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    INTERVISTA A GIORGIO SALVADE' SUI MINARETI

    A COLLOQUIO CON GIORGIO SALVADE', POLITICO CIELLINO E LEGHISTA, SULL'INIZIATIVA SVIZZERA ANTI-MINARETI - di GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora.org - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI OTTOBRE 2009

    Nell’intervista il vice primario di medicina all’Ospedale Regionale di Lugano, ciellino della prima ora, deputato della Lega dei Ticinesi, spiega perché voterà il 29 novembre a favore dell’iniziativa contro l’edificazione di minareti su suolo svizzero

     

    Sessant’anni, padre di 4 figli, Giorgio Salvadè è una figura molto conosciuta nel Ticino. Cattolico convinto, già municipale di Lugano, ha aderito negli Anni Novanta all’allora neonata Lega dei Ticinesi, di cui è diventato parlamentare cantonale (“granconsigliere”) nel 1999. Lo ricordiamo tra l’altro molto impegnato nella battaglia contro la politica svizzera lassista in materia di stupefacenti (vedi le famigerate ‘sperimentazioni con eroina’). In tale contesto ha portato Lugano nel ‘cartello’ delle città europee anti-droga.  Nel Parlamento cantonale si è espresso nel febbraio scorso a favore della mozione per un divieto della costruzione di minareti nel Ticino (22 sì, 55 no, 4 astenuti).

    L’iniziativa popolare contro la costruzione di minareti è stata  promossa da ambienti dell’Unione democratica di centro (Udc, primo partito elvetico, conservatore con forte impronta nazionalista) e dell’Unione democratica federale (Udf, piccolo partito di destra); consta di un solo articolo (L’edificazione di minareti è vietata , da aggiungere all’articolo 72 della Costituzione federale) e sarà sottoposta al voto dei cittadini il 29 novembre, avendo raccolto un numero sufficiente di firme valide (quasi 114mila). E’ appoggiata dall’Udc (plebiscitata in seno all’assemblea dei delegati, con 388 voti contro 3), dall’Udf e dalla Lega dei Ticinesi. Il Parlamento federale l’ha respinta: in Consiglio nazionale (Camera dei deputati) con 132 voti contro 51 e 11 astensioni, in Consiglio degli Stati (Senato) con 39 voti contro 3 e 2 astensioni. L’iniziativa è rifiutata anche dal Governo, dagli altri partiti svizzeri (che hanno formato un comitato trasversale di sostegno al ‘no’), dalle Chiese e da numerose altre organizzazioni. Accese le polemiche, anche attorno ai manifesti degli iniziativisti, soprattutto quello raffigurante una donna velata in primo piano con sullo sfondo una serie di minareti piantati sulla bandiera rossocrociata: ne hanno proibita fin qui l’affissione Basilea, Friburgo, Losanna, Neuchatel, Yverdon, l’hanno sconsigliata alla società appaltatrice Berna, Thun. Moutier, l’hanno permessa Bellinzona, Bienne, Coira, Ginevra, La Chaux-de-Fonds, il canton Giura, Lucerna, San Gallo, Sciaffusa, Winterthur, Zurigo. Sul tema vedi pure l’intervista al vescovo di Lugano monsignor Pier Giacomo Grampa, contrario all’iniziativa insieme con l’intera conferenza episcopale elvetica.    

    On. Salvadé, il 29 novembre i cittadini svizzeri avranno la possibilità di esprimere il loro parere su un’iniziativa popolare che in sei parole vieta l’edificazione di minareti nel Paese, essenziale nella forma, politicamente e culturalmente molto significativa nei contenuti. Lei già in sede parlamentare ticinese aveva appoggiato una mozione –bocciata il 16 febbraio 2009 dal plenum - analoga nei contenuti, ma riferita al suolo del Canton Ticino. Onorevole Salvadè, che cosa l’ha spinta e la spinge a sostenere tale richiesta?

    Devo dire che la motivazione principale è per me la  questione della reciprocità. Nelle regioni dove l’Islam impera, non è permessa nessuna espressione religiosa differente. I cristiani non possono non solo erigere luoghi di culto, ma nemmeno professare la propria fede, pena la punizione e perfino la morte. Nessuno di noi vuole impedire ai mussulmani di esprimere e vivere la propria religiosità. Si vuole solo esprimere un giudizio sull’intolleranza che la loro cultura ha per la libertà religiosa. Io sarei anche più radicale, impedendo la stessa costruzione di vere e proprie moschee, lasciando naturalmente la libertà per loro di riunirsi, di pregare, di costruire semplici luoghi di culto.

    Il governo elvetico (Consiglio federale), nel raccomandare il rigetto dell’iniziativa (bocciata a larga maggioranza dai due rami del Parlamento), reputa che essa violi la libertà religiosa e infranga nel contempo il divieto di discriminare una religione…

    È proprio qui che si scopre come non si sia capito nulla del fondo dell’iniziativa. Non si vuole discriminare nessuno, si vuole solo limitare che le costruzioni religiose dei mussulmani siano dotate di un simbolo che di religioso non ha nulla, bensì è solo un’espressione di dominio. E la pretesa di dominio culturale è espressa da una  frangia islamica forse minoritaria ma certamente molto potente. Potente tanto da tenere il mondo in scacco con minacce, ricatti ed attentati. I mussulmani moderati non avranno nessuna obiezione a questa limitazione che comprenderanno benissimo.

    Altro argomento governativo: l’iniziativa è in contrasto con la garanzia della proprietà, il principio della proporzionalità, l’obbligo di rispettare il diritto internazionale…

    Queste sono affermazioni da azzeccagarbugli. Ci si metta magari anche che infrange il principio della “tolleranza” tanto caro agli Svizzeri. Allora la penso veramente come Samir Khalil Samir, uno dei più importanti islamologi del mondo e professore dell'università St Joseph di Beirut, che ha dichiarato senza peli sulla lingua:“Finché l’Occidente continuerà a ragionare in termini di tolleranza anziché usare la ragione, non migliorerà nulla neppure in Europa “.

    Ancora il Consiglio federale pensa che l’iniziativa popolare in questione non serva per combattere “le attività violente delle cerchie estremiste e fondamentaliste” dell’Islam. Qual è la Sua opinione su questo punto?

    Su questo potrei anche essere d’accordo e non mi pare sia un obiettivo dell’iniziativa. Penso che l’argine più valido  contro il dilagare dell’aspetto violento di questa cultura sia il  saper ritrovare, valorizzandole, le nostre origini e rifondare la nostra convivenza sulle radici cristiane così da ridare bellezza e vigore alla famiglia, all’amicizia, tanto da renderle di nuovo interessanti per i giovani. Avremmo meno annoiati, meno depressi e meno convertiti…all’Islam!

    Sempre il Governo teme che l’accettazione dell’iniziativa “potrebbe minacciare la pace religiosa e pregiudicare l’integrazione dei musulmani”. E’ proprio vero?

    Ma va! Io credo invece in questa iniziativa che, se approvata, frenerà il dilagare di un’interpretazione della cultura islamica pervasa da intolleranza e violenza.

    Infine il Consiglio federale argomenta in modo pragmatico, prefigurando, nel caso di un ’sì’ all’iniziativa, reazioni molto negative da parte della “comunità internazionale”, con la messa in pericolo di “impianti svizzeri” e degli “interessi economici” del Paese. Lei condivide i timori governativi?

    Eccolo spuntare palese il vero motivo. Sono gli interessi economici da salvare. A nessuno importa nulla delle radici cristiane che sono all’origine della cultura europea, che hanno fondato la nostra libertà, il rispetto per la donna, e l’accoglienza nei confronti del popolo. Ipocriti.

    Il 9 settembre, nella giurassiana Delémont, la Conferenza dei Vescovi svizzeri, dopo ampia discussione, ha emesso un comunicato in cui “respinge l’iniziativa contro la costruzione dei minareti”, argomentando tra l’altro che “la proibizione generalizzata di costruire minareti indebolirebbe gli sforzi che mirano a stabilire un atteggiamento di accoglienza reciproca nel dialogo e nel mutuo rispetto”. La presa di posizione episcopale è stata considerata da taluni un grosso errore: vedi ad esempio in Italia lo storico Roberto de Mattei ne “Il Consulente RE” online di settembre o l’eurodeputato dell’Unione democratica di centro Cristiano Magdi Allam (musulmano convertito, battezzato da papa Benedetto XVI). Quali le Sue considerazioni, onorevole Salvadè, sulla decisione dei vescovi svizzeri?

    Anche in Ticino abbiamo avuto una ferma posizione del nostro Vescovo, che stimo molto. Il nostro, come tutti i Vescovi, fa benissimo a mantenere una posizione equilibrata che, per frenare l’Islam, predilige l’azione di una forte espressione della nostra fede. Ci mancherebbe altro. Nell’azione politica però, e lo ribadisco di nuovo, io sottolineo la questione della reciprocità. Nelle regioni dove l’Islam impera, non è permessa nessuna espressione religiosa differente. I cristiani devono restare nascosti. È punito perfino con la morte chi al cristianesimo si dovesse convertire…

    In queste settimane di aspra campagna politica sono successi fatti inconsueti per la democrazia svizzera: ad esempio alcune città hanno proibito l’affissione di manifesti pro-iniziativa (con donne con burqua sullo sfondo di una Svizzera piena di minareti), considerati lesivi della pace sociale e offensivi verso i musulmani. Lei, che è stato anche municipale di una città come Lugano, li avrebbe proibiti?

    Devo dire che non giudico così estremo il messaggio di questi manifesti, quindi non li avrei proibiti. Tra l’altro osservo che, anche se in chiave un po’ funerea, associano proprio due elementi della cultura islamica che mi sento di respingere. Anche il burqua che nasconde il volto (e quindi l’espressione che è uno dei cardini della comunicazione), è un elemento negativo di questa cultura che mi sentirei di vietare sul luogo pubblico. Chi poi vede nei minareti dei missili mi pare corra veramente un po’ lontano…

    Però, per dirla con il direttore di un importante quotidiano ticinese, mi fa un po’ riflettere che si siano spese tante parole su questo soggetto, ma che nessuno muova un dito sui manifesti che l’Ufficio Svizzero della Sanità Pubblica continua a mettere in circolazione sul nostro territorio, manifesti che banalizzano l’atto sessuale sino a rappresentarne tutte le modalità possibili per dire…che non bisogna dimenticare il preservativo. E intanto l’AIDS in Svizzera continua a mietere più vittime che nel resto dell’Europa…

        

    Manca circa un mese al voto. I sondaggi popolari fin qui pubblicizzati danno l’iniziativa in minoranza, pur se consistente. La battaglia è già persa?

    Se questa iniziativa, come quella che abbiamo dibattuto a livello ticinese, ha mosso le acque e fa discutere, forse l’obiettivo è già raggiunto: quello di spingerci a riflettere sulla questione di fondo, sul ‘da dove veniamo e a chi apparteniamo’. E, se su tali domande fondamentali riusciremo tutti a meditare almeno un momento, allora si potrà dire che l’iniziativa avrà già ottenuto un successo importante.

      

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