Ricerca

    REFERENDUM 4 DICEMBRE/ SPUMANTE BOSCHI ALLA LUISS

    REFERENDUM 4 DICEMBRE/ SPUMANTE BOSCHI ALLA LUISS – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 novembre 2016

     

    La Garrula ministra in gran forma all’incontro promosso lunedì 7 novembre dalla Luiss sulla riforma costituzionale sottoposta il 4 dicembre al voto popolare. Determinazione e incisività nel suo intervento e nella risposta alle domande di cinque studenti; in precedenza interessante anche il dibattito sul tema con la partecipazione dei costituzionalisti Ceccanti (SI) e Lanchester (NO) e dei senatori Malan (NO) e Tonini (SI). Grande attenzione da parte della folta platea studentesca.

     

     

    Nel tardo pomeriggio di lunedì 7 novembre l’Aula Magna della Libera Università di Studi Sociali (LUISS) di Roma è stata teatro di un incontro di interesse non minore sulla Riforma costituzionale il cui destino il 4 dicembre sarà deciso dall’elettorato italiano. Tutto esaurito in sala (cinquecento i presenti) per un appuntamento che prevedeva la partecipazione non solo di noti costituzionalisti come Stefano Ceccanti e Fulco Lanchester e di senatori di prima linea come Lucio Malan (Frza Italia) e Giorgio Tonini (Pd), ma anche del ministro Maria Elena Boschi. Quest’ultima, in ogni caso, star attesissima dell’evento sia per il suo ruolo centrale di ‘madrina’ della controversa riforma che per le millenarie ragioni conosciute fin dai tempi di Adamo ed Eva.

    Era un appuntamento anche temuto, come dimostrava la presenza all’ingresso di due furgoni di carabinieri e di svariati uomini della sicurezza lungo il cammino verso l’Aula Magna: è verosimile che si volesse evitare qualsiasi contestazione come già successo in altri casi. Oggettivamente si deve però sottolineare che dentro la gremita Aula Magna si respirava un’aria rilassata da cui l’intero incontro ha certo tratto giovamento.

    Come ha evidenziato nel saluto introduttivo Luigi Serra (Confindustria, vice-presidente esecutivo della LUISS) il controverso tema dovrebbe essere affrontato con chiarezza e serenità. Anche Sergio Fabbrini (direttore della LUISS School of government) non ha mancato inizialmente di augurarsi che l’incontro non assumesse le caratteristiche di uno dei tanti talk show gridati cui siamo avvezzi, ma mettesse a confronto i relatori e il ministro con una realtà giovanile spesso ignorata nelle trasmissioni della tv di massa. L’augurio si è concretizzato e i tanti studenti presenti hanno potuto cogliere l’occasione di accrescere la propria informazione sul referendum del 4 dicembre.

    In alcune cronache la Garrula ministra veniva descritta di questi tempi come assai meno garrula del solito, nervosetta e oppressa da cupi presagi per l’esito del voto. Sarà che l’ambiente non sembrava potersi trasformare in una fossa dei leoni, sarà che il dibattito si è mantenuto a un livello assai alto, sarà che certe domande usuali e scomode sono state evitate… però si deve riconoscere che nell’occasione Maria Elena Boschi ha fornito una prestazione scintillante, premiata da due applausi finali molto nutriti. Stile comunicativo sobrio e diretto, procedimento dilemmatico di impronta machiavellica (o…o…), terminologia comprensibile da tutti, incisività di concetti (pochi e chiari), insomma la ministra si è fatta apprezzare sia nei venti minuti introduttivi che nella mezz’ora di risposte alle domande studentesche.

    Esordendo, la ministra ha gettato un ponte verso la platea ricordando che nel 2006, quando si trattò di votare sulla riforma costituzionale proposta dal centrodestra, lei – allora venticinquenne – pur esprimendo il proprio voto non aveva colto l’importanza della consultazione, l’aveva sottovalutata: non fate come me nel 2006, ha osservato, ma siate coscienti che il 4 dicembre si gioca il futuro del Paese e di ogni suo singolo cittadino. 

    Nella sua esperienza a stretto contatto dal 2013 con il Parlamento, Maria Elena Boschi ha molto sofferto il dilatarsi continuo dei tempi di approvazione delle leggi (“quanta fatica!”). Tanto che “quante volte, purtroppo, sono stata costretta a chiedere la fiducia in aula!”. Momento spesso poco piacevole: “La cosa più simpatica che mi è stata tirata addosso sono stati dei crisantemi”. Come esempio la ministra ha citato tra le leggi votate sotto il segno della fiducia quelle sulla riforma del mercato del lavoro, la legge di stabilità (probabilmente anche la prossima) e l’altra sulle unioni civili, rivendicata come “una battaglia di civiltà”. Qui apriamo una breve parentesi. Al termine dell’incontro abbiamo chiesto a Maria Elena Boschi il ‘perché’ della legge sulle unioni civili. E la sventurata, presa da súbita emozione, occhioni colmi di un sorriso che ti trafigge (da italica Lorelei), rispose: “Ma io ci credo!”. Se non altro ci è parso di capire, data la reazione quasi passionale, che l’argomento specifico, al di là delle pubbliche e orgogliose rivendicazioni, ancora la sommuova un po’ nel profondo, almeno nella sua parte cattolica…

    Si diceva della difficoltà di approvazione delle leggi. “Lo strumento eccezionale del   porre la fiducia è purtroppo allora diventata la normalità al fine di approvare delle leggi, unico strumento per poter dare delle risposte, risolvere concretamente i problemi” – ha evidenziato la ministra – “Necessario dunque uno strumento che consenta di approvare le leggi che servono nei tempi in cui quelle leggi devono essere approvate”. E’ questo uno dei principali contenuti della Riforma costituzionale.

    Ed è bene ricordare che il 4 dicembre si sceglierà tra “questa Riforma e il permanere della Costituzione vigente”, non su un progetto alternativo di riforma “che non esiste”: “Non c’è e non se ci sarà. Scommetto tra non meno di dieci anni. Ma io sento l’urgenza di intervenire adesso!” Ci si dovrà dunque chiedere prima di inserire la scheda nell’urna: “Questa Riforma migliora o non migliora la situazione esistente? La scelta è tutta qui!”.

    Ha continuato Maria Elena Boschi, dicendosi convinta che il sistema attuale “complica la quotidianità” anche nel caso del rapporto tra Stato e Regioni. La Riforma cui è sottoposto pesantemente il Senato, “limita la burocrazia, non la democrazia”. Per il nuovo Senato (sempre che il SI vinca il 4 dicembre), ha rilevato la ministra all’indirizzo della platea di minori di 25 anni, “voi potrete votare e anche essere eletti, essendo caduto il limite d’età odierno”.

    Rispondendo alle domande dei cinque studenti, la ministra ha rivendicato il valore di una maggiore stabilità politica anche nei rapporti con l’Europa. “La richiesta di una doppia fiducia di Camera e Senato, spesso a maggioranza diversa tra loro, ha sempre creato grande instabilità sia all’inizio che durante la legislatura, considerati i negoziati continui tra le parti in Parlamento per giungere all’approvazione dell’una o dell’altra norma” . C’è poi il lievitare della spesa pubblica, derivata dai tanti cambiamenti di governo: “Un governo che teme di cadere è portato a evitare misure di austerità e a promuovere invece misure che mirano a un consenso immediato”. E’ anche evidente il riflesso dell’instabilità a livello economico (ad esempio: meno investimenti dall’estero) e a livello politico europeo (minore autorevolezza, con tutte le conseguenze del caso). Insomma: la stabilità è necessaria e un governo che duri un’intera legislatura “è democrazia, non deriva autoritaria”. A quest’ultimo proposito Maria Elena Boschi ha contestato che la Riforma accresca i poteri dell’esecutivo: “Non abbiamo cambiato neanche un comma in materia”. Invece “abbiamo con la Riforma restituito centralità al Parlamento, oggi mortificata”. La ministra qui ha ricordato che c’è chi vuole “una democrazia bloccata, da veti reciproci delle due Camere” e gli ha contrapposto il noto politico e giurista Piero Calamandrei (1889- 1956, in verità spesso citato dai fautori del NO: “Il rischio autoritario c’è laddove esiste una democrazia che non è in grado di decidere”.

    Sulla riduzione del numero dei parlamentari (se vincesse il SI, i senatori passerebbero da 315 a 100), la ministra ha rilevato che non è il punto fondamentale della Riforma, che va molto al di là di una riduzione pur importante.

    E, per tornare sul valore della stabilità, Maria Elena Boschi – rispondendo a un’altra domanda – ha detto che “nessuno ha la presunzione di credere che la Riforma azzeri tutti i problemi dell’Italia”. Nemmeno quello della ‘fuga dei cervelli’. E’ vero però che più stabilità comporta migliori condizioni di vita e crescita di opportunità in patria. Per concludere: “Se si resta come siamo, è difficile che le cose migliorino. Penso che lasciare le cose come stanno, fa comodo solo a chi sta già bene. Chi invece ha l’ambizione di migliorare, deve dare una chance al cambiamento”.

    Così parlò Maria Elena. Applausi nutriti, tanti sorrisi e diversi selfie, insufficienti comunque a soddisfare la richiesta studentesca di massa.

     

    IL DIBATTITO CON COSTITUZIONALISTI E POLITICI: CECCANTI, LANCHESTER, TONINI E MALAN

     

    In precedenza, come detto, si era sviluppato un dibattito assai stimolante tra costituzionalisti e politici. Qualche spunto tra i più interessanti.

    Stefano Ceccanti (SI). Sono due i motivi per cui l’Italia non ha bisogno del bicameralismo paritario (che Ceccanti chiama ‘ripetitivo’). Il primo: tale bicameralismo è dannoso per il governo, poiché espone al rischio di maggioranze diverse tra una Camera e l’altra. Il secondo: tale bicameralismo è inutile sotto l’aspetto del rapporto tra centro e periferia. La creazione di un Senato delle Regioni era già nelle intenzioni di D’Alema nel tentativo degli anni 1996-2001, ma fu bocciato prima dal suo partito, così che D’Alema dovette ripiegare su un progetto di riforma che prevedeva Camera, Senato e una terza Camera de facto per le questioni regionali (subito ‘dimenticata’).

    Fulco Lanchester (NO). Già il quesito sottoposto all’elettorato “viola la libertà di voto” e l’art. 70 (sull’attribuzione delle competenze nell’esame delle leggi, elenca i casi in cui il nuovo Senato avrebbe la facoltà di intervenire) “è confuso, non funziona”. Su tutto grava poi il rischio dell’ incostituzionalità. Diceva Gaetano Mosca (giurista e politico, 1858-1941) che, se si schiaccia troppo il Parlamento, si schiaccia l’equilibrio, che è l’elemento essenziale degli ordinamenti democratici. C’è poi un chiaro tentativo di ricontrollare dal centro i poteri di spesa delle Regioni. Ce lo chiede del resto l’Europa, postulando la necessità di ridurre il nostro deficit.

    Giorgio Tonini (SI, senatore Pd).per poter avere un governo stabile e con un mandato chiaro da parte degli elettori, occorre che ci sia una Camera eletta con un sistema elettorale maggioritario (alla maggioranza relativa dei voti corrisponde la maggioranza assoluta dei seggi) e che sia questa sola Camera a dare la fiducia. Che facciamo allora del Senato? I grandi Pesi europei (Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Polonia e Italia, se passerà la Riforma) hanno tutti un Senato che in varie modalità funziona da raccordo tra il legislativo nazionale e il legislativo regionale.

    Lucio Malan (NO, senatore Forza Italia). “Oggi ho appreso che lo scopo della Costituzione è quello di avere governi stabili… così che uno magari possa restare lì 50 anni e poi passi il testimone al figlio”. Ma, come scriveva Alexis de Tocqueville (giurista, politico, storico 1805-1859), lo scopo della Costituzione è evitare la dittatura della maggioranza. Ora invece, se passa la Riforma, sarà la maggioranza addirittura a elaborare lo Statuto dell’opposizione. Con il nuovo Senato, il contenzioso tra Stato e Regioni, già molto vivo da anni, si aggraverà ancora dato ad esempio che non sarà facile stabilire se una legge potrà essere esaminata anche dallo stesso Senato. Si possono facilmente prevedere ricorsi e controricorsi, considerata la poca chiarezza dell’art. 70.  

     

     

    Ricerca