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    FRANCESCO E LA COMUNICAZIONE: RESTANO LE DOMANDE

    FRANCESCO E LA COMUNICAZIONE: RESTANO LE DOMANDE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 dicembre 2017

     

    Il tema non è certo nuovo: Jorge Mario Bergoglio, quando comunica, rischia spesso di suscitare fraintendimenti. E’ un rischio di cui il Papa è certo cosciente, come ha più volte rilevato egli stesso: il prezzo da pagare spesso è però alto tra i cattolici fedeli ai valori ‘non negoziabili’… Sulla comunicazione di Francesco è uscito da poco “Il racconto di Francesco”, a cura di Anna Maria Lorusso e Paolo Peverini (Luiss University Press). Un intervento di mons. Dario Edoardo Viganò.

     

     

    Ma ha sentito che cosa ha detto il Papa ieri? Al bar Valerioti sotto casa Alessandro il cameriere non perde l’occasione di darci un sonoro benvenuto (in genere lo fa da romanista sfegatato, per l’occasione da ‘papista’) Quello sì che è un Papa moderno… mi piace! Che ha detto di nuovo? Eh… non vuole che i malati siano torturati inutilmente, è contro l’accanimento terapeutico…Qual è allora la novità? E’ un Papa moderno, sa che la Chiesa deve mettersi al passo con i tempi…”

    Questo accadeva venerdì 17 novembre, il giorno dopo la pubblicazione del messaggio papale sul ‘fine vita’ ai partecipanti all’incontro regionale europeo della  World Medical Association riuniti a congresso in Vaticano. L’accento di molti media (televisioni e ‘giornaloni’’ in testa) era caduto su una asserita ‘apertura’ papale de facto all’eutanasia.  In realtà  Jorge Mario Bergoglio aveva ribadito nell’occasione il ‘no’ tradizionale all’eutanasia e all’accanimento terapeutico.   

    Eppure… Abbiamo letto sul Messaggero del 28 novembre, in un articolo dal titolo “Ius soli verso lo stop, Renzi sceglie il fine vita”(il passo è riferito all’appuntamento renziano della ‘Leopolda’ di qualche giorno prima): “Renzi ha messo a verbale: Sul fine vita credo ci siano i numeri in Senato, in più la maggioranza del mondo cattolico è d’accordo dopo le parole di papa Francesco”. Più oltre leggiamo quanto si dice nell’entourage del segretario del Pd: La legge è meno divisiva, meno impopolare (NdR: di quella dello ‘ius soli’), piace ai cattolici che ascoltano le parole del Papa e ai laici di centrodestra”.

    C’è qualcosa che non torna. Il Papa nel messaggio ha espresso – in linea con i predecessori – il  tradizionale rifiuto cattolico sia verso l’eutanasia che verso l’accanimento terapeutico. Ma – ecco nel nostro caso il punto critico - ha anche aggiunto: “In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise”. Se per un verso lo Stato “non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti”, tuttavia “occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza”. 

    E’ vero che nel suo messaggio il Papa ha parlato al mondo, non tenendo conto esplicitamente di singole situazioni nazionali. Resta il fatto che in Italia il tema è di grande attualità, poiché giace in Senato, in attesa di esame da parte dell’aula, il disegno di legge sul bio-testamento (che tratta tra l’altro di materie delicatissime e molto controverse quali il consenso informato, le dichiarazioni anticipate di trattamento, la sedazione, l’obiezione di coscienza del personale medico, l’abbandono delle cure). E’ allora evidente che l’aggiunta sull’opportunità di una  “pacatezza” del dibattito e di una disponibilità “a trovare soluzioni il più possibile condivise” è suonata come un sostanziale ‘via libera’ papale al testo di legge, contro ogni ‘irrigidimento’ (che è poi quello di deputati cattolici e laici contrari all’introduzione de facto dell’eutanasia).

    Poteva il Papa ignorare l’attualità bruciante del dibattito italiano? Può darsi di sì (anche se si fa un po’ di fatica a crederlo, lui che è sempre attentissimo se qualcosa gli interessa). Sicuramente però chi gli ha scritto il messaggio non poteva essere all’oscuro della situazione italiana. Dunque quell’aggiunta apparentemente quasi innocente in realtà conteneva molta malizia, come se in sede vaticana qualcuno volesse inviare un segnale preciso: noi non ci metteremo di traverso, approvate pure la legge (siccome continua a trionfare il do ut des : in cambio di che cosa?).

    Insomma il punto è sempre quello. Quando parla di ‘valori non negoziabili’, anche quando  ribadisce certi principi tradizionali (vedi ad esempio matrimonio tra uomo e donna, no alla ‘colonizzazione ideologica’ del gender,  aborto come omicidio, ecc…), Francesco trova non raramente il modo di dare a intendere che nella situazione concreta - come può essere quella di una discussione in sede legislativa - ci si può sempre accordare, relativizzando tali principi: la conseguenza pesante è quella di offrire un aiuto prezioso a chi la pensa diversamente. E le precisazioni cui - sempre in sede vaticana - sono costretti altri, giungono ormai a frittata fatta: non hanno dunque effetto su chi – sia nel mondo laico che anche cattolico – si è già compiaciuto con magno strepito dell’asserita ‘novità’ di contenuti in materia..

     

    “IL RACCONTO DI FRANCESCO”, ANTOLOGIA DI RIFLESSIONI SULLA “COMUNICAZIONE DEL PAPA NELL’ERA DELLA CONNESSIONE GLOBALE”

     

    I modi e i contenuti della controversa comunicazione di Jorge Mario Bergoglio naturalmente attirano anche l’attenzione degli specialisti. Ne è prova “Il racconto di Francesco”, un’antologia di contributi sul tema, presentata recentemente presso la Rai nella Sala degli Arazzi di viale Mazzini. Edito dalla Luiss University Press, a cura di Anna Maria Lorusso e Paolo Peverini, il volume (circa duecento pagine in formato maneggevole) raccoglie le riflessioni variegate di una decina di docenti universitari di tutta Italia.

    La presentazione è stata introdotta da mons. Dario Edoardo Viganò. Il prefetto della Segreteria per la  Comunicazione della Santa Sede - rilevata la responsabilità particolare della RAI nel narrare “quella macchina semiotica che porta il nome di papa Francesco” – ha anche sinteticamente illustrato i contenuti del previsto nuovo portale dell’informazione vaticana, che racchiuderà sotto lo stesso tetto le diverse realtà oggi esistenti e comprenderà quattro sezioni particolari: Papa, Vaticano, Chiesa e Mondo: “Come coniugare la grande capacità comunicativa di Francesco con un apparato mediatico così complesso?”, si è chiesto qui Viganò. Papa Bergoglio – ha rilevato ancora il responsabile della comunicazione vaticana - è un “caso singolare di leader, con una grande popolarità riconosciuta in particolare da atei e agnostici”. A Viganò i curatori del volume hanno chiesto consigli utili per la sua stesura: “Mi hanno anche domandato se potevano scrivere quello che volevano sulla comunicazione papale. Ma certo, ho risposto, perché l’analisi intelligente da cui emergono critiche è molto diversa dalle invettive ideologiche”.

    Qualche spunto (non certo esaustivo) dalle riflessioni - naturalmente anche opinabili - contenute nel libro.

    Successo (dall’introduzione di Anna Maria Lorusso, Paolo Peverini): “Nessuno, neanche il più acuto conoscitore della Chiesa, avrebbe potuto immaginare il suo successo (se questo termine può essere adeguato per un Papa), un successo che si è declinato in pochissime settimane come credibilità (a fronte della perdita di credibilità acquisita con le diverse vicende di pedofilia) e vicinanza, cioè come capacità di entrare ed essere in contatto con la gente (a fronte della distanza percepita durante il pontificato di Benedetto XVI), andando ad occupare un ruolo di riferimento anche per quanti non si riconoscevano nella comunità cattolica”.

    Il comunicatore (dall’introduzione di Anna Maria Lorusso, Paolo Peverini): “In un periodo di esacerbata sfiducia nelle autorità e nelle istituzioni, papa Francesco si è imposto come soggetto autorevole: non soggetto di potere, ma soggetto di carisma. Tutto questo non si è fondato in prima istanza sulle strategie di comunicazione vaticane, ma anzitutto in una intrinseca, personale capacità comunicativa di Bergoglio, che è riuscito a rendere una serie di suoi gesti quotidiani particolarmente significativi, ri-valorizzando occasioni destinate altrimenti a passare inosservate”.

    Oralità (Isabella Pezzini): “Alla sua cultura dell’oralità è consona l’adozione dei social media, dei tweet, la condiscendenza verso i selfie: l’intelligenza del Pontefice , che a quanto pare nella sua precedente vita era piuttosto alieno rispetto alla tecnologia, è stata anche quella di comprendere ed ‘abbracciare’ le nuove forme di comunicazione e i suoi riti, grandi moltiplicatori della sua immagine e del suo stile”

    Parole che danno fastidio dei potenti del mondo (Isabella Pezzini): “Le parole chiave del discorso di Francesco sono spesso scandite e ripetute, isolate, come a volerne ritrovare, oltre la tradizione e dunque la catena di ripetizione di cui sono cariche, una specie di senso primo, autentico, maggiormente efficace. Allora le parole sono come pietre, verrebbe da dire. Fino al punto di ‘dare fastidio’ ai potenti del mondo, come nel caso di Marine Le Pen”.

    Mite con gli umili, fermo con gli impostori (Maria Pia Pozzato): “Mite con gli umili e fermo con gli impostori, secondo il dettato evangelico, papa Francesco viene spesso paragonato a Giovanni XXIII (…). Tuttavia si presenta con una bonomia diversa, abbastanza sfaccettata”.

    Francesco e la gente (Maria Pia Pozzato): “Dire che si mette dalla parte della gente o che imita lo stile della gente comune, è frettoloso e inesatto. Questo Papa contraddice molto del sentire comune: dice che bisogna accogliere i migranti in Paesi in cui il populismo raccoglie consenso proprio sostenendo il contrario; rinuncia a vacanze, appartamenti papali, sontuose residenze estive in un’epoca in cui la vacanza, le belle case, il fitness sono valori portanti del life stile. Vive in lui il paradosso di essere una persona simpatica perché informale e affettivamente ‘calda’ eppure combattiva, ligia ai dettati evangelici, portatrice di una serie di valori tradizionali”.

    Spontaneità (Maria Pia Pozzato): “Alcuni potrebbero chiedersi se la ‘spontaneità’ un po’ fuori dalle regole di papa Francesco sia davvero tale o frutto di una strategia. Le testimonianze dirette riportano che questo Papa è davvero imprevedibile. (…) E’ assolutamente evidente che questo Papa è n grado, in base a una decisione che è sua e solo sua, di comportarsi sia secondo le regole del più stretto dei cerimoniali sia, con altrettanta disinvoltura, fuori dalle regole”.

    Un messaggio forte e chiaro attraverso abiti e accessori (Dario Mangano): (dopo i gesti della sera dell’elezione) “Il messaggio che passa, e che i giornali non cessano di ripetere nei giorni successivi, è la semplicità di Francesco, la sua ‘indifferenza all’abbigliamento’ (Corriere della Sera, 19 marzo 2013). A ben pensare però è vero l’esatto contrario, il Papa dimostra un’attenzione straordinaria non solo all’abito, ma anche a tutti quegli accessori che lo circondano e che non esita a rifiutare proprio in funzione di quello che silenziosamente comunicano. Il messaggio di Bergoglio è forte e chiaro: ciò che è stato per centinaia d’anni può cambiare in un attimo. Il nuovo Papa vuole cose diverse ed è in grado di realizzarle con una naturalezza che rimanda a quella semplicità di cui tutti parlano, alla mancanza di artificio, alla spontaneità, ma che, nei fatti, è tutt’altro che questo. La naturalezza è un effetto di senso, il prodotto di una precisa configurazione espressiva, il risultato di un’azione comunicativa che Bergoglio pone in essere con una determinazione senza precedenti”.

    Il populismo di Francesco (Anna Maria Lorusso): “Quello di Francesco è un cristianesimo carismatico o almeno un papato carismatico, e in questo sta la sua componente ‘populista’ (…) A differenza delle forme più comuni e aggressive di populismo, papa Francesco non delegittima il potere, non svuota l’istituzione di cui è parte e rappresentante, anzi, ci resta ampiamente dentro; non identifica una casta nemica; ma indica una non-casta (il popolo, la gente) come suo orizzonte di destinazione e legittimazione (…) e con questa fa corpo.

    La giornata dei quattro Papi, 27 aprile 2014 (Daniele Salerno): “Il giorno dei quattro Papi normalizza l’inedita presenza di due pontefici viventi all’interno del Vaticano ricollocandola nel quadro della successione. Si riafferma così da una parte l’autorità di Francesco come colui che incarna il corpo politico del pontefice sommo della Chiesa cattolica nel presente e, dall’altra, l’autorità morale e il posto ideale che Benedetto ricopre nelle successioni dei pontefici romani. La sacralità della figura del pontefice viene poi esaltata tramite la santificazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II (…). Con l’affermazione della unicità del ruolo di pontefice da un lato e della pluralità delle sue incarnazioni nel corso della storia dall’altro, il giorno dei quattro Papi risolve (…) quello che era stato definito nei giorni successivi alla rinuncia il vulnus all’autorità del Papa”.

    Nei contributi restanti le riflessioni di Franciscu Sedda, Massimo Leone, Ruggero Eugeni. Tra i temi in evidenza l’ironia nella comunicazione di Bergoglio, i suoi segni, Francesco e i media vaticani, un paragone tra Benedetto XVI e Francesco la sera dell’elezione, le produzioni ‘non ufficiali’ su Francesco dal ‘basso’.

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