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    RICORDO DEL CARDINALE TICINESE GILBERTO AGUSTONI

     

    RICORDO DEL CARDINALE TICINESE GILBERTO AGUSTONI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 19 gennaio 2017

     

    E’ deceduto venerdì 13 gennaio il cardinale ticinese Gilberto Agustoni, novantaquattrenne. Un ricordo biografico e alcuni momenti della sua vita: un’intervista alla ‘Gazzetta Svizzera’ del novembre 1994; il suo apprezzamento per la Facoltà di Teologia di Lugano e per il vescovo Eugenio Corecco, di cui presiedette i funerali nel 1995; i suoi rapporti con il cardinale Alfredo Ottaviani, con le Figlie di Santa Maria di Leuca e con monsignor Pablo Colino.

     

     

    Questi sono giorni in cui il primo pensiero va alle sfortunate popolazioni dell’Italia Centrale di cui la natura (matrigna direbbe il Leopardi) ha voluto sconvolgere la vita evidenziandone brutalmente la condizione fragile. Come far rivivere in loro quella fiammella della speranza che oggi sembra spenta dalla disperazione esistenziale dovrebbe essere il compito prioritario (e improbo) del governo della Nazione, certo con l’aiuto anche della Chiesa (che non è mancato, non manca e non mancherà) e dell’intera società italiana.

    Qui invece vogliamo rievocare in alcuni suoi momenti di vita il cardinale Gilberto Agustoni, morto serenamente a Roma novantaquattrenne il 13 gennaio. Era l’unico porporato ticinese, il secondo nella storia se si considera che con grande probabilità proveniva da quella terra anche il cardinale Carlo Francesco Caselli (1740-1828), nato ad Alessandria da genitori emigrati da Carona (padre Casella, madre Adami), vicino a Lugano. Generale dei Serviti, fu apprezzato da Pio VI, creato cardinale da Pio VII, che accompagnò da mediatore nella Francia napoleonica. Dal 1804 fu vescovo di Parma, dove concluse la sua vita terrena nel 1828.

    Anche Gilberto Agustoni, attinente di Balerna (vicino a Chiasso), era nato nel 1922 fuori dal Ticino, Oltralpe, a Sciaffusa, dove il padre si era trasferito come funzionario statale. Ritornata la famiglia nel cantone d’origine, a Coldrerio (infatti il padre era stato nominato direttore della dogana di Chiasso),  il giovane Gilberto seguì le orme del fratello Luigi (poi noto sacerdote cultore del gregoriano e del rinnovamento liturgico conciliare) e frequentò il seminario diocesano di San Carlo. Dopo il liceo studiò teologia prima a Roma, poi – negli anni di guerra - a Friburgo. Sacerdote dal 1946, fu nominato vice-assistente generale dell’Azione Cattolica ticinese dal vescovo Angelo Jelmini, che nel 1950 cedette alle pressioni dell’allora Assessore della Congregazione del Sant’Uffizio Alfredo Ottaviani e lo inviò a Roma. In Vaticano si fece le ossa in tale sede, divenne segretario del ‘guardiano dell’ortodossia per antonomasia’ (‘Semper idem’ il motto di Ottaviani), intraprese e concluse gli studi di diritto alla Lateranense (Ottaviani era in materia un’autorità indiscussa).  In Curia monsignor Agustoni prestò servizio anche presso la Congregazione per la disciplina dei Sacramenti, nel ‘Consilium ad exsequendam Consitutionem de Sacra Liturgia’, presso il Tribnnale della Rota Romana. Nel dicembre 1986 fu nominato segretario della Congregazione per il Clero e consacrato vescovo da Giovanni Paolo II nell’Epifania del 1987. Oltre a contribuire alla preparazione del Sinodo 1990 sulla formazione dei sacerdoti, mons. Agustoni collaborò anche all’elaborazione del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica e alla stesura della Costituzione apostolica ‘Pastor Bonus’ riguardante la struttura della Curia Romana. Il 26 novembre 1994 fu creato cardinale da papa Wojtyla, diventando nel contempo prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (già dal 1991 ne era membro e dal 1992 pro-prefetto). Un incarico che mantenne fino alla fine di ottobre del 1998, quando –settantaseienne- divenne prefetto emerito. Il cardinale Agustoni risiedeva ormai da tempo, non più a piazza della Città Leonina a due passi dal Colonnato, ma a Prima Porta (aveva il titolo della chiesa dei santi Urbano e Lorenzo), presso le suore Figlie di Santa Maria di Leuca, il cui ‘patronato’ aveva ereditato dal cardinale Alfredo Ottaviani.

    I suoi funerali sono stati celebrati martedì 17 gennaio all’altare della Cattedra in san Pietro, presieduti dal cardinale decano Angelo Sodano, che nell’omelia ha tra l’altro rilevato: “La sua fede edificò molti di noi che l’abbiamo conosciuto qui a Roma, ove fin dal 1950 dedicò tutta la sua vita al servizio della Santa Sede. Pur conservando sempre nel suo cuore il ricordo della sua cara comunità svizzera, egli sempre ci edificò con il suo grande amore alla Chiesa di Roma”. Diciotto i cardinali concelebranti, con alcuni vescovi e sacerdoti. Tre i prelati ticinesi presenti: il vescovo emerito Piergiacomo Grampa (anche in rappresentanza della Conferenza dei vescovi svizzeri), il vicario generale emerito mons. Ernesto Storelli, il rettore del Seminario don Nicola Zanini. Papa Francesco, come di consueto in questi casi, ha presieduto l’ultima parte del rito, quella della benedizione della salma e del congedo. I canti sono stati eseguiti dal coro della Cappella Sistina e dal Coro Guida. Al rito hanno partecipato anche tre nipoti del cardinale, la cui salma è stata poi traslata a Prima Porta, dopo che le tante Figlie di Santa Maria di Leuca presenti hanno intonato l’ “Andrò a vederla un dì/ in cielo patria mia”.

     

    QUALCHE RICORDO DEL CARDINALE: INTERVISTA ALLA ‘GAZZETTA SVIZZERA’ 

    Gilberto Agustoni era una persona molto corretta, gentile e caratterizzata dalla discrezione. Come segretario del cardinale Ottaviani ha sicuramente potuto conoscere tanti ‘segreti’ delle Sacre Stanze, ma non ne ha mai parlato pubblicamente. Era sicuramente un ‘conservatore’ per tanti aspetti, salvo che in materia di liturgia.

    In un’intervista che gli facemmo per il mensile degli Svizzeri d’Italia Gazzetta Svizzera nel novembre 1994, in occasione della creazione a cardinale, Gilberto Agustoni così rispose a una domanda sull’intensità dei suoi legami con il Ticino: “Affettivamente moltissimo. Non sono mai tornato, è vero (se non per visite); con molto realismo devo anche rilevare che, per chi parte, è difficile ritrovare una nicchia al ritorno. Un po’ perché i confratelli hanno imboccato strade diverse, un po’ perché si rischia di urtare qualcuno o di diventare un disadattato. Quando ritorno per qualche giorno nel Ticino, è però con dolore che vedo come la nostra gente sia cambiata negli ultimi anni; non sa più accontentarsi, poiché il troppo consumismo ha fatto strage della semplicità di costumi”.

    A un’altra domanda sull’irrequietezza della Chiesa cattolica nella Svizzera tedesca, in bilico tra “il culto del ‘particulare’ “ e l’apertura “universale”, rispose invece: “Tra le due Chiese ricordate non esiste una tensione negativa là dove si sa che cosa siano esattamente l’una e l’altra, Chiesa particolare e Chiesa universale. In quest’ultima ci si sta muovendo verso una valorizzazione delle Chiese locali”. Aggiungendo: “Ciò che esplode ogni tanto come conflitto non è altro che segno di crescita, indizio di vitalità”.

     

    I RAPPORTI CON LA FACOLTA’ DI TEOLOGIA E CON IL VESCOVO EUGENIO CORECCO

    Il cardinale Agustoni tenne sempre molto al successo della Facoltà di Teologia di Lugano, voluta dal vescovo Eugenio Corecco. Tanto è vero che, conoscendo Giovanni Paolo II le difficoltà dei primi tempi, inviò alla Facoltà una cospicua somma proprio tramite il presule curiale ticinese, in occasione del primo Dies Academicus. Ricordiamo poi che nel novembre 1994, il neo-cardinale presiedette la messa di ringraziamento nella chiesa borrominiana di San Carlino alle Quattro Fontane: e lì vedemmo per l’ultima volta mons. Corecco, già molto malato, trascinarsi con fatica verso l’altare.

    Il vescovo morì dopo pochi mesi, il primo marzo 1995 (Mercoledì delle Ceneri) e i suoi funerali di popolo furono presieduti qualche giorno dopo nella cattedrale luganese di San Lorenzo proprio dal cardinale Agustoni. Che nell’omelia evidenziò come il defunto fosse “amico fraterno, pastore e unto dal Signore”, oltre che “pensatore dotto, lucido e fecondo uscito vincitore nel buon combattimento”.

    Più in là: “Il Vescovo Eugenio sapeva a chi e a che cosa era destinata la sua vita che la malattia gli strappava lembo dopo lembo. Lo ha detto parlando della sua malattia, di lui uomo, di lui sacerdote e Vescovo, con sere­nità e quasi con distacco, dirigendosi al popolo che Egli sentiva suo, perché sentiva di farne parte e perché gli era stato affidato dal gran­de Pastore, Cristo. Quanti fratelli sofferenti, quanti infermi sul punto di affrontare l’ultimo combattimento avranno trovato con­forto, luce, pace, in quelle sue parole che uscivano da un corpo che viveva la sofferenza di cui parlava e da un cuore che, illuminato dal­la fede e sorretto dall’amore, sapeva trasformare in offerta. In que­gli incontri, televisivi e radiofonici o scritti, mons. Corecco ha dato a vedere una personalità di altissimo profilo, profonda nel pensiero, semplice nel porgere, soprattutto alimentata da una fede che irra­diava convinzione”.

    Sulla fondazione della Facoltà di Teologia di Lugano il cardinale Agustoni aveva osservato che: “L’approvazione di questo Istituto, voluto con chiaroveggenza, tenacemente, superando molti ostacoli e accanite opposizio­ni, è stato per il nostro Vescovo una grande soddisfazione. Questa istituzione è stata fino all’ultimo in cima alle sue preoccupazioni: per assicurarne la fedeltà alla linea dottrinale e disciplinare sulla quale l’aveva attentamente impostata, per garantire le necessarie ri­sorse per il suo futuro sviluppo e la solidità delle sue strutture. Egli consegna la Facoltà teologica alla diocesi come il dono più prezioso del suo ministero, perché l’ha sempre considerata in una prospettiva pastorale specialmente per la formazione dei seminari­sti, dei sacerdoti e dei laici interessati”.

    Noto era anche l’affetto che Giovanni Paolo II nutriva per Eugenio Corecco, da sempre come ciellino (introdusse CL in Svizzera, partendo dall’Università di Friburgo) vicino alle lotte del popolo polacco e di Solidarność: “Il Santo Padre, che è stato informato della morte di mons. Corecco mentre si accingeva a celebrare il rito delle ceneri a Santa Sabina, disse poche parole che esprimevano affetto, stima e rim­pianto e soggiunse: “Celebrerò la Messa per lui”. E io sono qui per attestare l’affetto, la stima e il rimpianto del Papa per il nostro Ve­scovo Eugenio che Cristo ha chiamato a sé”.

     

    IL GIOVANE DON GILBERTO AGUSTONI, AUTISTA E PAROLIERE DEL MAESTRO PABLO COLINO

    Il card. Ottaviani, un trasteverino di origini popolari, di fede granitica e di spiccata sensibilità sociale, aveva il patronato dell’ ‘Oasi di Santa Rita’ a Frascati. Lì ogni settimana, quale maestro di musica per una cinquantina di ragazze ospiti della struttura, si recava l’allora giovane Pablo Colino (che tra l’altro sbrigava la corrispondenza in spagnolo del porporato): non avendo l’auto, lo accompagnava don Agustoni che fungeva da autista, “sempre molto cordiale”.

    Lo stesso don Agustoni portava poi ogni sabato sera il maestro don Colino a Prima Porta, dove il cardinal Ottaviani seguiva una seconda ‘impresa’ sociale, incarnata dalle Figlie di Santa Maria di Leuca, di cui il porporato sosteneva con fondi cospicui l’apostolato e il servizio in particolare per le ragazze madri a rischio di aborto. Con l’aiuto finanziario di diversi vescovi statunitensi e canadesi (in gran parte allievi di Ottaviani alla Lateranense) sorse a Prima Porta anche una clinica specializzata. Gilberto Agustoni ‘ereditò’ dal card. Ottaviani il ‘patronato’ delle Figlie di Santa Maria di Leuca (ce ne sono anche nel Ticino, a Chiasso, Bellinzona), Cevio, Lugano e Locarno) e ogni domenica alle 8.00 celebrava una messa solenne a Prima Porta: maestro del coro era nei primi anni Pablo Colino. Che ricorda di aver musicato una delle prime messe in italiano, con testi di Gilberto Agustoni (introito, interiezionale, offertorio, comunione, finale). Era una messa (l'unica mai musicata da Pablo Colino) per il tempo di Penitenza e, insieme con la messa d’Avvento di Alberico Vitalini e quella Pasquale di Lopez Calo, fu incisa su disco dalle Edizioni Paoline. Evidenzia infine Pablo Colino che Gilberto Agustoni amava la messa in italiano più di quella in latino, fors’anche influenzato dal fratello Luigi, noto esponente del rinnovamento liturgico conciliare.

     

    DIBATTITO PUBBLICO CONDOTTO DA LUIGI ACCATTOLI E GIUSEPPE RUSCONI SU PAPA FRANCESCO:

     PRIMO APPUNTAMENTO GIOVEDI’ 26 GENNAIO 2017, ORE 18, CENTRO RUSSIA ECUMENICA, BORGO PIO 141, ROMA

    Qualche tempo fa il collega vaticanista Luigi Accattoli (a ‘Repubblica’ dal 1976 al 1981, poi al ‘Corriere della Sera’; in pensione dal 2008 continua a collaborare con il ‘Corriere’ e con ‘Il Regno’; scrittore prolifico su argomenti vaticani ed ecclesiali) mi ha proposto di condurre a due un ciclo di incontri pubblici sul pontificato di papa Francesco nei suoi svariati aspetti da svolgersi una volta al mese in librerie romane. Ho accettato volentieri, così che il primo appuntamento è stato fissato per giovedì 26 gennaio, con inizio alle ore 18 e si svolgerà presso il Centro Russia ecumenica, a Borgo Pio 141 (a pochi passi da Piazza San Pietro). L’entrata è libera.

    La locandina del primo incontro:

    Dubia  e certezze su papa Francesco- Il dibattito nei media e nella realtà.  Conducono Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi
    Centro Russia Ecumenica – Via Borgo Pio 141
    Giovedì 26 gennaio – ore 18.00

    Scrive tra l’altro Accattoli sul suo blog  www.luigiaccattoli.it  a proposito delle modalità dell’incontro: 

    Giuseppe Rusconi  e io   ci proponiamo incontri mensili, da tenere in varie librerie romane, mettendo a tema il dibattito sul Papa come si viene sviluppando lungo i giorni e le settimane. Dopo una beve introduzione di cronaca dei fatti correnti, affronteremo alcuni argomenti di stretta attualità, facenti riferimento a vicende in corso o appena concluse. Vicende preselezionate dai due conduttori. Sia l’introduzione, sia la presentazione degli argomenti sono a due voci: con procedura alternata, uno dei due propone e l’altro contropropone, con eventuali repliche. Poi si lascia la parola al pubblico per brevi richieste di chiarimenti o per osservazioni aggiuntive. Poniamo: un minuto per ogni intervento. Seguono le risposte dei conduttori.



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