Ricerca

    LOPEZ TRUJILLO, GRANDE INTERPRETE DEL "SI' , SI'; NO, NO" EVANGELICO

     

    LOPEZ TRUJILLO, GRANDE INTERPRETE DEL “SI’, SI’; NO, NO” EVANGELICO - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 1 novembre 2015

     

    In questa festa di Ognissanti ci piace ricordare la figura eccezionale del cardinale colombiano, morto nel 2008 da presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e ora sotto attacco per le sue critiche all’arcivescovo Romero. Era “un infaticabile Pastore, così generosamente impegnato al servizio della Chiesa e del Vangelo della vita”, come scrisse papa Ratzinger. Le testimonianze di allora dei cardinali Re e De Giorgi, di padre Lobato, anche l’intervista (attualissima) su Zapatero del 30 aprile 2005 (Benedetto XVI, appena eletto, diede per l’occasione luce verde al porporato).

     

    Incontrando venerdì 30 ottobre un gruppo di pellegrini salvadoregni, papa Francesco ha detto che l’arcivescovo Romero ha subito due volte il martirio: da chi l’ha ucciso fisicamente e da quei settori della Chiesa ostili alla teologia della liberazione (inclusi sacerdoti e vescovi) che ne hanno ‘infangato’ la memoria, naturalmente nel tentativo di bloccare la causa di beatificazione. Subito qualche giornalista in buona fede e  – c’era naturalmente da attenderselo – l’ormai conseto coro stonato di turiferarie e turiferari hanno incominciato palesemente o subdolamente a intaccare la figura luminosa di uno dei critici più determinati del prelato salvadoregno, il cardinale colombiano Alfonso Lopez Trujillo, morto settantaduenne il 19 aprile 2008, da presidente in carica del Pontificio Consiglio per la famiglia. Il porporato era stato in precedenza vescovo ausiliare di Bogotà, arcivescovo di Medellin, segretario e presidente del Consiglio episcopale latino-americano (Celam). Nel telegramma di cordoglio inviato, papa Benedetto XVI lo definiva “infaticabile Pastore, così generosamente impegnato al servizio della Chiesa e del Vangelo della vita”; infatti con il suo lungo lavoro ministeriale aveva dato “una chiara testimonianza del suo profondo amore per la Chiesa e della sua dedizione alla nobile causa della promozione del matrimonio e della famiglia cristiana”.  Mercoledì 23 aprile 2008 il cardinale decano, Angelo Sodano, presiedeva i solenni funerali in San Pietro. Al termine papa Benedetto XVI  rendeva omaggio ancora una volta ad Alfonso Lopez Trujillo: “Come non porre in rilievo, in questo momento, lo zelo e la passione con cui egli ha lavorato durante questi quasi 18 anni, svolgendo un'infaticabile azione a tutela e promozione della famiglia e del matrimonio cristiano? Come non ringraziarlo per il coraggio con cui ha difeso i valori non negoziabili della vita umana?”


    Di seguito ripubblichiamo alcune testimonianze raccolte per il mensile “Il Consulente RE” (del giugno 2008) in ricordo del cardinale Lopez Trujillo: nell’ordine quelle del cardinale Giovanni Battista Re, del cardinale Salvatore De Giorgi, di padre Abelardo Lobato (teologo domenicano morto nel 2012, già rettore della Facoltà di Teologia di Lugano e presidente della Pontificia Accademia San Tommaso d’Aquino). Seguono la nostra testimonianza e la riproduzione di un’intervista – sempre pubblicata su “Il Consulente RE” -  del 30 aprile 2005, fatta pochi giorni dopo l’elezione di Benedetto XVI: il cardinale colombiano – con il pieno consenso papale -  parla senza peli sulla lingua della nefasta ‘svolta antropologica’ impressa da Zapatero alla politica spagnola e spiega che per i cattolici spagnoli la resistenza alle leggi zapateriche non era un optional ma un dovere, anche tramite l’obiezione di coscienza. Non è chi non veda come tale intervista (di cui raccomandiamo caldamente la lettura) conservi tutta la sua attualità. E non solo in chiave italiana.

     

    LA TESTIMONIANZA DEL CARD. RE: NON TEMEVA NE’ L’IMPOPOLARITA’ NE’ L’OSTILITA’ 

    E’ stata quella del cardinale Alfonso Lopez Trujillo una partenza che ha preso di sorpresa un po’ tutti, perché la forza che caratterizzava il porporato non ci faceva presagire che egli crollasse così improvvisamente. Non siamo ancora abituati al vuoto da lui lasciato: la sua personalità e il suo spirito di iniziativa ci avevano abituato ad attendere i suoi interventi in molte circostanze. Ancora una volta l’esperienza ci ha  confermato l’ineludibile attualità delle parole risuonate nel brano del Vangelo che è stato proclamato: “Tenetevi pronti, con le lucerne accese ed i fianchi cinti… Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora che non pensate”. E’ uno degli ammonimenti più noti del Vangelo, che l’amico cardinal Alfonso Lopez Trujillo ora ricorda anche a ciascuno di noi, rammentandoci che la nostra vita è nelle mani di Dio.

    In ogni suo impegno il cardinale Lopez Trujillo metteva una robusta forza di volontà, una chiarezza di pensiero adamantina, una dedizione e una determinazione senza limiti. Certamente mai mancava di coraggio, soprattutto quando si trattava di difendere i valori non negoziabili. Non temeva né l’impopolarità ne l’ostilità. Fu anche calunniato, ma le falsità lanciate contro di lui non lo frenarono mai né lo intimorirono. Come avviene per gli uomini di spiccata personalità e di forti decisioni, non mancarono nei suoi riguardi discordanti giudizi e opposti sentimenti. Non è invece possibile negare la rettitudine e l’alta ispirazione che stavano alla base del suo dinamismo.

    Fu un vero uomo di Chiesa durante tutto il suo ministero, desideroso di promuovere il bene. Nei diciotto anni in cui fu poi qui a Roma come presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ebbe come orizzonte del suo servizio specialmente la difesa della famiglia, oggi tanto minacciata nei suoi valori portanti. Soleva legare la difesa della famiglia a quella della vita, affermando con forza che non si tratta di una questione di interesse solo cattolico, ma che riguarda il presente e il futuro dell’umanità stessa.

    Papa Benedetto XVI, nell’omelia per il suo funerale, ha detto del cardinal Alfonso Lopez Trujillo: “Tutti abbiamo ammirato la sua instancabile attività… Non possiamo non essergli grati per la tenace battaglia che ha condotto a difesa della verità dell’amore familiare e per la diffusione del Vangelo della Famiglia”.

    Del cardinal Lopez Trujillo possiamo dire che ha messo in pratica l’esortazione dell’apostolo Paolo a Timoteo: “Annuncia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina”.

    Quando fu nominato vescovo scelse come motto Veritas in caritate e spiegò questa scelta dicendo: “Tutto ciò che riguarda la verità si trova al centro dei miei studi. In mezzo a tante limitazioni, la verità dell’amore diventa per me un polo esistenziale”. Mi sembra che questo motto sia anche la sintesi della sua esperienza di vita, dedicata al servizio di Dio congiunto con una profonda fedeltà a Cristo, alla Chiesa e al Papa.

     

    LA TESTIMONIANZA DI PADRE ABELARDO LOBATO: DIALOGANTE E LOTTATORE, SERVO BUONO E FEDELE DELLA CHIESA

    Solo alcuni mesi di morire l’avevo incontrato in piena forma. La notizia della sua morte, per lui il dies natalis, è stata per me molto dolorosa, poiché se n’è andato anche qualcosa di mio. Molti mi hanno fatto le condoglianze, perché sapevano dell’amicizia che ci univa da tanti anni. Fu mio allievo a Roma, mi chiamò a collaborare in Colombia, mi nominò consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia, era un buon amico che mi invitava a restare a Roma per collaborare con lui. Non si aspettava di morire. Mi aveva chiamato dalla clinica Pio XI dov’era ricoverato e mi scrisse una lettera di suo pugno per dirmi che, recuperata la salute, avrebbe potuto ben fare un viaggio in Spagna venendomi a trovare a Granada e collaborando con me presso la cattedra tomista dell’Università di Murcia. Non aveva potuto partecipare all’ultima Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio, come del resto ha ricordato nel suo messaggio papa Benedetto XVI. I suoi ultimi giorni sono stati di lenta agonia e di totale affidamento al Signore. Il ruscello della sua vita è ormai sfociato nel grande mare dell’Aldilà.  

    Era un amico fedele. Mi diceva che ammirava Giovanni Paolo II perché, tra le sue grandi qualità umane, aveva anche quella dell’amicizia vera. Quando uno sta in alto, è facile che molti presumano di essergli ‘amici’, però in verità l’amicizia profonda è reciproca e selettiva.

    Quando venne a Roma per completare i suoi studi, avevo iniziato i miei corsi all’Angelicum. Lo studente Lopez Trujillo seguì la mia ‘lettura’ del trattato De ente et essentia di san Tommaso e il corso kantiano sulla Kritik der reinen Vernunft. Non veniva solo ad ascoltare in aula, ma anche a conversare con il suo docente. E’ da quegli anni che siamo diventati e restati amici. I dieci anni di differenza di età sparivano: egli aveva un’esperienza maggiore della vita umana e delle sue possibilità, io avevo più tempo per studiare e per tenermi aggiornato con le correnti filosofiche.

    A partire dagli Anni Settanta passavo parte delle vacanze in America latina, collaborando anche con l’Università bolivariana di Medellin, ospite del locale Seminario. Ero delegato della Santa Sede a Strasburgo per i diritti umani e l’arcivescovo Lopez Trujillo era presidente della conferenza episcopale colombiana. Fui testimone della persecuzione contro di lui. Una notte uno squadrone di guerriglieri arrivò al Seminario di Medellin per sequestrarlo…però lui proprio quella notte era rimasto a dormire nella parrocchia che stava visitando. In Colombia ci sono quattro università domenicane e a quei tempi era molto vivo il dibattito sulla teologia della liberazione: non pochi confratelli difendevano la linea di Camilo Torres. Lopez Trujillo era in disaccordo totale e in polemico sia con Gustavo Gutierrez che con la teologia della liberazione di impronta marxista. Per ‘salvare’ Lopez Trujillo Giovanni Paolo II lo chiamò a Roma e appoggiò il modo con cui dirigeva il CELAM dopo la Conferenza di Puebla. Nel 1990 lo nominò presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Io avevo lavorato con il cardinale Gagnon in occasione della conferenza di Vienna. Lopez Trujillo mi nominò membro del Pontificio Consiglio Il dicastero per la Famiglia ha sviluppato una grande attività con il passare degli anni: gli Incontri mondiali, i documenti annuali. Ho assistito agli Incontri mondiali di Roma, Rio de Janeiro, Buenos Aires, in Romania; ho collaborato al Lexicon e anche al documento sulla procreazione umana. Quest’ultimo testo ha visto la sua stesura definitiva nell’agosto scorso nella Sierra tra Madrid e Avila. Il cardinale scendeva in piscina con i suoi galleggianti che gli permettevano di leggere e conversare. Le giornate agostano erano intense anche culturalmente, perché il cardinale era un uomo di gusto squisito. Ha collaborato con me nelle attività della SITA, in Congressi, negli omaggi che mi hanno fatto per i miei 75 e 80 anni, nell’ingresso quale rettore a Lugano e presentandomi a papa Benedetto XVI.

    Il cardinale Lopez Trujillo lascia orme ben chiare di vita esemplare, di fedeltà dottrinale, di apostolato valente e chiarissimo nelle questioni dottrinali. Era un uomo di dialogo. E un lottatore. Una volta lo vidi accolto nell’aula magna gremitissima dell’Università di Friburgo da molti fischi… ma poi alla fine si congedò tra gli applausi. Dormiva in media meno di cinque ore: di notte leggeva, scriveva, progettava. Intentò causa a una giornalista colombiana che nei giorni del Conclave l’aveva accusato di essere amico dei narcotrafficanti: la vinse e la somma pagata dalla giornalista la destinò a un’opera sociale per i bambini di Nazareth.

    Mi confidava che si sentiva molto fortunato nella sua esistenza: non poteva pretendere di più in ambito umano, familiare, sacerdotale, ecclesiale. Il “di più” è riservato all’altra parte dell’esistenza, che è tutto bene non miscelato a nessun male. Mi consola molto in questo momento la speranza di incontrarlo. Il suo progetto di vita si è interrotto prima del mio. Ci incontreremo in Paradiso. Mi pare di sentire oggi la voce del Padre che lo accoglie sulla soglia e gli dice: Rallegrati, servo buono e fedele, entra nella gioia della Famiglia divina. Caro amico Alfonso, grazie, ex corde!

     

    LA TESTIMONIANZA DEL CARD. DE GIORGI: UN’IRREFRENABILE PASSIONE PER LA VERITA’ SENZA SCONTI

    Ho avuto la grazia di conoscere Sua Eminenza il Cardinale Alfonso Lopez Trujillo da quando, l’8 novembre 1990, è stato scelto dal Servo di Dio Giovanni Paolo II Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel quale alcuni mesi prima ero stato nominato membro del Comitato di presidenza.

    Fin dal primo incontro sono rimasto colpito dal suo amore a Cristo e alla Chiesa, un vero fuoco dello Spirito, che - come lo aveva acceso di ardore apostolico durante il servizio pastorale alle Chiese che sono in Colombia, come Arcivescovo di Medellin, e in tutta l’America latina, come Segretario prima e Presidente poi del CELAM - così sembrò divorarlo durante il più diretto servizio alla Santa Sede, come membro di diversi dicasteri, e in modo particolare all’approfondimento, all’annunzio e alla difesa del “Vangelo della famiglia e della vita” in tutto il mondo come Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

    La sua non comune intelligenza, viva, acuta, penetrante; la sua cultura soprattutto teologica, vasta e profonda, costantemente aggiornata con lucido senso critico; la sua totale fedeltà al Ministero e al Magistero dei Sommi Pontefici dei quali è stato apprezzato collaboratore; i continui viaggi missionari nei cinque continenti per l’annunzio del Vangelo della Famiglia, caratterizzato da una eccezionale parresia apostolica senza paure, animato da una irrefrenabile passione per la verità senza sconti e negli ultimi anni avvalorato dall’offerta delle sofferenze della malattia, non potevano non attrarre e coinvolgere quanti avevano la possibilità di incontrarlo e di collaborare con lui.

    Ammiravo in lui soprattutto l’entusiasmo con il quale difendeva la profetica attualità dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI e la profondità con la quale esponeva e sviluppava i contenuti teologici e gli orientamenti pastorali dell’Esortazione Apostolica postsinodale Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II e dell’Enciclica dello stesso Pontefice Evangelium vitae.

    L’invito finale di quest’ultima a “una grande mobilitazione delle coscienze” e a “un comune sforzo etico” per mettere in atto “una grande strategia a favore della vita” e così costruire tutti insieme “una nuova cultura della vita”, capace di “suscitare un serio e coraggioso confronto culturale con tutti”, aveva trovato in lui un convintissimo assertore e un instancabile diffusore, non solo all’interno delle comunità cristiane, ma anche nei luoghi dell’elaborazione del pensiero.

    Ora che il Signore, amante della vita, lo ha chiamato a sé, nel possesso della vita senza fine, la sua assenza fisica si avverte nel Collegio cardinalizio e negli Organismi della Santa Sede: ma non è venuta meno la sua presenza spirituale, percepibile come un dono che non può svanire.

    Personalmente non potrò dimenticarlo per la fraterna amicizia che fin dal 1990 mi ha dimostrato con gesti ricchi di amabilità e di gentilezza, come i frequenti inviti alla sua mensa, la signorile delicatezza con la quale, Legato pontificio in Terra Santa, volle farmi presiedere la Concelebrazione eucaristica a Betlehem nel XX anniversario della mia Ordinazione episcopale e la sua presenza a Palermo nel cinquantesimo della mia Ordinazione presbiterale.

    L’amicizia continua: nel ricordo costante della preghiera e nell’impegno di servire la Chiesa con il suo amore, la sua dedizione e la sua fedeltà.

     

    LA NOSTRA TESTIMONIANZA: QUELL’8 NOVEMBRE DEL 2003… 

    Quando giovedì 3 aprile 2008 non l’abbiamo scorto all’apertura dei lavori della plenaria del ‘suo’ Pontificio Consiglio e abbiamo saputo dell’improvviso, urgente  ricovero del giorno prima, abbiamo sperato che potesse riprendersi, pur coscienti che la convalescenza sarebbe stata in ogni caso lunga. Invece il 19 aprile è sopraggiunta la sua morte. E’ una notizia che ci ha molto rattristato, poiché il settantaduenne porporato colombiano era un grande servitore della causa dell’umanità attraverso la fedeltà operosa al Papa e alla Chiesa, un combattente di grande levatura per una società che non voleva perdesse cognizione del valore unico e irripetibile della persona umana. E che strenuamente si batteva in nome del bene comune e dell’avvenire della comunità perché la famiglia naturale, patto d’amore sancito tra uomo e donna, non fosse considerata solo una fra tante forme possibili di unione, ma restasse anche legislativamente al centro della struttura sociale dei popoli. Avevamo già previsto con lui un’intervista per il 15 maggio, in cui si sarebbero affrontati i tanti temi spinosi riguardanti il concetto di famiglia nel mondo; siamo convinti che come sempre avrebbe avuto parole chiare (vedi anche l’impresa riuscita del Lexicon), inequivoche, dettate dalla preoccupazione di indicare la giusta via e insieme dall’amore per il progresso dell’umanità. Una delle interviste che gli avevamo fatto per “Il Consulente RE” era apparsa assai significativa anche per i tempi in cui si era sviluppata: avendo per argomento la rivoluzione culturale promessa e promossa dalla Spagna di Zapatero, l’intervista - fissata per venerdì 29 aprile2005 a mezzogiorno- era stata rinviata di ventiquattr’ore perché papa Benedetto XVI – eletto da pochi giorni – aveva voluto chiamare in udienza il porporato colombiano. Nell’intervista (vedi “il Consulente RE” 4/2005) il cardinale Lopez Trujillo aveva poi invitato con energia i cattolici spagnoli a testimoniare: “La reazione non è facoltativa, non è un optional. La lotta, nel buon senso evangelico, non è facoltativa. Se non si sarà chiari e decisi – rilevava il porporato – nella società si imporrà una nuova e falsa cultura con queste leggi che sono una terribile violazione del diritto, fondate come sono su una menzogna, una finzione”. Del presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ricordiamo anche di aver fatto da autisti in un’occasione particolare: era l’8 novembre 2003 (giorno del suo sessantottesimo compleanno) e per strane circostanze – cenere etnea su Catania - ci siamo ritrovati (lui e il suo segretario rumeno, io e mia moglie) dirottati all’aeroporto di Palermo per poi raggiungere Enna, dov’era stato organizzato un convegno dal “Rinnovamento nello Spirito”. Noleggiammo un’auto; pranzammo con vista sul mare; il cardinale volle – come regalo di compleanno - ammirare gli splendidi mosaici del duomo di Monreale (e l’arcivescovo di allora, Pio Vittorio Vigo, si precipitò in chiesa, illustrando con sapienza l’opera d’arte); puntammo poi, scortati dalla polizia, verso Enna, evitando anche i blocchi di giornata a Termini Imerese. Insomma fu un’ avventura, che il cardinale visse con grande compartecipazione come sempre. Non abbiamo potuto partecipare ai suoi funerali in San Pietro, presieduti dal cardinale Sodano, presente anche il Papa che nella sua omelia alla fine della messa esequiale ha ricordato il porporato colombiano come il “difensore dei valori non negoziabili della vita e della famiglia”; però, il giorno prima, abbiamo vissuto con intensità una santa messa presieduta dal vescovo ausiliare di Medellin, con testi in spagnolo e musiche anche latinoamericane nella chiesetta di Santo Stefano degli Abissini dove riposava un cardinale che è stata parte non trascurabile della storia della Chiesa contemporanea. Non sarà facile sostituirlo in un compito oggi – in tempi di relativismo dilagante e nichilismo risorgente – quanto mai necessario da espletare, naturalmente con sapienza, con chiarezza e con passione per l’uomo.  

     

    L’INTERVISTA DEL 30 APRILE 2005, DAL TITOLO “SPAGNA: IL DIRITTO ALL’OBIEZIONE” – di GIUSEPPE RUSCONI (PUBBLICATA SU “IL CONSULENTE RE” 4/2005) 

    E’ sabato 30 aprile, gran giornata di cielo azzurro e sole caldo. Siamo qui, presso una Basilica intensa di immagini come santa Maria in Trastevere, per raccogliere le considerazioni del cardinale Alfonso Lopez Trujillo su una situazione, quella spagnola, che suscita grande preoccupazione nel presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. E non solo in lui. Ricevuto il giorno precedente in udienza da papa Benedetto XVI, il sessantanovenne porporato colombiano ribadisce nella nostra intervista la necessità di opporsi con ogni mezzo lecito (ivi compresa l’obiezione di coscienza da parte di sindaci e funzionari) agli stravolgimenti legislativi – e di effetti culturali gravissimi - che il governo Zapatero sta introducendo nella quotidianità spagnola. La decisione delle Cortes di riconoscere come “matrimonio” con diritto di adozione la convivenza tra omosessuali (un ‘sì’ che, pur se l’iter legislativo non è  concluso, con tutta probabilità diverrà legge quest’estate) è l’ultima tappa – per ora – di un percorso insidiosissimo anche per le imitazioni che potrebbe suscitare fuori di Spagna. Una ‘zapaterizzazione’ internazionale di cui già si vedono le avvisaglie di qua e di là dei mari.  

    Eminenza, secondo Lei la Spagna è ormai un Paese non cattolico, come parrebbe dai sondaggi in favore della svolta ‘zapateriana’ in materia di vita e famiglia? Se la risposta fosse affermativa, come e perché si è giunti a tale situazione? 

    Penso che una diagnosi più profonda della Spagna darebbe un risultato diverso da quello che oggi appare ufficialmente. Ho girato quasi tutta la Spagna, sono stato nella maggior parte delle diocesi, ho fatto tanti incontri che mi hanno permesso di conoscere le dinamiche di quella Chiesa con le sue vivissime radici cristiane, di fede intensa, di testimonianza voluta. Certo dopo gli attentati dell’11 marzo l’emozione è stata profonda; e nel contempo la diffusione della modernità e di mentalità derivate da una ideologia anti-vita, anti-famiglia, anti-valori cristiani ha suscitato un certo smarrimento. Ma sarebbe sbagliato credere che tali fattori abbiano seppellito la profondità di una storia, di una tradizione. Al contrario, ricordando tanti incontri anche nelle Università, ho scoperto l’emergere di una nuova giovinezza intellettuale,  di un nuovo spirito di sana lotta in difesa della fede , una presenza-testimonianza anche politica più convinta e valida. Penso in definitiva che quanto accade oggi in Spagna è comunque un fenomeno transitorio che provocherà il rafforzamento della Chiesa della testimonianza in circostanze nuove e difficili.

    Tuttavia, Eminenza, si può osservare che la legge – imposta da minoranze molto attive e capaci di creare consenso – modifica il costume. Il susseguirsi di norme come quelle che sono state o saranno approvate dalla maggioranza parlamentare non rischia di mutare radicalmente anche i comportamenti culturali di buona parte della società spagnola?

    Questo è proprio il pericolo più grave: le leggi inique possono imporre una nuova concezione antropologica, una sorta di rivoluzione culturale che andrebbe di pari passo con l’oscuramento delle coscienze, preda ormai di ogni vento delle mode.  Davanti a tale rischio gravissimo è tutto un popolo – le famiglie, i partiti politici – che è chiamato a risvegliarsi nella sua responsabilità, così che almeno venga a conoscere la realtà di certe situazioni che possono travolgere la Chiesa, prima tutrice della dignità umana. Se la reazione non fosse convinta, massiccia, vigorosa e non portasse a una svolta sociale, la Chiesa rischierebbe di divenire terra desertica, come è accaduto nell’Africa settentrionale tanti secoli fa.

    In questo momento secondo Lei i cattolici spagnoli devono o possono reagire? 

    La reazione non è facoltativa, non è un optional. La lotta, nel buon senso evangelico, non è facoltativa. Se non si sarà chiari e decisi, nella società si imporrà una nuova e falsa cultura con queste leggi che sono una terribile violazione del diritto, fondate come sono su una menzogna, una finzione…

    Ecco… prendiamo l’esempio più recente, quello del ‘sì’ al cosiddetto “matrimonio” omosessuale con diritto di adozione. Come si è arrivati a quest’ultima  tappa (per ora)?

    Si è partiti sfondando con una breccia insidiosa il muro della famiglia tradizionale, la breccia delle coppie di fatto, il primo passo voluto pensando già a quelli che sarebbero seguiti. Quali responsabilità si assumono le coppie di fatto? Promettono qualcosa all’avvenire della società? Sono forse stabili? C’è solo la puntualità di un coabitare. Però le coppie di fatto vogliono godere di tutti gli effetti civili che la legge concede a chi, sposandosi, si assume una precisa e pesante responsabilità verso la società. Troppo comodo.

    Dal primo gradino della scala si passa a un secondo… 

    Qui si tratta delle coppie omosessuali che vengono definite alternative al matrimonio tradizionale (e qui c’è già un grosso problema) oppure addirittura come incredibile ridefinizione del matrimonio, falsità grossolana, come se potesse esistere un matrimonio che non sia unione di vita e d’amore tra un uomo e una donna.

    Nella storia c’è già stato qualcosa di analogo? 

    Mai. Dalle grotte di Altamira fino ad oggi non c’è mai stato nulla di simile. Cercando e ricercando nelle opere di molti antropologi (come ad esempio Lévy-Strauss) non ho trovato la minima traccia di definizione del matrimonio come pretendono con una finzione e menzogna giuridica inarrivabile i paladini del cosiddetto “matrimonio” omosessuale.

    Per raccogliere un certo consenso su queste tesi radicali la lobby  ha certo lavorato con abilità…

    Sì, sono stati abilissimi. Per esempio introducendo la questione del ‘genere’ al posto del sesso. Il sesso caratterizza in profondità l’uomo e la donna, così che ognuno sia quello che decreta la natura umana, ognuno con cromosomi diversi. Con differenze non solo biologiche, ma anche psicologiche. Invece i fautori delle nuove teorie del ‘genere’ sostengono che il sesso di una persona è una scelta personale, non naturale, e perfino provvisoria. Su questo tema hanno lavorato a fondo in sede ONU e noi come Santa Sede siamo stati attentissimi a evitare decisioni di svolta antropologica.

    Torniamo alla Spagna. Siamo sicuri che la maggioranza degli omosessuali sia d’accordo con la trasformazione della convivenza in “matrimonio”?

    Conosco diversi omosessuali e tutti riconoscono di non poter pensare che il loro possa essere un vero “matrimonio”. A volte soffrono, vivono nel dramma e noi siamo loro vicini; rilevano anche che le “conquiste” odierne sono volute da gruppetti ben organizzati, da lobbies che forzano i sentimenti di tutti per imporre svolte antropologiche a tutta una società.

    Nella legge spagnola che sta per entrare in vigore si autorizza anche l’adozione da parte delle nuove cosiddette “famiglie”…

    Chi avrebbe mai pensato questo? La Convenzione ONU per i diritti dei bambini si parla chiaramente della necessità di privilegiare nell’adozione l’interesse superiore del bambino . Che non è un giocattolo, non è uno strumento per riempire il deserto di una coppia: è una persona umana che va rispettata. Nel nostro caso sarebbe succube di una violenza morale, trovando davanti a sé l’unico modello di quelli che lo hanno adottato. Facile pensare a quanti drammi potrà vivere il bambino, una volta cresciuto. Chi risponderà di questi gravi danni morali? I legislatori che hanno votato contro una norma basilare delle Nazioni Unite?  Abbiamo proprio toccato il punto peggiore conosciuto nella storia dalla vita e dalla famiglia. Tutto perché un gruppo che, nella contingenza della politica, ha una maggioranza transitoria, vuole imporre a un popolo una violenza contro valori fondamentali della dignità umana.

    Eminenza, che cosa si aspetta ora in pratica dai cattolici spagnoli? E’ notizia di questi giorni che sono già numerosi i sindaci ad aver annunciato l’obiezione di coscienza contro la norma qualora entrasse in vigore…

    C’è chi dice che una legge del genere non fa male a nessuno! Non voglio far polemiche. Richiamo invece (vedi ad esempio numeri 69,72,73) l’ Evangelium vitae, in cui è detto chiaramente che l’obiezione di coscienza è un diritto da esercitare in presenza di leggi inique: Lex iniusta non obligat (Sant’Agostino la chiamava “pirateria”). Se la legge ingiusta non obbliga, non si può costringere una persona alla resa morale. E l’articolo 16 della stessa Costituzione spagnola prevede il diritto all’obiezione di coscienza! In questo caso i cattolici hanno il dovere morale di praticare l’obiezione in questo caso: sta alle autorità avere l’onestà e il buon senso di non minacciare e ricattare gli obiettori.

    L’esempio delle leggi zapateriane attrae anche l’America latina?

    Certo! In America latina si incomincia a dire: Ma se la cattolica Spagna legifera in quel modo, perché non noi? Sappiamo che in Brasile si progettano di nuovo leggi pro aborto; in Colombia si preparano leggi analoghe e si vuole reinsistere sulle coppie di fatto. Prevedo che nell’intera America latina presto si vorranno imporre leggi inique sulla vita e sulla famiglia. Per la Chiesa il momento è decisivo: dovrà battersi vigorosamente, da vera testimone evangelica, perché al popolo sia risparmiato il degrado morale.

    Eminenza… i cattolici del resto d’Europa e, in senso lato, d’Occidente, che cosa possono imparare dagli avvenimenti spagnoli?

    L’Europa non è uniforme. Non si può definire ad esempio neopagana. Ci sono Paesi in situazioni molto differenti tra loro. E’ curioso a questo proposito notare che lo sviluppo economico non è obbligatoriamente legato in Occidente al crollo dei valori morali e religiosi, come si tende spesso a credere. Negli Stati Uniti è emerso un mondo morale con i valori connessi, che si è palesato maggioritario. Non parlo del presidente Bush e del suo atteggiamento verso la guerra. Ma, come ha ricordato anche Giovanni Paolo II, è stato indubbiamente positivo il lavoro di Bush per la famiglia; anch’io gli riconosco lo sforzo fatto e fin qui assai riuscito.

    Lei trova altri esempi positivi in Occidente con particolare riguardo all’Europa?

    Se guardo alla Francia, come non compiacersi delle riflessioni di Sarkozy sulla laicità? Anche in Italia non mancano giudizi maturi sui rischi della secolarizzazione: non sono in molti a chiedere svolte in senso radicale nel campo della vita e della famiglia. Così succede in altri Stati, in cui la secolarizzazione non è ancora molto avanzata. Sono stato recentemente oltre quella che si chiamava la ‘cortina di ferro’, chiamato da organismi, da parlamenti a presentare le nostre esperienze come Pontificio Consiglio per la famiglia. A Praga hanno voluto sapere le preoccupazioni della Chiesa, pur essendo la Repubblica Ceca caratterizzata piuttosto da un alto tasso di indifferenti, frutto dell’ateismo di Stato praticato per quarant’anni. Sono stato in Bielorussia, in Croazia: dappertutto ho trovato una ricerca di dialogo. In Spagna e in altri Stati come Olanda e Belgio in cui maggioranze parlamentari hanno votato leggi inique su famiglia e vita, la Chiesa è chiamata oggi a vivere una testimonianza che, lo ribadisco, non è facoltativa, ma un vero dovere morale per un cristiano. 

    Ricerca