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    SISTINA: PARTITA TUTTA DA GIOCARE

    SISTINA: PARTITA TUTTA DA GIOCARE – di GIUSEPPE RUSCONI – ‘CORRIERE DEL TICINO’ del 13 marzo 2013

     

    Tutto come l’esperienza suggeriva: il primo scrutinio per l’elezione del nuovo Papa ha solo permesso a ogni ‘favorito’ di contare su quanti voti di base può disporre.

     

    Da oggi (quattro scrutinii, due al mattino, due al pomeriggio) si incomincerà a ragionare seriamente su una scelta ponderata, che possa essere condivisa dalla larga maggioranza dei cardinali elettori. Ieri sera in piazza san Pietro, nonostante il tempo inclemente, si erano raccolte ventimila persone che, alle 19.41, quando dal comignolo della Sistina è uscito un fumo inequivocabilmente nero, sono uscite in un oh di delusione, dettato più dal desiderio quasi filiale di trovare subito un nuovo Santo Padre che da speranze concrete che questo avvenisse nell’occasione. Fumate di oggi previste intorno alle 12 e alle 19 (verso le 10.30 e le 17.30, nel caso di elezione – necessari almeno 77 voti - al primo scrutinio della mattina e del pomeriggio).

    La Croce avanza tra i profumi degli incensi, seguita dai rossi delle 142 porpore con mitrie candide; attorno il viola dei vescovi, il bianco dei presbiteri, l’azzurro del velo delle suore. Il tutto tra gli ori di San Pietro, dove svettano le colonne tortili del barocco berniniano, mentre si levano le note del coro della Cappella Sistina. La Chiesa, anche in tempi secolarizzati come i nostri, non rinuncia al fasto dei suoi riti, non cancella le emozioni di colori e suoni. La ‘missa pro eligendo Romano Pontifice’ si è dunque svolta ieri mattina secondo tradizione: era presieduta dall’attuale cardinale decano, non elettore, Angelo Sodano, che nell’omelia ha ringraziato Benedetto XVI: l’applauso, durato 30 secondi, è stato intenso ed è partito spontaneamente dalla folla che si assiepava nella Basilica. Una parte dei cardinali si è associata convinta all’applauso popolare, un’altra no, per ragioni di rispetto del silenzio rituale o forse per altro. Alla fine della messa i cardinali elettori (115) sono tornati alla Casa Santa Marta, in cui si erano trasferiti ieri mattina presto.

    Pranzo sobrio e poi, mentre su Roma si scatena un nubifragio condito di chicchi di grandine, alle 15.45 i porporati raggiungono la Cappella Paolina, dove si mettono i paramenti (abito lungo rosso detto talare, sopravveste di lino bianco con pizzo detta rocchetto, mantellina corta rossa detta mozzetta, croce pettorale, berretta rossa) e si preparano alla processione verso la Sistina. Dopo una breve introduzione del cardinale Giovambattista Re, la processione si muove. Risuonano le litanie dei Santi. Man mano che i porporati giungono nella Sistina – dominata dal grande affresco ammonitore del ‘Giudizio universale’ – prendono posto ai loro scranni, sui quali trovano l’ “ Ordo  rituum Conclavis”, il volume sulla Sede vacante, il libretto della liturgia delle Ore e una mappetta rossa. Il cardinale Re intona il ‘Veni Creator Spiritus’, concluso il quale si procede prima al giuramento collettivo, poi a quello individuale. Incomincia lo stesso presidente, seguito dal Segretario di Stato Bertone, dal patriarca egiziano Naguib e dal patriarca libanese Béchara Raï. Poi via via tutti gli altri, che  “promettono, si obbligano, giurano” e, posta la mano sul Vangelo aperto, chiedono l’aiuto di Dio e dei “Santi Vangeli”. Finito il giuramento, il Maestro delle Cerimonie Pontificie intima l’ “Extra omnes” e va a chiudere la porta della Sistina. Poi, dentro, la meditazione del cardinale Grech e la prima votazione.

    Come si è già rilevato, il conclave è iniziato sotto il segno di una grande incertezza. A meno che un cardinale non raggiunga presto la fatidica maggioranza dei due terzi necessaria per l’elezione, si prospetta una situazione di stallo che potrebbe favorire uno degli outsider. Chi? Sarebbe una scelta riguardante una persona, ma anche una precisa visione evangelizzatrice e insieme geo-politica. Le opzioni più realistiche sono cinque. Per rivitalizzare l’Europa in crisi i due terzi del Conclave puntano su un candidato europeo che conosca le caratteristiche della crisi e sappia contrastarle. Per valorizzare il continente con il maggior numero di cattolici, il Conclave sceglie un latino-americano. Per dare forza e speranza a un continente spesso sottovalutato (in cui i cristiani sono sotto una forte pressione islamica) si opta per un Papa nero. Due invece le opzioni ‘asiatiche’. La prima, che sarebbe dirompente per gli effetti sugli equilibri mondiali: l’elezione di un Papa cinese o filippino di madre cinese (come è il cardinale Luis Antonio Tagle). La seconda, di grande attenzione al confronto con il mondo arabo-islamico: l’elezione di un Papa mediorientale (come è il caso del patriarca maronita Béchara Raï, fermo e nel contempo fautore di un dialogo vero con la controparte musulmana). Un Papa nordamericano? Sarebbe una scelta che rischierebbe di accrescere l’identificazione tra la politica degli Stati Uniti e la diffusione del messaggio evangelico: non proprio quello che ci vuole per tranquillizzare le masse musulmane.

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