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    FAMIGLIA/INTERVISTA A DIARMUID MARTIN: IN DIFESA DELL'IRLANDA

     

    FAMIGLIA/INTERVISTA A DIARMUID MARTIN: IN DIFESA DELL’IRLANDA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 maggio 2016

     

    Intervista al Primate d’Irlanda un anno dopo il riconoscimento via referendum del ‘matrimonio gay’ e a due anni dal IX Incontro mondiale delle famiglie che sarà organizzato a Dublino nel 2018. Per Diarmuid Martin l’Irlanda, anche dopo il voto del 23 maggio 2015, resta un Paese con una famiglia sostanzialmente forte, più solida e più feconda di quella italiana. Preoccupa però il problema della dilagante povertà, anche a causa della grave crisi immobiliare. La speranza che il Papa sia presente a Dublino e faccia gesti importanti di riconciliazione nei rapporti intrairlandesi.   

     

    Già sottosegretario, poi segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace tra il 1986 e il 2001, osservatore permanente presso l’ONU a Ginevra fino al 2004, poi arcivescovo (prima coadiutore) di Dublino, il settantunenne monsignor Diarmuid Martin ospiterà nel 2018 nella sua diocesi il IX Incontro mondiale della famiglie, posto sotto il motto”Il Vangelo della famiglia, gioia per il mondo”. Il tema dell’Incontro è stato presentato in Sala Stampa vaticana martedì 24 maggio dallo stesso arcivescovo Martin e dal presidente del Pontificio Consiglio ad hoc Vincenzo Paglia, che ha evidenziato come Dublino rappresenti il primo grande raduno delle famiglie del mondo dopo la pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, conseguente al doppio Sinodo sulla famiglia.

    Al termine della conferenza-stampa il presule irlandese ha risposto volentieri ad alcune nostre domande riguardanti soprattutto il voto di un anno fa e le sue conseguenze nel Paese. Come è noto all’arcivescovo di Dublino (che è anche vicepresidente della Conferenza episcopale nazionale) è stato rimproverato da una parte dei cattolici irlandesi di avere tenuto un atteggiamento troppo ‘morbido’ nella battaglia referendaria. Tali critiche sono state condivise da diversi gruppi cattolici anche in Italia ed è forse per questo che nella sua prima risposta Diarmuid Martin – con una sorta di polemica indiretta - ha voluto evidenziare come la famiglia irlandese resti ancora sostanzialmente più solida di quella italiana. All’arcivescovo di Dublino abbiamo anche chiesto se in Irlanda, specie dopo il voto di maggio 2015, si stiano restringendo gli spazi per la libertà d’espressione, come denunciano alcune voci particolarmente impegnate nella battaglia referendaria, come quella del giornalista John Waters. Al momento, secondo Martin, si può ancora esprimere pubblicamente la propria opinione sul matrimonio, basta che ciò sia fatto in “modo non intollerante e senza odio”.  Veniamo allora all’intervista.

     

    Monsignor Martin, la legge è prodotto di cultura, ma la legge produce anche cultura. Da poco più di un anno l’Irlanda ha approvato con il 62,1% dei voti il riconoscimento costituzionale del “matrimonio gay”. L’incontro mondiale delle famiglie a Dublino, previsto per il 2018, non giunge un po’ in ritardo, ora che i buoi sono scappati dalla stalla?

    Devo subito osservare che la cultura familiare in Irlanda è fondamentalmente sana. Un quarto della popolazione è sotto i 25 anni, al contrario dell’Italia. Da noi, sempre rispetto all’Italia, il tasso dei matrimoni è ancora alto e basso quello dei divorzi. L’indice di fertilità è a 2, mentre in Italia è a 1,4. Le dico questo per mostrare che noi possiamo ancora ben costruire su ciò di positivo che esiste, così da incoraggiare le famiglie. Non siamo in ritardo. L’incontro mondiale delle famiglie non è fatto per giudicare e condannare, ma per aiutare le famiglie a vivere nell’odierno ambiente culturale.

     

    Lei nella conferenza-stampa vaticana di martedì 24 maggio ha portato come esempio del persistere in Irlanda di una forte cultura della famiglia il caso di un bambino che aveva appena fatto la Prima Comunione, presenti i nonni: richiesto se volesse bene al nonno, ha risposto: “Io voglio bene alla famiglia”. Se così è, a che cosa si deve il voto netto del 23 maggio 2015 in favore del riconoscimento del “matrimonio gay”? Ha pesato forse in modo decisivo il gravissimo scandalo dei sacerdoti pedofili, che ha sconvolto la Chiesa irlandese nei primi anni del Terzo Millennio?

    Lo scandalo della pedofilia ha costituito sicuramente un fattore importante per il risultato del voto. Tuttavia vorrei anche osservare che il linguaggio utilizzato dai fautori del ‘sì’, imperniato su tolleranza, rispetto per la diversità, aveva dei contenuti cristiani. Per di più molti hanno votato pensando ai casi singoli incontrati nel corso della loro esperienza di vita.

     

    Fin qui quanti sono i “matrimoni gay’ registrati in Irlanda?

    Pochi, soprattutto rispetto a quelli tra uomo e donna, che raggiungono quote molto più alte che non in altri Paesi. La sfida più grande riguarda però le coppie che convivono e non si sposano più. La Chiesa deve affrontare questa nuova realtà con il coraggio che dimostra papa Francesco. Non deve condannare, ma aiutare le persone comprendere meglio la loro situazione.

     

    Però la Chiesa irlandese deve ben riflettere su quanto è successo…

    Sì. Deve vedere come affrontare la situazione hic et nunc, qui e ora, nell’ambiente culturale in cui viviamo. Non abbiamo la bacchetta magica per una soluzione immediata e soddisfacente. Dobbiamo cercare di cambiare la cultura dominante con l’esempio positivo e gioioso di una vita di famiglia che possa attrarre i giovani.

     

    In alcune interviste di un anno fa Lei ha constatato che la maggior parte dei giovani aveva votato ‘sì’ e che tra loro il 90% aveva frequentato scuole cattoliche…

    Sì, confermo. Bisogna assolutamente cambiare la catechesi della famiglia all’interno delle scuole. E non solo lì. Purtroppo per tanto tempo la Chiesa irlandese ha pensato che la sua forza stesse nei numeri. Invece non ha saputo vedere l’evolvere della realtà, il forte cambiamento nella vita quotidiana.  

     

    A un anno dal referendum, in Irlanda esiste ancora la libertà per un sacerdote di dire pubblicamente: “Per me l’unico matrimonio è tra uomo e donna”? Oppure è passibile di denuncia con tutte le conseguenze del caso, se lo facesse?

    Al momento la legge rispetta la libertà di ogni ente religioso di osservare la propria dottrina in materia…

     

    E un insegnante, cattolico o anche non cattolico, di una scuola pubblica che dicesse la stessa cosa del sacerdote?

    Se presenta questa sua affermazione come parte del suo credo e lo fa in modo non intollerante e senza odio, può farlo.

     

    Torniamo al nono Incontro mondiale delle famiglie del 2018: su che cosa incentrerà la sua attenzione?

    Si confronterà con la grande e complessa realtà della famiglia - descritta così bene anche nell’esortazione postsinodale Amoris laetitia - in un mondo che cambia. Questa è la grande sfida, che la Chiesa affronta con ottimismo.

     

    Nella conferenza-stampa in Vaticano Lei ha anche evidenziato come per molte famiglie irlandesi sia predominante il problema della povertà…

    Per queste famiglie si tratta di una lotta quotidiana per sopravvivere, per dare ai figli almeno il minimo indispensabile… Guardi, alcuni insegnanti mi dicono che ci sono allievi che vengono a scuola non solo affamati, ma che la fame è tanta che danneggia le loro capacità intellettive..

     

    Si sta tornando ai tempi della Grande Carestia Irlandese dell’Ottocento?

    Non siamo per fortuna agli stessi livelli. Ma la povertà nelle famiglie c’è. La crisi immobiliare è molto diffusa e incide gravemente sulla società irlandese. C’è il grande problema dei senzatetto, degli sfrattati… non ci sono case popolari a sufficienza.

     

    Sempre che riesca ad andare in Irlanda per l’Incontro mondiale della famiglie, non si può dimenticare che Francesco è il Papa anche dei gesti… 

    … che hanno sempre la capacità di sorprenderci…

     

    L’Irlanda è un’isola che ha conosciuto grandi turbolenze. Basti ricordare la ‘Pasqua di sangue’ di Dublino, di cui si è commemorato qualche settimana fa il centenario. La questione nord-irlandese poi è sempre lì…

    Il Papa ha un suo carisma, la capacità di fare dei gesti che toccano i cuori. Lasciamo fare a lui. Se il Papa andasse in Irlanda del Nord, probabilmente farebbe un gesto che toccherebbe i cuori di tutti noi.

    P.S. L’intervista appare integralmente su www.rossoporpora.org . Per una sua riproduzione (totale o di parti consistenti) è necessaria l’autorizzazione da richiedere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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