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    INSTRUMENTUM LABORIS: ALCUNE CONSIDERAZIONI DI MONS. BRUNO FORTE

    INSTRUMENTUM LABORIS: ALCUNE CONSIDERAZIONI DI MONS. BRUNO FORTE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 giugno 2015

     

    Ampia intervista con l’arcivescovo di Chieti-Vasto, riconfermato segretario speciale anche per il Sinodo 2015. Un ‘Instrumentum laboris’ arricchito di nuovi temi attinenti alla vita in famiglia. Per i divorziati risposati è  importante la loro integrazione nella vita ecclesiale, il che non comporta necessariamente l’accesso alla Comunione eucaristica. Il diritto-dovere dell’obiezione di coscienza in materia scolastica. San Giovanni? Bella manifestazione contro l’imposizione dell’ideologia gender

    Eccoci qui dalle suore di Maria Bambina - a poco più di un’ora dalla conclusione della conferenza-stampa in cui è stato presentato l’ ‘Instrumentum laboris’ del Sinodo 2015 – con uno dei protagonisti della stessa: l’arcivescovo Bruno Forte. Riconfermato segretario speciale per l’assemblea dei vescovi di ottobre – dopo l’esperienza non priva di momenti di tensione fatta durante il Sinodo 2014 – il sessantacinquenne prelato napoletano (consacrato vescovo dal cardinale Ratzinger, mentre al suo ingresso a Chieti era presente il cardinale Martini)  è ben disposto a rispondere alle nostre domande su alcuni dei contenuti più interessanti del documento fondamentale di lavoro illustrato in Sala Stampa insieme con i cardinali Lorenzo Baldisseri e Peter Erdö. Una chiarificazione tanto più necessaria, anche in ragione dei primi titoli massmediatici sull’ ‘Instrumentum’, che parlano di “apertura” del Sinodo a gay e divorziati risposati. ‘Avvenire’ insiste subito su “misericordia e perdono” (e la verità dove l’ha nascosta?). Peggio di tutti, purtroppo, il titolo dell’agenzia nazionale italiana Ansa: “Sinodo vuole aprire a divorziati risposati, progetti per famiglie omosessuali”. A parte l’incostituzionalità di quel “famiglie”: superficialità di lettura? Voglia di sensazionalismo? Malafede? Il fatto è che titoli del genere inducono l’opinione pubblica – generalmente mal informata - a pensare il falso. Un esempio solo che basta e avanza: al bar ieri mattina una signora cattolica praticante ci prende in disparte e ci dice confusa e  sconsolata: “Ma il Papa che fa con i divorziati risposati e gli omosessuali?”. 

     

    Monsignor Forte, in previsione del primo Sinodo sulla famiglia dell’ottobre 2014 fu inviato alle diocesi nel mondo un questionario con 38 domande sulle questioni pastorali attinenti all’argomento: la partecipazione di associazioni e singoli risultò assai consistente. Anche per il Sinodo del prossimo ottobre è stato inviato un questionario con 46 domande che approfondivano il dibattito del Sinodo 2014. Quale in quest’ultima occasione la partecipazione del mondo cattolico? In Germania e in Svizzera si è registrato in genere un forte calo del numero delle risposte…

    So che stavolta hanno risposto 99 conferenze episcopali su 114, un buon risultato; circa 360 sono state invece le osservazioni di diocesi, gruppi, famiglie indirizzate direttamente alla segreteria del Sinodo. Mi sembra che globalmente abbiamo registrato comunque di nuovo un dato molto positivo dell’interesse  del tema per il mondo cattolico.

    Qual è l’obiettivo principale di questo secondo Sinodo sulla famiglia? 

    Annunciare il Vangelo della famiglia. La famiglia in molte parti della terra sembra essere in crisi e si preferiscono ormai le unioni di fatto, le convivenze alla vita familiare che invece ha uno straordinario valore per la persona umana come per la società e per la Chiesa: è grembo di umanità, di socialità, di ecclesialità e di fede. Tra i giovani di tutto il mondo, come emerge dalle risposte ricevute, c’è un desiderio, una nostalgia di famiglia che paradossalmente contrasta con la scelta da parte di molti della convivenza. Noi dobbiamo valorizzare tale desiderio, annunciando la bellezza della famiglia naturale, fondata sull’unione di un uomo e di una donna, aperta alla procreazione.

    Rispetto all’ Instrumentum laboris (il documento di lavoro) del Sinodo dello scorso anno e anche rispetto alla Relazione finale di quel Sinodo, l’ Instrumentum laboris di quest’anno sembra considerare con maggiore ampiezza diversi aspetti della vita familiare precedentemente solo accennati, se non addirittura ignorati…

    Soprattutto nella prima parte dell’Instrumentum è stata introdotta o ampliata la trattazione di temi quali ad esempio il lutto in famiglia, la vedovanza, la disabilità, la preghiera in famiglia, la dimensione missionaria, la paura di sposarsi, la misericordia, anche la liturgia nuziale. Ciò a conferma della collegialità di cui si è tenuto ben conto redigendo il documento, arricchito dunque da tante proposte provenienti da sensibilità diverse nell’intero mondo cattolico.

    COMUNIONE SI’, COMUNIONE NO AI DIVORZIATI RISPOSATI? INTERPRETAZIONE MOLTO RIDUTTIVA

    Anche in questo Instrumentum – come già in quello dell’anno scorso e nella Relazione finale del primo Sinodo, in conformità del resto a un atteggiamento non nuovo nella storia della Chiesa - si evidenzia la necessità di accogliere pienamente nella comunità ecclesiale quelle famiglie e quei fedeli che si trovano in situazione irregolare sotto l’aspetto canonico. Come si può concretizzare l’ ‘accoglienza’ che – per quanto riguarda il primo Sinodo e periodo intersinodale – è stata interpretata da tanti media come un semplice ‘sì o no’ alla comunione per i divorziati risposati?

    E’ un’interpretazione molto riduttiva questa. A noi sembra più importante la capacità di integrare nella comunità ecclesiale chi è fragile, perché ferito da esperienze dolorose. Chi è in tale situazione deve sentirsi ben accolto nella Chiesa, sentire l’abbraccio, l’accompagnamento della misericordia di un Dio che li ama. E’ un atteggiamento pastorale che porta chi è coinvolto a sentirsi non oggetto, ma soggetto nella vita ecclesiale.

    Come si può tradurre nella quotidianità quell’essere “soggetti” e non “oggetti” nella vita ecclesiale?

    Alcune limitazioni prescritte oggi dal diritto canonico potrebbero essere superate…

    Ci faccia un esempio… 

    Perché un divorziato risposato non può fare il padrino di battesimo? Si potrebbe ipotizzare che, proprio perché divorziato risposato credente e impegnato in un processo di riflessione e di penitenza, dia una testimonianza anche dei propri errori, invitando a vivere con fedeltà il sacramento del matrimonio.

    L’integrazione del divorziato risposato nella comunità implica necessariamente la possibilità della Comunione eucaristica?

    No, perché si può essere partecipi della vita comunitaria, anche della liturgia eucaristica in uno spirito penitenziale, pur senza accedere alla Comunione, quando non ci siano le condizioni per poterla fare. Naturalmente il discernimento di tali condizioni non va considerato solo alla luce di una norma astratta, ma va valutato – con la guida spirituale di un presbitero– caso per caso, affinché le persone possano essere aiutate a maturare la coscienza della propria verità davanti a Dio.

    ACCOGLIENZA MISERICORDIOSA DELLE PERSONE, MA NELLA VERITA’ : I ‘MATRIMONI GAY’ SONO TUTT’ALTRA COSA.

    Passiamo a un altro argomento che ha avuto grande evidenza nei media durante il primo Sinodo (anche se molto scarsa nella realtà degli interventi dei padri sinodali) e cioè la questione dell’attenzione alle persone omosessuali credenti. Nell’ Instrumentum laboris per ottobre non ci sono novità rispetto alla Relazione finale dell’ottobre scorso, sebbene ancora una volta certi titoli di agenzia forzino la realtà del testo parlando di “apertura” alle “famiglie omosessuali”…

    Si tratta in realtà di accoglienza e accompagnamento verso le famiglie in cui vivono delle persone omosessuali e verso le persone stesse. Anche qui si tratta di avere il rispetto dovuto alla persona umana, come figlia e immagine di Dio, qualunque sia il suo orientamento sessuale. Dev’esserci spazio nella Chiesa per fare esperienza del cammino di rinnovamento intrapreso da queste persone.  

    L’accompagnamento comprende anche l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa in materia?  

    E’ evidente. La Chiesa non può rinunciare ad annunciare la verità in cui crede. Ritiene semplicemente che l’annuncio della verità sia inseparabile dall’atteggiamento di misericordia verso le persone. Il riconoscimento di “matrimoni gay” è tutta un’altra cosa.

    Al punto 45 dell’Instrumentum laboris si legge, nel capitolo su “Unione e fecondità dei coniugi”: Alcuni evidenziano che nel disegno creativo è inscritta la complementarietà del carattere unitivo del matrimonio con quello procreativo: quello unitivo, frutto di un libero consenso cosciente e meditato, predispone all’attuazione di quello procreativo. Perché solo “alcuni”?

    “Alcuni” è riferito al fatto che su questo punto alcune conferenze episcopali e alcune “osservazioni” hanno insistito molto su tale complementarietà, più che altri. E’ un’accentuazione di un punto importante della dottrina della Chiesa, su cui però regna in consenso universale. 

    In diversi punti dell’Instrumentum si associa il matrimonio civile alla convivenza (“persone unite civilmente o conviventi”). Però tra le due situazioni c’è una differenza non da poco… 

    Sì, il matrimonio civile è espressione di un impegno pubblico davanti alla comunità a differenza della convivenza, anche se non realizza appieno i caratteri del matrimonio-sacramento.

    Al punto 83 si legge: A partire dalla constatazione della pluralità religiosa e culturale, si auspica che il Sinodo custodisca e valorizzi l’immagine di ‘sinfonia delle differenze’. Che cosa si intende con tale espressione?

    Non siamo tutti uguali e ognuno di noi ha delle caratteristiche proprie da esplicitare. Nella Chiesa ci deve essere spazio per le differenze. Ad esempio un divorziato risposato deve sentirsi amato e accolto, anche se ha delle condizioni diverse rispetto a chi vive una situazione matrimoniale regolare. Così per un omosessuale, che ha un’inclinazione il cui esercizio non è considerato giusto, accettabile da parte della morale cattolica.

    DIRITTO-DOVERE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA SCOLASTICA CONTRO L’IMPOSIZIONE DELL’IDEOLOGIA  GENDER

    A proposito del diritto-dovere dell’educazione dei figli da parte dei genitori, al punto 86 si legge: Viene segnalata in alcuni Paesi la presenza di progetti formativi imposti dall’autorità pubblica che presentano contenuti in contrasto con la visione propriamente umana e cristiana: rispetto ad essi va affermato con decisione il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori. E più in là, al punto 144: Si richiede che la Chiesa incoraggi e sostenga le famiglie nella loro opera di partecipazione vigile e responsabile nei confronti dei programmi scolastici ed educativi che interessano i loro figli. Una sottolineatura di forte attualità sociale…

    Facciamo un esempio attualissimo: si prevede in alcuni Paesi che l’ideologia del gender debba essere insegnata come una sorta di disciplina comune a tutti. Ciò non va bene, non è giusto, perché quel che è comune a tutti, iscritto nella carne della persona, è che l’unione coniugale è tra uomo e donna, aperta alla procreazione dei figli. Rispetto a chi volesse imporre una concezione diversa c’è il diritto-dovere dell’obiezione di coscienza.

    A tal proposito sabato 20 giugno piazza san Giovanni in Laterano ha accolto una grande manifestazione di centinaia di migliaia di persone (in gran parte cattolici) per la famiglia uomo-donna-figli e contro l’imposizione dell’ideologia del gender nelle scuole. Come valuta la manifestazione?

    Ho avuto un’impressione molto positiva per due motivi. Il primo è che sono stati i laici ad organizzarla, dimostrando grande maturità: è molto bello che siano loro, che hanno un’esperienza diretta della vita familiare, a dover testimoniare la bellezza e la verità di tale situazione. Secondo motivo: la manifestazione ha voluto valorizzare l’esperienza della famiglia, fondamentale per la società come scuola di umanità. Non si è contrapposta a qualcuno, nessuno ha voluto imporre un’ideologia: si è invece voluto dire di ‘no’ a un’ideologia, quella del gender, che qualcuno vorrebbe imporre a tutti.                    

    P.S. L’intervista – in originale su www.rossoporpora.org - appare in forma cartacea nella pagina di ‘Catholica’  dell’edizione di giovedì 25 giugno del ‘Giornale del Popolo’, quotidiano cattolico della Svizzera italiana; e in traduzione inglese nel prossimo numero del mensile cattolico statunitense ‘Inside the Vatican’.

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