono una risposta religiosa e politica all’ellenizzazione prodotta dai Seleucidi, soprattutto da Antioco IV. A differenza dei sadducei, compromessi con il potere e inclini a considerare soltanto l’autorità della Torah scritta, essi sostenevano anche la validità della Torah orale che si manifestava nelle tradizioni dei padri e che ritenevano data anch’essa a Mosheh sul monte Sinay.

 

LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO

. Nella parabola del buon Samaritano abbiamo un kohèn e un lewi che non soccorrono un ferito e un Samaritano che invece, preso da compassione, gli fascia le ferite e poi si prende cura di lui. Qual è l’insegnamento? I Samaritano sono migliori dei sacerdoti e dei leviti? Evidentemente no. Anche qui ci troviamo di fronte ad un ribaltamento di prospettiva: si comporta bene colui dal quale non ce lo aspetteremmo.

 . Questa parabola  così conosciuta e amata in tutto il mondo cristiano è però divenuta anche occasione per diffamare la Torah. Il kohèn e il lewi che non si fermano a prestare soccorso non lo fanno perché osservano la Torah, ma perché non la osservano. La Torah obbliga a prendersi cura sia di un malato che di un moribondo che di un morto, non lo vieta per motivi di purità rituale.

 

LA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO

. La parabola è stata ampiamente commentata sin dall’antichità e si presta a letture diverse, per esempio di tipo psicologico, in quanto spesso i genitori fanno preferenze fra i figli e suscitano così gelosie tra i fratelli. Le interpretazioni che più ci interessano sono quelle che vedono nel figlio maggiore il rappresentante dell’ebraismo e in quello minore il rappresentante del cristianesimo. Spesso del figlio maggiore si mettono in luce le caratteristiche negative, quali la gelosia, l’invidia, l’obbedienza in vista di una ricompensa, mentre si dimenticano le parole che gli rivolge il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”. Si trascura anche che i motivi per i quali il figlio minore fa ritorno a casa non sono affatto spirituali: ha terminato tutto il denaro e ha fame.

 

GESU’, BARABBA E I PRESENTI DAVANTI AL PRETORIO

. Che un uomo inflessibile e crudele come il governatore romano proponesse alla folla di scegliere tra Gesù e Bar-Abbà sembra altamente improbabile, ma che sia la folla chiedere per due volte : Sia crocifisso! (…) lo è ancor di più. Per secoli l’accusa di deicidio ha avvelenato i rapporti tra i cristiani e gli ebrei, come se gli ebrei di tutti i luoghi e di tutti i tempi fossero stati presenti in quello spazio davanti al pretorio, dove in realtà solo un esiguo numero di persone poteva trovarsi.

. Se anche si ritenesse che in effetti quel gruppo presente davanti al pretorio avesse pronunciato quella frase (NdR: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli), essa potrebbe avere un significato molto diverso da quello che le è tradizionalmente stato attribuito. Si deve tener presente, infatti, che il sangue del giusto ha valenza espiatoria.

. Anche il particolare della lavanda delle mani suscita perplessità, perché non corrisponde a nessuna usanza romana conosciuta, mentre nel racconto contribuisce a convincere dell’innocenza del procuratore, che in realtà è l’unico ad avere il potere di emettere una sentenza di morte.

 

VIE DI SALVEZZA

. Se Yeshua non voleva fondare una nuova religione, il cristianesimo, a partire da un certo momento, si è costituito come religione non solo diversa, ma anche opposta a quella ebraica. (…) Il problema apparentemente insolubile può trovare a nostro avviso una soluzione ripensando alle due vie di salvezza nei termini in cui ne parla la Torah, quella Torah che Yeshua non intendeva abolire ma diffondere nella sua pienezza. Nella Torah sono presenti diverse alleanze, ma le due principali sono quella con Noah – ossia con l’umanità uscita dal diluvio – e quella con Mosheh e i figli di Israele. Ha-Shem sceglie un piccolo popolo per realizzare il suo progetto a beneficio di tutta l’umanità.

. Anche i cristiani hanno una via di salvezza, che non si sostituisce a quella di Israele, ma la completa, nel senso che realizza quell’apertura alle genti che è promessa a Israele. E’ questa la base che consente, tra ebrei e cristiani, quella collaborazione per il tiqqun olam, la ‘riparazione del mondo’, di cui l’umanità tutta ha così urgente bisogno.

 

L’ATTESA DEL MESSIA

. Il cristianesimo ha fatto conoscere la Torah ai popoli del mondo, e in questo è divenuto un partner di Israele nella missione di essere testimone di Ha-Shem. Ma al contempo l’antigiudaismo si è insinuato ed è prosperato al suo interno, oscurandone la testimonianza. Per questo combattere l’antigiudaismo non deve essere considerato una questione marginale nelle Chiese, ma un impegno essenziale per la stessa identità cristiana e per il redressement della sua stessa missione. Poiché l’orizzonte non è né quello della conversione degli ebrei al cristianesimo , né quello della conversione dei cristiani all’ebraismo, liberati dal fardello dell’antigiudaismo cristiano e anche dell’anticristianesimo ebraico – per quanto diverso sia stato il loro rispettivo ruolo nella storia – possiamo insieme attendere il Messia, la sua venuta o il suo ritorno. (…) Yeshua appartiene a Israele e ne rappresenta la messianicità: la sua resurrezione è anche un’anticipazione della resurrezione di Israele dopo i secoli di passione e di esilio.