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    MICHAEL HESEMANN: GENOCIDIO ARMENO, VATICANO, TURCHIA E UN PARAGONE

    MICHAEL HESEMANN: GENOCIDIO ARMENO, VATICANO, TURCHIA E UN PARAGONE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 aprile 2015

     

    Ampia intervista allo storico tedesco Michael Hesemann, autore del recentissimo “Völkermord an den Armeniern“, volume che presenta anche documenti vaticani inediti sul genocidio armeno – L’azione vaticana nel 1915 con Benedetto XV – A  un secolo di distanza emozione in San Pietro per le parole di papa Francesco – Il genocidio armeno modello per Hitler  

     

    Il 24 aprile 1915 a Costantinopoli, con l’incarcerazione e la successiva deportazione di centinaia di esponenti armeni, incominciò quello che papa Francesco ha definito domenica 12 aprile  2015 “il primo genocidio del XX secolo, l’immane e folle sterminio“ degli armeni residenti nell’Impero ottomano. Sull’argomento è da poco uscito un volume ( “Völkermord an den Armeniern“, ed. Herbig, München) che illumina quanto accadde un secolo fa in Turchia anche alla luce di documenti inediti consultati nell’Archivio segreto vaticano. Ne è autore il cinquantunenne storico e giornalista tedesco Michael Hesemann,  che abbiamo avuto la felice occasione di incontrare in Sala Stampa vaticana, presso la quale è accreditato.

     

    Michael Hesemann, è stata una sorpresa per Lei – autore del recentissimo “Völkermord an den Armeniern“ (Il genocidio degli armeni)–  ascoltare il Papa che domenica 12 aprile in San Pietro ha parlato dell’ „immane e folle sterminio“ patito dagli armeni cent’anni fa, riecheggiando Giovanni Paolo II nella dichiarazione comune del 2001 con il Catholicos armeno Karekin II e dunque ripetendone la definizione di “primo genocidio del XX secolo“?

    Ero in San Pietro e ho provato subito un grande sollievo: papa Francesco, a dispetto delle pressanti manovre diplomatiche turche perché non utilizzasse la parola “genocidio“, l’ha invece fatto. L’ha fatto subito, già nel saluto all’inizio della celebrazione, definita ufficialmente  “Santa Messa per il centenario del ‚martirio’ (Metz Yeghern) armeno“. Ho sentito istantaneamente un enorme sollievo per questo atto papale di grande coraggio e di grande autorevolezza. Con una decisione personale forte Francesco ha voluto evidenziare che la verità dei fatti può vincere anche le regole della diplomazia.

    Si può supporre che la decisione non sia stata facile…

    Il Papa era ormai stato ben informato, con una grande mole di documentazione storicamente ineccepibile, su quanto successo nel 1915 e anche dopo. Già da arcivescovo di Buenos Aires aveva dimostrato amicizia verso gli armeni. Poi , secondo indiscrezioni diplomatiche, usò – da Papa - la parola “genocidio“ in un’udienza del giugno 2013 al patriarca di Cilicia degli Armeni. Dunque papa Francesco era ben cosciente di quello che avrebbe detto domenica 12 aprile 2015 utilizzando quel termine sia nel saluto iniziale che nel Messaggio consegnato ai dignitari armeni al termine della Messa. Ha così vanificato anche l’estremo tentativo turco di fermarlo. Non solo, ma il giorno dopo Francesco ha voluto riaffermare, nell’omelia a Santa Marta, che dovere del cristiano è di chiamare le cose con il loro nome.

    Si può pensare, come hanno fatto alcuni, che le parole del Papa possano peggiorare ancora lo status dei pochi cristiani che oggi risiedono in Turchia?

    C’è ancora qualcosa da peggiorare nella condizione odierna dei cristiani in Turchia? Stiamo parlando di un Paese in cui la discriminazione è pane quotidiano e la libertà religiosa è un’espressione aliena. Sacerdoti e vescovi sono stati uccisi senza che mai si chiarissero veramente le circostanze dell’assassinio. I cristiani non possono costruire chiese, le chiese antiche sono profanate e trasformate in magazzini, musei e moschee. Si impedisce sistematicamente la formazione di nuovi sacerdoti, poiché da un lato lo Stato pretende che i seminaristi studino nel Paese e dall’altro lo stesso Stato chiude i seminari e vieta di aprirne di nuovi. La persecuzione più grande di ogni tempo contro i cristiani. Il genocidio di un milione e mezzo di armeni e di circa un altro milione di aramaici, assiri e greci viene ancora sempre contestato e chi dice la verità viene ancora minacciato e punito. Bisogna ancora avere riguardi per un tale Paese, dato che il suo presidente considera i cristiani come un flagello, minacciando di rendere sempre più difficile la loro vita? Penso proprio che la verità aiuti i cristiani in Turchia più che un ennesimo compromesso, frutto di una diplomazia riguardosa e silenziosamente tollerante verso un’ingiustizia che grida vendetta in cielo. Perciò ribadisco il mio ringraziamento al Santo Padre per il suo gesto grandioso, coraggioso, anche profetico.

    Dal 2011 Lei ha frequentato assiduamente l’Archivio segreto vaticano alla ricerca di documenti su quella che era catalogata come „Persecuzione degli Armeni“. Uno dei punti da chiarire era se esistesse un vero e proprio programma di sterminio del popolo armeno da parte turca…

    Su quanto accaduto ho potuto consultare circa 2500 pagine di documenti inediti. Quanto ho letto mi ha dimostrato che il piano esisteva. I Giovani Turchi al potere trovavano ideologicamente un punto di riferimento nel nazionalismo europeo che prevedeva che uno Stato, per essere forte, dovesse essere caratterizzato dall’omogeneità della popolazione. L’Impero ottomano era multireligioso e pluriculturale, dunque in tale ottica di per sè assai debole. Avendo perso l’Impero le province balcaniche, i cui popoli cristiani miravano all’indipendenza ed erano sostenuti ad esempio dalla Russia, i Giovani Turchi sentirono che non si poteva più indugiare: ogni minoranza diventava un pericolo e allora andava sterminata con una vera e propria “pulizia etnica“. L’idea fu concretizzata purtroppo con successo e anche nel silenzio delle potenze mondiali, tanto che – nella riunione dello Stato maggiore tedesco del 23 agosto 1939 - Hitler, annunciando l’invasione e l’annientamento della Polonia, disse, come appare da alcuni appunti dei presenti: “Chi parla ancora oggi dello sterminio degli Armeni?“

    E’ lecito ritenere che il genocidio armeno sia stato un ottimo esempio per la concretizzazione della politica dell’annientamento degli ebrei perseguita dal regime nazionalsocialista?

    Certamente. Il genocidio armeno è stato il modello diretto per la Shoah, l’Olocausto. Non è un’ipotesi, l’ha affermato lo stesso Hitler come Lei ricordava poco fa. Deportazioni, ‚marce della morte’, campi di concentramento: tutto questo i turchi hanno fatto prima di Hitler; solo le camere a gas sono state un’invenzione tedesca, così da migliorare con teutonica precisione l’efficienza dell’annientamento, nel disprezzo più cinico della persona umana. E’ forse un caso che tanti gerarchi nazisti abbiano servito da soldati nell’Impero ottomano, fino a Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz? Hitler ammirava i turchi, considerava Mustafa Kemal Atatürk il suo grande modello, prima ancora di Mussolini. Nessuna meraviglia. L’ideologia dei Giovani Turchi, propugnatori del genocidio degli armeni, è protofascismo allo stato puro!

    Tra le minoranze quella armena era considerata particolarmente pericolosa…

    Sì, è proprio così. Le si imputavano tra l’altro (a torto) tentativi di insurrezione, oltre a una naturale simpatia per i russi. Ricordo che il ministro dell’interno turco Talaat Bey disse nel 1915 al consigliere d’ambasciata tedesco Johann Mordtmann che al governo turco la guerra serviva per fare i conti finali con i nemici interni – i cristiani di ogni confessione – senza essere disturbati da interventi diplomatici esteri. Ciò è confernato anche in diversi documenti che ho potuto consultare nell’Archivio segreto vaticano, come nel rapporto dell’abate generale Ghiurekian del 30 luglio 2015 a papa Benedetto XV. Vi si legge tra l’altro: “Armenia senza Armeni: questo è il piano del governo ottomano“.

    Fu un vero e proprio sterminio, caratterizzato anche dalla ‚marce della morte’ ...

    Sì, la popolazione armena veniva deportata con il pretesto che in tal modo non avrebbe più potuto insorgere con l’aiuto dei russi. Furono però deportati anche gli armeni che risiedevano lontano dal fronte. Generalmente si procedeva con una brutalità estrema. Dapprima quasi tutti gli uomini dai 17 ai 70 anni, non chiamati sotto le armi, venivano separati dal resto della famiglia per essere massacrati. Donne, bambini e anziani venivano poi incolonnati per procedere verso il territorio siriano. Chi non moriva durante il trasferimento raggiungeva Aleppo… Scrive in un rapporto dell’autunno 1915 fr. Norbert Hofer, superiore dei cappuccini della città armena (oggi turca) di Erzurum, riportando la testimonianza del sacerdote austriaco Dunkl: “Nel cortile di un caravanserraglio nei dintorni di Aleppo vide, sedute sulla nuda terra, in mezzo ai loro escrementi, diverse centinaia di donne. Tra loro molte madri con aggrappati al seno figli morti o ancora vivi. Tutte erano in uno stato apatico o sarebbero morte di lì a poco. Una diaconessa protestante raccontava che giornalmente asportava dal cortile una ventina di corpi“.

    Una tale descrizione non necessita di commenti e richiama subito alla mente quanto successe nelle altre due grandi tragedie del XX secolo ricordate da papa Francesco. Si diceva prima della ‚turchizzazione’ dell’Impero ottomano ad opera dei Giovani Turchi: accanto agli armeni furono massacrati anche altre minoranze…

    Le rispondo citando un altro documento trovato nell’Archivio segreto vaticano, un rapporto inviato alla Santa Sede dal patriarca siro-cattolico Ignace Efrem II Rahmani: “La verità è che i turchi, accanto agli armeni, hanno massacrato anche altri cristiani: cattolici siriaci, monofisiti siriaci, caldei, nestoriani, ecc…“. E il patriarca armeno cattolico Boghos Bedros XIII Terzian da parte sua conferna in un rapporto del 18 giugno 1916: —E’ sicuro che il governo ottomano ha deciso di eliminare il cristianesimo dalla Turchia prima che finisca il conflitto mondiale. Tutto ciò succede sotto gli occhi del mondo cristiano“. Anche le cifre confermano il genocidio: nel 1914 i cristiani in Turchia erano il 19%, oggi lo 0,2%. L’obiettivo di trasformare la Turchia in uno Stato nazionale islamico è stato raggiunto.

    Che cosa fece il Vaticano per cercare di fermare la Turchia?

    Tutto quello che era possibile fare in quel momento. I primi rapporti allarmati giunsero a Roma nel giugno 1915, a luglio si seppe dei massacri, ad agosto il quadro era ormai chiaro. Si cercò di coinvolgere gli alleati della Turchia, l’impero germanico e quello austro-ungarico perché intervenissero su Costantinopoli. Ma i tedeschi, prussiani e protestanti, non nutrivano un interesse particolare per l’argomento: a loro premeva in primo luogo non irritare l’impero ottomano, per averlo al fianco fino alla fine della guerra. Gli austro-ungarici, poi, erano troppo deboli per fare qualcosa di concreto. Non restò a papa Benedetto XV che scrivere il 10 settembre 1915 al Sultano, “Sa Majesté Mahomet V“, una lettera che il delegato apostolico monsignor Angelo Maria Dolci (molto impegnato come gli altri religiosi nell’aiuto umanitario agli armeni) riuscì a consegnare solo dopo sei settimane di attesa. Maometto V rispose il 19 novembre, assicurando tra l’altro che “Il nostro governo, corrispondendo al nostro desiderio, continuerà a fare in modo che il trasferimento della popolazione avvenga in modo sopportabile“. Intanto le ‘marce della morte’ e una parte dei massacri erano già stati compiuti: alla fine furono circa 1,5 milioni gli Armeni sterminati.

    P.S. L’intervista originale è pubblicata in italiano e integralmente su www.rossoporpora.org ; in inglese nel numero di maggio del mensile cattolico statunitense ‘Inside the Vatican’; in versione italiana ridotta nell’edizione del 24 aprile 2015 del ‘Giornale del Popolo’, quotidiano cattolico della Svizzera italiana.

     

     

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