LA PAPOLATRIA SECONDO ANGELO BECCIU? MULTIFORME

LA PAPOLATRIA SECONDO ANGELO BECCIU? MULTIFORME – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 19 giugno 2017

 

Presentato lunedì 19 giugno nella Biblioteca del Senato “Francesco, il papa americano”, un volume della UTET ‘Grandi Opere’: introdotto da Giovanni Maria Vian, è scritto da Silvina Perez e Lucetta Scaraffia e illustrato dal noto artista Giuliano Vangi. All’ampio e interessante intervento dell’arcivescovo Angelo Becciu hanno fatto seguito le considerazioni di Luciano Violante (già presidente della Camera dei deputati) e di Luigi Zanda (capogruppo del Pd al Senato, molto amato dal catto-fluido ‘Avvenire’).

In questi giorni di argomenti su cui esercitare la riflessione non ne mancano proprio: dalle nomine dei membri della Pontificia accademia per la Vita (che testimoniano – a dispetto dell’intervento dei mazzarini di turno in funzione di pompieri – di uno sbriciolarsi catto-fluido di un altro valore non negoziabile come quello della difesa della vita dal concepimento alla sua fine naturale) al tristissimo caso, purtroppo tremendamente emblematico di una deriva statuale di tipo eugenetico, sviluppatosi attorno al piccolo Charlie Gard, un bambino inglese di dieci mesi affetto da una malattia genetica molto rara (i medici hanno deciso di eliminarlo, contro la volontà dei genitori; si è in attesa dell’imminente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo).

Sarebbe anche utile riflettere sulla manifestazione di diverse associazioni legate al ‘Family Day’ che sabato 17 giugno, con un caldo torrido, ha radunato centinaia di famiglie – indignate contro il persistente e crescente diffondersi nelle scuole pubbliche dell’imposizione della famigerata ideologia gender - davanti al Ministero dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università. O anche ragionare sulla “gazzarra mediatica ignobile” scatenata da ‘Avvenire’ e dal suo nume tutelare Galantino in difesa di una legge sullo ius soli e sullo ‘ius culturae’  la cui discussione dovrebbe essere invece condotta “in modo molto serio” e non con procedure parlamentari golpistiche che de facto la impediscono. Purtroppo il segretario generale della Cei sta esacerbando gli animi di non pochi cattolici, che si trovano a condividere battaglie della ‘parte sbagliata’ e che potrebbero essere tentati dal negare quest’anno alla Chiesa l’8 per mille personale. C’è chi dice che Nunzio Galantino ha un brutto carattere, è fumantino e tutte queste sue continue intemperanze dovrebbero convincere chi di dovere a mandarlo a frequentare il primo anno della Pontificia Accademia ecclesiastica (quella che forma i diplomatici vaticani).

Veniamo allora alla presentazione del volume “Francesco, papa americano”: per chi c’era nella ‘Sala Giovanni Spadolini’ della Biblioteca del Senato è stata un’ora e mezzo assai interessante. Al tavolo dei relatori il presidente della UTET Grandi Opere Marco Castelluzzo (che ha porto un sostanzioso benvenuto), il Sostituto Segretario di Stato Angelo Becciu, il presidente emerito della Camera dei deputati Luciano Violante, il capogruppo piddino al Senato Luigi Zanda. In prima fila - assente per cause di forza maggiore l’artista Giuliano Vangi - oltre al cardinale Raffaele Farina e a Gianni Letta, le autrici Silvina Perez e Lucetta Scaraffia e il direttore de ‘L’Osservatore Romano’ Giovanni Maria Vian (che ha redatto l’introduzione al volume).

Restiamo proprio su Vian, riandando (e poi vedrete perché) a una sua riflessione sul fenomeno della ‘papolatria’ esposta in un’intervista rilasciataci qualche anno fa (pubblicata su “il Consulente RE’ 10/2007) ,un mese dopo la sua nomina a direttore del quotidiano vaticano (vedi anche in questo stesso sito www.rossoporpora.org, rubrica “Intervista a personalità”). In quell’occasione avevamo ripreso un’altra sua considerazione (fatta a ’30 Giorni’ 9/2007), riguardante i legami con suo nonno Agostino, amico di papa san Pio X: “Quello che mi lega a mio nonno – aveva detto Vian – è certo la fedeltà intransigente alla Santa Sede. Naturalmente senza indulgere a cortigianerie che possono arrivare addirittura a forme di papolatria dolciastra”. Gli avevamo chiesto allora di spiegarci il significato di “papolatria dolciastra”. E Vian: “Essere fedeli al Papa non è un atteggiamento formale, che si colora di una foresta di aggettivi magniloquenti e di espressioni iperboliche quando si riferisce dei suoi interventi. I contenuti dei discorsi del Papa dicono di per sé già tutto: basta presentarli perché traspaiano nella loro essenziale efficacia, senza arricchimenti formali superflui”.  Chi legge almeno con una certa regolarità l’ “Osservatore” potrà valutare da sé quanto in questi anni il giornale ufficioso della Santa Sede si sia mantenuto lontano da una “papolatria dolciastra”.

Perché ricordare l’episodio in questa sede? Il motivo è semplice: l’arcivescovo Becciu ha esordito evocando il momento in cui ha saputo che si stava stampando un nuovo libro sul pontefice argentino…. “Ma… un nuovo libro su papa Francesco? Non rischiamo la papolatria?”. Qui monsignor Sostituto ha ricordato dapprima che il timore della papolatria aveva radici antiche… già ai tempi del Concilio c’era chi si chiedeva se non si esagerasse in quel senso. Per Becciu la papolatria esiste: dentro e fuori la Chiesa.

All’interno: si ha papolatria “quando si strumentalizza il Papa per propri interessi”. Oppure “per creare quello spirito di Corte”, contro cui si è espresso più volte papa Francesco.

All’esterno: papa Francesco “è popolarissimo fuori della Chiesa”. Però Becciu si chiede se negli ambienti laici la popolarità è tale “perché il Papa ha toccato il cuore” o perché “piacciono certe parole del Papa”, mentre altre vengono ignorate. Monsignor Sostituto “propende” a pensare che la prima ragione sia quella vera. Tuttavia riconosce che “ci può essere il rischio” che chi è lontano apprezzi il Papa, “prendendo dalle sue parole solo quello che gli interessa”. 

Per l’arcivescovo Becciu il volume ”non scade nella papolatria”. In esso è dato di “cogliere gli aspetti positivi della personalità di papa Francesco e anche i limiti”. Però – fors’anche in virtù dello ‘sguardo femminile’ delle autrici – si ritrova una “delicatezza che non irrita coloro che vogliono bene al Papa e, allo stesso tempo, non fa gridare allo scandalo i cultori della oggettività storica”. Noi non abbiamo fin qui avuto la possibilità di leggere i contributi di Scaraffia, Perez e anche Vian; e dunque ci riserviamo un ulteriore articolo quando avremo letto tali testi che, per motivi diversi, si prospettano suscettibili di riflessione. C’è anche un’altra curiosità che vorremmo soddisfare: perché “il papa americano” e non – come per noi sarebbe più logico - “sudamericano” o “argentino”? E’ una questione alla quale lo stesso arcivescovo Becciu ci ha detto di non aver pensato.

Intanto continuiamo a seguire monsignor Sostituto nel suo intervento, in cui ha rievocato volentieri momenti del rapporto con il Pontefice, tratteggiandone le caratteristiche: “Suscita curiosità perché è imprevedibile, pieno di sorprese e, grazie a Dio, non lo si può ingabbiare e imbalsamare”. Papa Francesco è espressione dello Spirito e “deve avere la possibilità di annunciare il Vangelo nei modi ritenuti più opportuni”. Naturalmente “è chiaro che – soprattutto nelle prime settimane – c’è stata una certa difficoltà nostra ad adattarsi al suo stile”.

Nel contributo di Silvina Perez  tanti episodi anche inediti di Jorge Mario Bergoglio nella sua vita argentina. Qui Becciu ha rievocato un fatto che gli ha poi fatto capire meglio certi comportamenti di Francesco. Il diciassettenne Jorge Mario sta andando a una festa con amici, entra in chiesa, si confessa da padre Duarte e “sente di dover diventare prete”. Allora degli amici che aspettavano non si interessa più, li abbandona alla loro sorte serale e incomincia a seguire la sua vocazione religiosa. Quell’episodio ha portato monsignor Becciu a comprendere anche la famosa “sedia vuota” del concerto del 23 giugno 2013 in Aula Nervi, un’assenza che aveva suscitato sconcerto e valutazioni poco amichevoli del comportamento del papa argentino: “Anche in quell’occasione, come già era capitato molti anni prima con gli amici, il Signore gli aveva chiesto di fare qualcosa di importante”, più importante del concerto.

Quanto somiglia Francesco a Jorge Mario Bergoglio?Ha continuato a essere se stesso, non ha assunto pose da Papa, vivendo a Santa Marta si è esposto agli occhi dei curiosi”. Ancora monsignor Sostituto, sull’incontro avvenuto a Santa Marta il 14 marzo 2013, il giorno dopo l’elezione: “Entrai nella sua camera da cardinale conclavista, molto semplice. C’erano due sedie: una vuota e l’altra piena di libri. Incominciai a spostare i libri. E lui: “Che fa? Si sieda sulla sedia vuota. Io mi siedo sul letto”.  E la decisione di restare a Santa Marta? “Noi gli chiedevamo… e lui: “Se mi volete mandare nell’appartamento pontificio, avrò bisogno dello psichiatra. Io lì non ci voglio andare!”

Ancora, su sobrietà e povertà: viaggio apostolico negli Stati Uniti…siamo a Washington, nei giardini della Casa Bianca…  prima arrivò Obama, con un corteo incredibile di limousines… e poi, su una macchinetta, arrivò lui… i diecimila presenti si unirono in un grande applauso spontaneo!

E poi Bergoglio il gesuita: ”E’ gesuita, nel senso più positivo del termine. Era ed è rimasto gesuita”, un Ordine ai cui membri tradizionalmente è chiesto di non puntare a cariche ecclesiastiche e a rinunciare a privilegi e onori. Nella polemica bergogliana in effetti il “carrierismo” e i “privilegi” sono due atteggiamenti da respingere con forza.

Luciano Violante, che ha parlato dopo Angelo Becciu, ha evidenziato alcune ragioni che secondo lui portano il mondo laico (soprattutto quello “in ricerca”) a provare grande simpatia per Francesco: è il Papa del dolore, è il Papa della misericordia, è il Papa dell’unità. Ed è il Papa della Chiesa non “ha non solo da insegnare, ma anche da imparare”, una Chiesa dunque che “ha da correggere, ma anche da correggersi”.

Luigi Zanda ha infine rievocato gli anni in cui “si sapeva che era necessario un cambiamento anche nella Chiesa”, ad esempio “nella considerazione della scala delle priorità e delle urgenze dei valori”. Con papa Francesco il cambiamento è avvenuto e avviene, anche in modo sorprendente: “Nessuno si aspettava una discontinuità così violenta, così radicale”. E di ciò l’esponente del pd, ala ‘cattolica’, è palesemente felice come una Pasqua. Due gli episodi del pontificato argentino che l’hanno particolarmente colpito, impressionato: la visita a Lampedusa e il recente discorso di Genova sul valore del lavoro.

Con Zanda chiudiamo… di stimoli per la riflessione ne sono stati offerti a sufficienza!